RETRIBUZIONE: L’INDENNITÀ DA MANEGGIO DI DENARO SPETTA AL DIPENDENTE CHE NORMALMENTE SVOLGE L’ATTIVITÀ DI CASSIERE.

La Corte di Cassazione, nel febbraio 2016, ha chiarito che l’indennità da maneggio di denaro spetta ogniqualvolta l’attività normale o prevalente del prestatore di lavoro consista nell’incasso di denaro.
La Suprema Corte ha infatti chiarito che “Ai fini del diritto all’indennità di maneggio denaro, la responsabilità per errore, anche finanziaria, è implicita nelle attività di cui l’incasso costituisce la prestazione normale o prevalente, derivando la stessa dall’art. 2104 c.c. che obbliga il dipendente alla diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta”, confermando la decisione di merito che aveva riconosciuto la suddetta indennità, a prescindere ad ogni ulteriore accertamento, ai dipendenti che svolgono in via ordinaria mansioni di cassiere.
La Corte ha precisato che lo svolgimento di attività di maneggio di denaro è di per sé elemento sufficiente per vedersi riconoscere il diritto alla indennità e ciò perché la responsabilità per eventuali ammanchi è da considerarsi implicita nella attività lavorativa che il dipendente che maneggia il denaro svolge, tanto che la contrattazione collettiva riconosce a tale tipologia di prestatori di lavoro il diritto a vedersi riconoscere un’indennità aggiuntiva connessa alla specifica mansione.
La pronuncia della Suprema Corte amplia il risalente principio affermato dal Tribunale di Milano nel lontano 1996, che aveva affermato che “L’indennità di maneggio denaro, prevista dalla contrattazione collettiva, spetta nel solo caso in cui le mansioni normalmente svolte dal lavoratore comportino un continuo maneggio di denaro ed espongano il medesimo dipendente al rischio di errori contabili o finanziari nell’incasso” (Trib. Milano 5.10.96).