Aumento delle sanzioni in materia di lavoro, salute e sicurezza: i chiarimenti dell’Inl

Dall’Ispettorato nazionale del lavoro le prime istruzioni sull’aumento delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale, introdotto dalla Legge di Bilancio n. 145/2018.
Nell’ambito di un significativo inasprimento delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale, espressione di un “recondito” sfavore nei confronti del  mondo imprenditoriale, l’art. 1, com 445, lett. d), della L. n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019), ha previsto la maggiorazione degli importi sanzionatori di quelle violazioni che, evidentemente più di altre, incidono sulla tutela degli interessi, della dignità e dell’integrità dei lavoratori, su tutte quelle in materia di “lavoro nero”, di somministrazione irregolare di lavoro e appalti non genuini, di inosservanza dei precetti sull’orario di lavoro, sulle ferie annuali e sul riposo giornaliero e, in particolare, di violazione delle disposizione di salute e sicurezza del lavoro.
L’articolo completo di Francesco Bacchini è disponibile su Guida al Lavoro (n. 4 / 25 gennaio 2019) – Il Sole 24 Ore previa registrazione.
 

DISCRIMINAZIONE SUL LAVORO E SANZIONI.

Con il D.LGS 114.2006 n 198 è stato rivisto l’apparato sanzionatorio per i casi di discriminazione nei luoghi di lavoro.
La caratteristica fondamentale della riforma è che la sanzione penale è ora riservata alla sola ipotesi di inottemperanza agli ordini giudiziali di rimozione delle discriminazioni accertate in sede giudiziale. Operazione che può avvenire anche attraverso la introduzione di un piano da concordare con le OO.SS. o con la consigliera di parità.
La pena oggi prevista è quella dell’arresto fino a 6 mesi o dell’ammenda fino a 50.000 euro, ma qualora successivamente a prescrizione il datore di lavoro poi ottemperi, la sanzione penale si trasforma in una sanzione amministrativa pari ad € 12.500.
Il resto delle sanzioni sono oggi tutte depenalizzate e quindi sanzioni amministrative.
In caso di discriminazione ( diretta o indiretta) nell’accesso al lavoro la sanzione è da 5.000 a 10.000 euro per ogni violazione (non per ogni lavoratore) . Giova sottolineare che l’attività lavorativa presa in considerazione è tanto quella subordinata quanto quella autonoma e si può verificare anche per il tramite dei soggetti di cui l’imprenditore si avvale per la selezione del personale.
Ulteriore ed analoga sanzione è prevista per la discriminazione nell’orientamento, formazione e aggiornamento, che può verificarsi sia per quanto concerne l’accesso, sia per quanto concerne i contenti stessi dei programmi.
Diversa retribuzione o classificazione dei lavoratori non giustificata da contenuti tecnici e per lavoratori e lavoratrici che ricoprono le stesse mansioni è ugualmente colpita con la identica pena, ma ciò vale anche per eventuali ingiustificate differenze per quel che riguarda l’assegnazione di mansioni, qualifiche, e soprattutto progressioni di carriera. Più rara, ma possibile, e trattata identicamente  la discriminazione in materia di prestazioni previdenziali, che si configura per esempio con l’anticipato pensionamento della lavoratrice, o con la mancata erogazione degli assegni familiari.
Si ricorda ancora che permane l’obbligo, per le aziende che occupano oltre 100 dipendenti, di inviare il report biennale, redatto in conformità alle istruzioni rilasciate dal Ministero del lavoro, che contiene le informazioni essenziali con riferimento alla situazione del personale alla sua mobilità e retribuzione .
La trasformazione delle sanzioni da penali ad amministrative ha comportato non già un alleggerimento, ma piuttosto ad un loro sostanziale inasprimento. Oggi infatti non esiste più la ciambella di salvataggio della prescrizione e la procedura per l’applicazione diviene più semplice, non dovendo più passare dal vaglio dell’autorità giudiziaria.
Per il testo completo del decreto testo Dlgs 11-04-2006 n. 198

LE SANZIONI PER L’ IMPIEGO IRREGOLARE DI LAVORATORI STRANIERI EXTRACOMUNITARI.

L’impiego di lavoratori extracomunitari è soggetto ad una disciplina pubblicistica cosicché le irregolarità commesse dai datori di lavoro nei loro riguardi rilevano in una duplice direzione: contrasto al lavoro sommerso ed irregolare, contrasto dell’immigrazione clandestina e dello sfruttamento.
L’assunzione di un lavoratore straniero non appartenente all’U.E. necessita in prima battuta della verifica da parte del datore di lavoro che questi sia in possesso di un valido permesso di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo o per uno degli altri motivi che consentano di svolgere un’attività lavorativa in Italia.
La carenza di tali requisiti non impossibilita l’assunzione, ma la condiziona alla richiesta, avanzata presso lo Sportello unico per l’immigrazione, del  rilascio del nulla-osta al lavoro, che consentirà al cittadino straniero di ottenere il visto d’ingresso dall’Ambasciata o Consolato italiano nel suo Paese ed infine il permesso di soggiorno da parte della Questura.
In caso di trasgressione da parte del datore di lavoro è integrato il reato di cui all’Art 22 comma 12 del Testo Unico sull’Immigrazione (D.L.vo 25 Luglio 1998 n.286  come modificato dal D.L. 23 Maggio 2008 n.92) per il quale la pena base prevista è la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa di 5.000 euro per ciascun lavoratore irregolarmente occupato.
Inoltre con il D.L.vo 16 Luglio 2012 n. 109 il legislatore ha introdotto un’ipotesi aggravata al comma 12 bis in cui le pene previste sono aumentate da un terzo alla metà se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre, se i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa, se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell’art. 603 bis c.p.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, il divieto di assunzione di cittadini extracomunitari irregolari deve essere inteso in riferimento non solo ai rapporti di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c., ma anche in riferimento alle altre tipologie di lavoro poiché la norma ha una portata capace di ricomprendere la prestazione di qualunque natura, anche atipica ed occasionale (Cass., sez. I, 03/05/2006 n. 15264) ed anche limitata ad una sola giornata (Cass., sez. I, 14/03/2006 n. 8824).
Per la configurazione del delitto è necessario come elemento soggettivo il dolo, quindi non è sufficiente la semplice colpa, con l’apprezzabile effetto di escludere la rilevanza penale delle violazioni commesse per errore sull’idoneità del titolo di soggiorno esibito dallo straniero.
Alle medesime pene base soggiace anche chi occupa uno straniero in possesso di un permesso di soggiorno annullato, revocato o scaduto, senza che ne sia stato chiesto il rinnovo.
In alcuni casi, ancora di maggiore gravità, l’impiego di un lavoratore straniero in assenza di un regolare permesso di soggiorno può anche integrare gli estremi del reato di sfruttamento dell’immigrazione clandestina, punito dall’Art. 12 del Testo Unico in materia di immigrazione con la reclusione sino a 4 anni.
Gli elementi costitutivi del reato sono la condizione di clandestinità del cittadino straniero, una condotta oggettivamente idonea a favorirne la permanenza in Italia e l’iniquità delle condizioni alle quali viene resa la prestazione di lavoro.
La norma richiede il dolo specifico e secondo giurisprudenza costante esso non si configura soltanto nelle ipotesi più estreme di sfruttamento, ma anche quando il lavoratore percepisce una retribuzione inferiore al minimo tabellare previsto nei CCNL, o, ancora, se la controprestazione è costituita dal solo alloggio e vitto, ciò in ragione del divieto di rinuncia di cui al 2113 c.c. in quanto il lavoratore accetterebbe una retribuzione sotto la soglia minima solo in virtù delle particolari condizioni illegali che caratterizzano la sua storia.
Queste le situazioni più gravi con rilevanza penale, non mancano poi quelle con implicazioni solo civilistiche ossia quando è rispettata la normativa pubblicistica ma non quelle contrattuali e di legge, anche queste sono situazioni diffuse e sotto la lente degli organi di vigilanza.
Il risultato del referendum Britannico impone anche queste considerazioni.