Il venerdi nero dei trasporti.

Il recente venerdì nero dei trasporti richiederebbe una seria, ma non difficile, riflessione sul sistema delle relazioni sindacali. Nel nostro Paese non si è mai voluto, né da parte delle Organizzazioni Sindacali (OOSS) né da parte del Parlamento, mettere mano a quello che è l’aspetto cruciale della questione: la rappresentatività sindacale.
Il sistema si basa infatti su quel principio assai semplice: diritti ed agibilità sindacale sono affidati ai sindacati più rappresentativi, che addirittura possono firmare accordi che derogano, in senso più deteriore per i lavoratori, a leggi nazionali e a cui è demandato il compito di firmare accordi e contratti da cui possono derivare anche importanti benefici economici per l’imprenditore oltre che ovviamente per i lavoratori.
Tutto bene dunque: le OOSS più rappresentative hanno dei diritti e quindi possono essere imposti anche dei doveri, tanto che in alcuni settori si potrebbe limitare il loro diritto ad azioni sindacali che abbiano conseguenze eccessivamente dannose, specie se queste ricadono sugli utenti di un servizio anziché sull’ imprenditore.
E invece no, perché la verità è che non si è mai voluto introdurre un metodo per fissare in modo chiaro e definitivo “chi rappresenta chi” e quando “chi rappresenta” è davvero tale per “chi è rappresentato”.
E quindi si assiste nei più diversi settori (specie pubblici o ex pubblici) alla proliferazione delle sigle sindacali, ognuna delle quali significativa in una piccola cerchia di lavoratori fra loro omogenei, e quindi rispetto ai quali è effettivamente rappresentativa, ancorché numericamente non significativa se considerata dal punto di vista dell’intera categoria.
Un esempio spiega meglio il concetto: sarebbe più rappresentativo un sindacato che avesse 500 iscritti tra i 550 lavoratori della categoria (per esempio: macchinisti, piloti, controllori di volo…), o quello che raccoglie 500.000 iscritti fra i 3.100.000 lavoratori del settore pubblico o il, certamente impressionante, numero di 2.100.000 iscritti, ma su una popolazione lavorativa di 22 milioni di persone?
Questo è il vero nodo della questione: finché non verrà sciolto non permetterà di far fare un passo avanti, non tanto al sistema delle relazioni industriali, ma all’intero sistema produttivo del Paese.
Questa ambiguità consente la proliferazione delle organizzazioni sindacali ognuna delle quali è libera di indire uno sciopero, il che comporta inevitabilmente anche un numero di scioperi (o di annunci di sciopero, il che spesso produce lo stesso effetto di uno sciopero effettuato) abnorme.
Con un’ulteriore paradossale conseguenza: che anche un sindacato non rappresentativo può dichiarare lo sciopero (in mancanza di riconoscimento formale e di regole tutti i sindacati sono liberi di agire come meglio credono) e trovarsi legittimato a posteriori quando l’adesione va oltre ogni più rosea aspettativa. Un tasso di adesione che supera mediamente il 70% e raggiunge punte del 90%, come si legge sui giornali a proposito dello sciopero di venerdì scorso, legittima la rappresentatività “informale” di chi quello sciopero lo ha indetto.
Il che pone però una questione ulteriore: ma siamo proprio sicuri che tutte le colpe ricadano su quel sindacato e su quei lavoratori? Quando in così tanti si astengono dal lavoro con conseguenze economiche personali, qualche riflessione sulle ragioni di quell’adesione dovrebbe essere fatta, non solo sul come limitare le proteste. Il che non vuol dire che l’azione fosse comunque giustificata, in quella forma e con quegli effetti, ma forse un reale problema esiste e deve essere affrontato.

Dai Diritti ai Fatti – Esperienze aziendali ad un anno dall’approvazione del DDL Cirinnà.

Il 21 giugno 2017 Giulietta Bergamaschi è tra i relatori dell’incontro DAI DIRITTI AI FATTI – Esperienze aziendali ad un anno dall’approvazione del DDL Cirinnà. Un appuntamento organizzato da MilanoPride e Parks – Liberi e Uguali in occasione della Pride Week che si terrà dal 17 al 25 giugno a Milano
La tavola rotonda, moderata da Monica D’Ascenzo – Sole 24 Ore, vedrà come relatori:
Raffaella Temporiti. HR Director, Accenture Italy Central Eastern Europe and Greece
Patrizia Mezzadra, HR Management and Development, Deutsche Bank
Paola Giorgi, Senior Manager, EMEA, LinkedIn
Leonardo Intriago, Sr Customer Success Manager & Out@in Executive Leader, LinkedIn
Carlo Corollo, Direttore Consumer Devices and Sales e Executive Sponsor D&I, Microsoft,
Luca De Angelis, Senior Partner BDM e GLEAM Lead, Microsoft
Mirco Pirro, Area Manger, Randstad
Giulietta Bergamaschi, Partner, studio legale Lexellent
Appuntamento:
21 giugno 2017, ore 17
Microsoft House
Via Pasubio 21, Milano
 
Per ulteriori informazioni sulla Pride Week http://www.milanopride.it/site/eventi-pride-week/

Codice delle Pari Opportunità.

Il 19 giugno 2017 viene presentato a Roma, presso la Camera dei Deputati, il Codice delle Pari Opportunità, curato da ASLAWomen ed edito da La Tribuna di Piacenza. Un commentario curato da Giulietta Bergamaschi insieme ad altre diciotto avvocate appartenenti a Studi associati ad ASLA. Per ulteriori informazioni http://www.aslawomen.it/files/eventi/2017/Locandina_Roma_19_giugno_ter.pdf
 
Codice pari opportunità

Due diligence sui contratti di lavoro autonomo.

Entra oggi in vigore la nuova legge sul lavoro autonomo (legge 81/2017, cosiddetto Jobs Act degli autonomi).
Per effetto della nuova normativa diventano obsoleti i vecchi contratti di collaborazione continuativa, occasionale e professionali. Infatti non sono più valide le clausole che permettono:
– all’imprenditore (committente) la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
– il recesso senza congruo preavviso in caso di prestazione continuativa;
– termini di pagamento superiori a 60 giorni;
Si ricorda inoltre che la riforma introduce il principio del contratto scritto, ancorché questo avvenga in modo un po’ machiavellico. Infatti  “si considera abusivo il rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta”, la cui mancanza produce solo il diritto al risarcimento del danno  a favore del consulente, che abbia richiesto la forma scritta,  senza prevedere l’invalidità o l’inefficacia del contratto.
I contratti di lavoro autonomo sono stati soggetti in questi ultimi due anni ad una profonda revisione che, partendo dalla sostanziale abolizione dei contratti a progetto intervenuta con il Jobs Act, ha interessato le invenzioni realizzate dai collaboratori nell’ambito del rapporto fino alla novità di oggi.
Pertanto è fortemente consigliabile  effettuare una due diligence dei contratti di lavoro autonomo in essere per essere sicuri di non trovarsi di fronte a sgradite sorprese, foriere anche di gravi conseguenze.
Già il fatto che il contratto risalga a qualche tempo fa dovrebbe far scattare un campanello di allarme e spingere per un’immediata revisione, specie se a suo tempo non era stato scritto ad hoc, ma era stato mutuato, o peggio ancora ricalcato, da uno dei tanti template in circolazione all’epoca.
Almeno queste aree dovranno quindi essere messe sotto esame:

  • Recesso
  • Preavviso
  • Modalità di esecuzione
  • Invenzioni
  • Modalità e termini di pagamento
  • Malattia/infortuni

La sicurezza sul lavoro davanti al terrorismo contemporaneo.

Gli eventi degli ultimi giorni, da Manchester a Londra passando per Torino spingono a qualche riflessione, posto che ci troviamo di fronte ad una situazione che impone una diversa impostazione per ciò che concerne la sicurezza nei luoghi di lavoro.
E’ evidente che chi opera nelle risorse umane, nel momento in cui si attenta alla sicurezza personale in modo indiscriminato e non a obiettivi mirati, è costretto a una nuova visione del problema.
Il primo è certamente l’aggiornamento del DVR – il Documento di Valutazione dei Rischi – che non può non tenere conto della nuova realtà e dei nuovi rischi e soprattutto non deve essere visto come un mero incombente burocratico, ma come lo spunto per rivedere le proprie procedure di sicurezza nel momento in cui nuovi pericoli si affacciano all’orizzonte. Pericoli più accentuati per i luoghi aperti al pubblico: le aree di sosta e ristoro lungo le autostrade, i bar e ristoranti nelle stazioni, i grandi centri commerciali, eventi pubblici di qualsivoglia tipo, le società di trasporto su gomma. Ma senza dimenticare gli obiettivi sensibili: oltre alle istituzioni pubbliche, le redazioni di giornali, radio e televisioni o gli stabilimenti chimici.
Si parla di “guerra”, di “nuove minacce” ma in realtà è oltre un secolo che il terrorismo, ricorrentemente, porta la sua furia distruttrice nella società verso obiettivi “non qualificati” e dunque più facili da colpire (dai morti del caffè Terminus a Parigi nel 1894 alle stragi che hanno insanguinato l’Italia fra gli anni Sessanta – piazza Fontana – e gli anni Ottanta – la stazione di Bologna).
L’obiettivo principale dei terroristi è generare nell’opinione pubblica un sentimento di impotenza e di paura. E drammaticamente a questi si aggiungono alcuni sconsiderati che per fare una bravata rischiano di provocare una strage ancora peggiore. Evitare che qualcuno tenti di commettere attentati è, ovviamente, molto difficile. Ma gli strumenti per prevenire e reagire ci sono e fanno parte del bagaglio indispensabile per la gestione della sicurezza prima di tutto nei luoghi di lavoro.
Qualche esempio:

  • Un punto di ritrovo esterno all’azienda in caso di allarme bomba (è molto più facile per un terrorista colpire le persone di un’azienda quando escono e stazionano sul marciapiede di fonte all’edificio che dentro l’edificio stesso);
  • Un “luogo sicuro” in caso di irruzione;
  • La possibilità di sezionare ed isolare i locali in modo da ritardare eventuali assalitori;
  • Procedure di evacuazione collaudate frequentemente;
  • Scale di emergenza a prova di irruzione;
  • Controllo degli accessi più rigoroso, da tenersi in aree da cui sia difficile accedere all’interno dello stabile;
  • La possibilità di dare ospitalità a chi si trovi all’esterno e sotto attacco;
  • Predisporre un piano di irruzione nell’edificio in caso di attacco e dunque mettere in rete piantine aggiornate degli edifici, disponibili per le forze dell’ordine.

Devono essere poi sensibilizzati i dipendenti sulla necessità di segnalare in modo corretto e senza creare inutili allarmismi pacchi o valigie sospette, auto e furgoni “anomali”, la presenza ricorrente di estranei equivoci, senza al contempo creare inutili allarmismi o peggio ancora situazioni di panico.
E’ essenziale anche sapersi muovere in caso si diventi bersagli di colpi d’arma da fuoco. Può essere vitale sapere che è più difficile costituire un bersaglio se ci si muove, se si è a distanza e se si studia l’angolo tra obiettivo e tiratore, la capacità di tiro di un’arma, realizzare la differenza tra un nascondiglio, che cela l’obiettivo agli occhi del killer, e un riparo che può anche proteggere da eventuali colpi di arma da fuoco, come scegliere una via di fuga e come comportarsi in presenza di una folla in preda al panico.  Senza essere coscienti di tutto ciò si può rischiare di passare da una situazione relativamente sicura ad una esposta.
In poche parole si deve fare cultura della sicurezza che è il primo strumento per combattere il terrorismo.

Avvocati 4,0. l’equilibrio (difficile) sulla frontiera digitale.

Sul Corriere Economia di oggi, si parla di innovazione all’interno degli studi legali con anche una riflessione dell’avv. Giulietta Bergamaschi.
Per leggere l’articolo.

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