Pink Power 2021: su ItaliaOggi la mappa del potere al femminile negli studi

Anche quest’anno l’inchiesta Pink Power di ItaliaOggi Sette, a cura di Antonio Ranalli, racconta il mondo degli studi legali nella loro componente femminile.
Nel ranking la nostra Managing Partner e Co-fondatrice Giulietta Bergamaschi, per il suo impegno dedicato alle pari opportunità nel mondo del lavoro e al rafforzamento della practice di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
L’articolo completo è disponibile qui.

Più donne non significa più parità; il caso delle avvocate e la sfida di AslaWomen.

Per quanto un avvocato su due sia donna, la disparità permane in termini di guadagno, ruoli apicali e decision making. Per spianare queste diversità e favorire la valorizzazione delle donne e delle diversità in genere, nel 2014 è nata ASLAWomen, la sezione di ASLA, Associazione Studi Legali Associati, che presenta un nuovo e importante incontro dal titolo “Diritto al futuro” previsto per il prossimo 18 maggio 2018 a Milano. L’evento, durante un’intera giornata di lavori, toccherà tutti i contenuti della professione forense del futuro e darà risalto ai temi della diversity nelle sue sfumature all’interno degli studi legali.
Alley Oop, il blog  multifirma del Sole24Ore, ha voluto approfondire il tema della diversity negli studi legali associati e gli obiettivi del prossimo convegno con un’intervista di Silvia Pasqualotto alle avvocate Barbara de Muro, componente del Comitato Esecutivo ASLA e responsabile della sezione ASLAWomen, e Giulietta Bergamaschi, componente del Comitato Esecutivo ASLA e componente di ASLAWomen.
Ecco il testo dell’intervista:
In Italia un avvocato su due è donna. E il loro numero sembra destinato a crescere visto che, come attesta la Cassa forense, dal 1981 a oggi il numero delle professioniste è aumentato in modo costante. Nel 1981 le donne che esercitavano la professione in Italia erano solamente il 7%, ma a partire dagli anni ’90 il loro numero è passato al 15%, per poi crescere nuovamente fino ad arrivare al 21% nel 1995, al 30% nel 2001, al 36% nel 2005 e raggiungere il picco del 48% nel 2016.  Non solo. Attualmente in alcune regioni del centro Nord nelle fasce più giovani (26 – 34 anni), il numero di avvocate è persino superiore rispetto al numero di colleghi uomini.
Eppure, a dispetto del loro peso numerico crescente, le giuriste continuano a stare ai margini della professione. In Italia, infatti, il reddito medio delle avvocate è pari al 43% dei colleghi uomini. Secondo una rilevazione della Cassa forense che risalgono al 2015, il reddito medio dichiarato dagli uomini è di 52.763 euro contro i 22.772 euro dalle donne. Oltre a guadagnare di meno, le avvocate fanno anche più fatica a scalare i ruoli all’interno degli studi legali. I dati raccontano infatti che solo il 13,64% dei managing partner (i soci dirigenti) degli studi legali è donna.
Contro queste disparità è nata nel 2014 AslaWomen: il 
gruppo di lavoro costituito all’interno dell’Associazione degli studi legali associati (Asla) che si occupa di sostenere e valorizzare le donne nel loro percorso professionale all’interno degli studi legali associati. “Le professioniste, sebbene rappresentino oggi una componente numericamente importante negli studi legali associati, continuano a essere poco presenti nelle posizioni di vertice”, rivela l’avvocata Barbara de Muro, responsabile della sezione AslaWomen. “Negli ultimi anni – continua la giurista – il numero di avvocate socie negli studi membri è passato dal 16,9% del 2013 al 24,7% del 2016 e il discrimine più netto si avverte nel passaggio a equity partner con solo il 20,40% di avvocate nel 2016”.
A fronte questi numeri tutt’altro che lusinghieri, spiega De Muro, “AslaWomen ha emanato delle linee guida: una sorta di disciplina etica per la gestione degli studi volta a valorizzazione ogni forma di diversity e illustrate politiche di sostegno della famiglia e della persona”.
Un impegno che sembra confermato anche dai numeri. Secondo i dati Asla, nel 2016 il 53,06% degli studi membri ha adottato concrete iniziative di valorizzazione delle differenze e ben due studi su tre (75,51%) ha predisposto una politica di sostegno dei professionisti nella conciliazione tra vita professionale e vita privata, tesa al miglioramento della qualità della vita. Nello specifico, il 56,76% delle law firm realizza l’intento mediante l’organizzazione di momenti conviviali con le famiglie dei professionisti; il 62,16% con la creazione di spazi interni come la mensa, il ristorante, la cucina e la sala relax; il 70,27% fissa le riunioni interne in orari idonei a conciliare eventuali esigenze familiari; l’81,08% attraverso la possibilità di lavorare da casa; il 29,73% stipula polizze assicurative sanitarie.
Bisogna precisare però che questi numeri riguardano un numero ristretto di studi legali. “La realtà milanese – spiega l’avvocata Giulietta Bergamaschi, membro del comitato esecutivo Asla, sezione AslaWomen – rappresenta un unicum che non trova riflesso in quasi nessun altra zona d’Italia. E tuttavia è pur vero che, come dimostrano i dati sul numero di donne alla guida degli studi legali, quello che si fa oggi – anche a Milano – non è ancora abbastanza per le colleghe che lavorano all’interno delle law firm. Bisogna perciò continuare a mantenere alta l’attenzione su questi temi, sensibilizzando non solo le donne ma anche gli uomini”.
A questo scopo, il prossimo 18 maggio a Milano, Asla organizzerà un convegno dal titolo “Diritto al Futuro” dove si parlerà, tra gli altri argomenti, anche di diversity in tutte le sue sfumature. Oltre a discutere di disparità di genere, l’Associazione si interrogherà anche, come spiega Bergamaschi, “sulle differenze a livello di orientamento e di identità sessuale all’interno degli studi legali. Inoltre discuteremo di disabilità visto che ci siamo resi conto che il modo in cui è strutturata oggi la prova di abilitazione professionale può rappresentare un ostacolo per i colleghi e le colleghe i soffrono di disturbi dell’apprendimento. Infine dedicheremo uno spazio alle avvocate nel cinema, analizzando come è cambiata la rappresentazione e la percezione di chi pratica la nostra professione”.
 
Per leggere l’intervista direttamente sul blog Alley Oop.

Internazionalizzazione e tecnologie: strumenti per favorire le pari opportunità.

A seguito del convegno dal titolo “Quando le tecnologie e l’internazionalizzazione favoriscono le pari opportunità”, l’avv. Giulietta Bergamaschi è stata intervistata da RAI Cultura – Economia.
Si è parlato dei risultati del survey condotto in 28 paesi sul tema della discriminazione sul lavoro, di quanto le Pari Opportunità siano al centro del dibattito europeo e anche tra gli obiettivi dell’agenda per lo sviluppo sostenibile, ma anche di quanto la digitalizzazione possa aprire nuovi orizzonti nell’organizzazione aziendale.
Per vedere l’intervista o leggere la sinossi dell’intervento, ecco il link.

 

Quinto convegno annuale sulle Pari Opportunità: 1 marzo 2018.

Anche Milano Etno TV condivide l’interesse e gli obiettivi del prossimo incontro sull’interazione tra tecnologia, internazionalizzazione e pari opportunità.
Ecco l’articolo:
Giovedì 1° marzo 2018, in occasione di #zerodiscriminationday, si terrà dalle 9 del mattino presso la Sala Solari della Fondazione Stelline, in corso Magenta 61, Milano, il convegno Quando l’internazionalizzazione e le tecnologie favoriscono le pari opportunità, quinto appuntamento annuale sulle pari opportunità organizzato dallo studio di diritto del lavoro Lexellent.
I lavori si apriranno con un’introduzione di Giulietta Bergamaschi, avvocato del lavoro e partner di Lexellent, che ha curato e promosso l’iniziativa. Seguirà la lectio magistralis Perché le tecnologie convergenti possono accelerare il processo verso le effettive pari opportunità, tenuta da Stefano Zamagni, docente di economia politica dell’Università di Bologna e presidente di Quinto ampliamento (http://ilquintoampliamento.it), movimento per il rinnovamento dei modelli di impresa ponendo al centro la crescita delle persone e la difesa dell’ambiente nel solco della tradizione iniziata da Adriano Olivetti.
Seguirà A proposito di internazionalizzazione e discriminazione, presentazione dei risultati di un’indagine sulla discriminazione nel mercato del lavoro svolta nel 2017 in più di 25  paesi del mondo che verrà effettuata da Sergio Barozzi, managing partner di Lexellent, e da Alessandra Rovescalli, avvocato del lavoro e associate di Lexellent.
Dei risultati presentati si discuterà in una tavola rotonda condotta da Maria Cristina Origlia, caporedattore responsabile dell’Impresa, mensile di management del Sole 24 Ore a cui parteciperanno Jada Bai, coordinatrice didattica Scuola di Formazione Permanente Fondazione Italia-Cina; Gabriele Galatioto, imprenditore, Maglificio Galassia – Pashmere; Andrea Notarnicola, Partner Newton Management Innovation e Sandra Mori, General Counsel Europe Coca-Cola.
La seconda sessione di discussione della mattinata avrà come tema La digitalizzazione può esser un rimedio alle discriminazioni sul lavoro? Introduce i lavori Marco Giangrande, avvocato del lavoro e associate Lexellent. Ne discutono Gaia Berruto, vicecaposervizio Wired, Edizioni Condé Nast, che modererà la discussione; Mattia Macellari, Presidente Gruppo Giovani Imprenditori – Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza; Pier Maria Minuzzo, Responsabile Risorse Umane e Relazioni Esterne -Cogne Acciai Speciali S.p.A.; Pino Mercuri, HR Director Italy Microsoft; Francesca Parviero, Digital Innovation HR Strategist – Official LinkedIn EMEA Talent Solutions Partner.
A proposito della manifestazione Giulietta Bergamaschi ha dichiarato: «Siamo particolarmente soddisfatti dei temi trattati nel convegno di quest’anno e del panel dei relatori, di altissima qualità. Sono infatti convinta che non si debba solo continuare a parlare di pari opportunità con un’impostazione tradizionale, ma che anche in questo ambito si debba provare ad innovare. Se infatti è vero che le donne continuano ad essere pagate meno degli uomini e che nei posti di lavoro permangono comportamenti sessisti, non credo che ripeterlo costituisca né una novità né qualcosa che da solo può aiutare a superare questi fatti. Occorre cercare una nuova chiave di lettura che aiuti il cambiamento, questo perché c’è un altro dato enorme che viene spesso sottovalutato: il lavoro è cambiato e sta cambiando sotto la spinta di due macrofattori epocali. Internazionalizzazione e impatto delle tecnologie. Come si relazionano con le pari opportunità? Sono un’occasione per superare vecchi pregiudizi o corriamo il rischio di traghettare verso un nuovo mondo del lavoro che, in un contesto completamente cambiato, si trascina dietro vecchi atteggiamenti come una palla al piede? E c’è il rischio che i pregiudizi cambino, ma ai vecchi se ne sostituiscano dei nuovi? Essere riuscita a portare a parlare di questi temi rappresentanti italiani ma anche internazionali, piccole e medie imprese ma anche un gigante come Coca Cola, aziende tradizionali ma anche innovatori tecnologici come Microsoft e Linkedin è per me motivo di grande orgoglio».
 

Convegno pari opportunità: giovedì 1 marzo 2018.

Quando l’internazionalizzazione e le tecnologie favoriscono le pari opportunità.


E’ il titolo del V Convegno sulle Pari Opportunità organizzato per il 1 marzo 2018, in occasione di Zero Discrimination Day.


 
Sono disponibili due diversi testi (Comunicato Stampa e Considerazioni) che riprendono i punti salienti emersi dall’incontro. A seguire, invece, all’interno del programma della giornata, sono disponibili sia il testo relativo alla lectio magistralis sia le slide relative al survey sulla discriminazione nel mercato del lavoro.




 
Ecco il programma della giornata e le slide, scaricabili, relative al survey sulla discriminazione nel mercato del lavoro:
8.45 – 9.00 Registrazione
9.00 – 9.15 Apertura dei lavori – avv. Giulietta Bergamaschi, partner Lexellent
9.15 – 10.00 Lectio Magistralis
Perché le tecnologie convergenti possono accelerare il processo verso le effettive pari opportunità – prof. Stefano Zamagni, Università di Bologna e Presidente di Quinto Ampliamento


I Panel
10.00 – 10.20
A proposito di internazionalizzazione e discriminazione: come diversi paesi del mondo hanno risposto ad un questionario sulla discriminazione nel mercato del lavoro

  • avv. Sergio Barozzi, partner Lexellent – avv. Alessandra Rovescalli, associate Lexellent

10.20 – 11.15 Tavola rotonda

Modera:

  • d.ssa Maria Cristina Origlia, caporedattrice L’Impresa Gruppo Sole24Ore

Partecipano:

  • d.ssa Jada Bai, coordinatrice didattica Scuola di Formazione Permanente Fondazione Italia-Cina
  • dr. Gabriele Galatioto, Imprenditore Maglificio Galassia – Pashmere
  • dr. Andrea Notarnicola, Partner Newton Management Innovation
  • avv. Sandra Mori, General Counsel Europe Coca-Cola

11.15 – 11.30 Coffee break


II Panel
11.30 – 12.30
La digitalizzazione può esser un rimedio alle discriminazioni sul lavoro?

Tavola rotonda 

Introduce avv. Marco Giangrande, associate Lexellent

Modera:

  • dssa Gaia Berruto, vicecaposervizio Wired, Edizioni Condé Nast

Partecipano:

  • dr. Mattia Macellari, Presidente Gruppo Giovani Imprenditori – Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza
  • dr. Pier Maria Minuzzo, Responsabile Risorse Umane e Relazioni Esterne -Cogne Acciai Speciali S.p.A.
  • dr. Pino Mercuri, HR Director Italy Microsoft
  • d. ssa Francesca Parviero, Digital Innovation HR Strategist – Official LinkedIn EMEA Talent Solutions Partner

12.30 – 12.45 Dibattito e conclusioni
avv. Giulietta Bergamaschi, partner Lexellent
L’incontro si svolgerà:
giovedì 1 marzo 2018
ore 9
Sala Solari – Palazzo delle Stelline
Corso Magenta, 61 – Milano
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Quando l’internazionalizzazione e le tecnologie favoriscono le pari opportunità.

Una nuova consapevolezza manageriale nella gestione della Diversità in tutte le sue forme.
Opinioni ed esperienze a confronto per una visione più chiara del problema.
I corsi sono a numero chiuso, si prega di prenotare con il dovuto anticipo.
Informazioni e prenotazioni 028725171 – lexellent@lexellent.it

Competenze, inclusione lavorativa e welfare aziendale: un percorso in Comune.

Lo studio Lexellent  intende mantenere alta l’attenzione sul progetto Inclusive Mindset, di cui è partner legale in materia giuslavoristica, e pertanto ne promuove le attività.

Un appuntamento dedicato a condividere strategie e azioni di inclusione lavorativa realizzate da istituzioni pubbliche e aziende private, mettendo a fattor comune esperienze, innovazioni, difficoltà e sfide.
L’iniziativa è stata realizzata da Fondazione Sodalitas, Fondazione Adecco per le Pari Opportunità e Interaction Farm, con la collaborazione, oltre a quella dello studio Lexellent, del Comune di Milano e di Parks Liberi e Uguali. Un progetto ideato per promuovere l’inclusione nel mercato del lavoro di coloro a rischio discriminazione.
Programma della giornata:
Saluti di benvenuto e introduzione – Comune di Milano
Inclusive Mindset: il lavoro che include – Paolo Beretta, Program manager Inclusive Mindset
Competenze, inclusione lavorativa e welfare aziendale: un percorso in Comune:

Modera: Alessandro Cannavò, giornalista Corriere della Sera

  • Barilla: Andrea Sorbello, Public Affairs and Government Relations
  • IBM Italia: Doriana De Benedictis, Diversity Engagement Partner
  • Flex: Valeria Ferreri, HR Director Italy/ Regional HRBP Design & Engineering

Chiusura – Comune di Milano
Appuntamento per:
Martedì 20 febbraio 2018
ore 9 – 11,30
Comune di Milano, Palazzo Marino, Sala Alessi.
Per iscrizioni: www.inclusivemindset.org/registrazione
Per informazioni: Patrizia Giorgio, patrizia.giorgio@sodalitas.it, 0236572988

Successful LGBT in Action – Dalla discriminazione silenziosa all’inclusione coraggiosa.

E’ il titolo del workshop organizzato con l’obiettivo di dare vita a un confronto fra esperti giuslavoristi, docenti universitari, psicologi del lavoro e testimonial aziendali sui modi per rendere inclusiva e valorizzante la Diversity legata alle persone LGBT.
L’incontro, frutto della collaborazione tra Parks Liberi e Uguali e GSO Company, si svolgerà il
25 gennaio 
ore  9.00 – 16.00 
Microsoft House 
Viale Pasubio 21, Milano
L’avv. Giulietta Bergamaschi, giuslavorista ed esperta di tematiche di inclusione nel mondo del lavoro, prenderà parte all’incontro con un intervento dal titolo L’attuale quadro normativo in Italia.
Programma

9:00 – 9:30 Registrazione partecipanti e welcome coffee
9:30 – 9:45
Apertura lavori: il filo rosso della Diversity.
Simona Alini – Diversity & Inclusion, GSO Company
9:45 – 10:15
Lavoro e inclusione LGBT: le sfide e le opportunità
Igor Suran – Direttore Esecutivo, Parks – Liberi e Uguali
10:15 – 10:30
L’attuale quadro normativo in Italia
Giulietta Bergamaschi – Avv. GiuslavoristaStudio legale Lexellent
10:30 – 12:00
LGBT in Action: creare un contesto organizzativo inclusivo
Intervengono:

  • Francesco Bianco – Regional HR Director Europe, Vodafone Group
  • Doriana De Benedictis – Diversity Engagement Partner, IBM Italia
  • Pino Mercuri – HR Director, Microsoft Italia
  • Patrizia Mezzadra – HR Management and Development specialist, Deutsche Bank Italia
  • Anna Nozza – Head of HR Technology, Vodafone Italia

Modera: Simona Alini

12:00 – 12:15 Coffee break
12:15 – 12:30
Il processo di adozione di pratiche inclusive rivolte ai lavoratori LGBT
Presentazione della ricerca condotta da Simone Pulcher –  NASP PhD candidate e ricercatore presso l’Università Statale di Milano
Modera: Igor Suran
12:30 – 13:30
Diversità LGBT: le ricerche, le metodologie e le prassi in atto
Intervengono:

  • Silvia De Simone – Psicologa del Lavoro, Università degli studi di Cagliari
  • Riccardo Sartori – Psicologo del Lavoro e ricercatore, Università degli Studi di Verona e autore di test per Utilia
  • Cristina Tajani – Assessore alle Politiche del Lavoro, Comune di Milano

Modera: Elena Tebano – La 27esimaora, Corriere della Sera

13:30 – 14:15 Light lunch
LGBT Labs
14:15 – 14:30 Organizzazione e lancio dei lavori di gruppo
14:30 – 15:30 Laboratori per sperimentare metodologie di Engagement, Change Management culturale, ascolto e valorizzazione.
15:30 – 16:00 Presentazione dei risultati e chiusura dei lavori

Per iscrizioni.

La ciclista sfortunata: paralleli nel diritto del lavoro.

La recente vicenda della ciclista che ha mostrato il dito (“flipped the bird”) al presidente Trump, ha avuto interessanti sviluppi sul piano lavorativo. La ciclista infatti è stata licenziata dal datore di lavoro in base alla considerazione che aveva pubblicato oscenità sui social media e ciò contravvenendo alle precise policy aziendali in vigore, il cui controllo, ironia della sorte, rientrava fra i compiti della lavoratrice. Inoltre, ha sostenuto l’azienda, la foto avrebbe potuto mettere a repentaglio la propria reputazione, nonostante non vi fosse alcun elemento, sul profilo della lavoratrice, che potesse creare una correlazione con il datore di lavoro. Il cui nome, come prevedibile, è uscito sulle prime pagine di tutti i giornali solo dopo, e a causa, del licenziamento.
La questione è ovviamente molto interessante e potrebbe tranquillamente essere esportata nel nostro ordinamento: sarebbe legittimo un licenziamento di questo tipo in Italia? La risposta sarebbe molto probabilmente negativa a meno che l’azienda non abbia una chiara policy sull’uso dei social media che vieti comportamenti di questo tipo, ma in ogni caso la mancanza di correlazione fra dipendente ed azienda potrebbe comunque renderla inutile. Inoltre il lavoratore potrebbe invocare il diritto di critica e di espressione delle proprie idee politiche, in ciò ben supportato dalla Costituzione.
E’ interessante notare come il principio della libertà di opinione non costituisca una protezione negli Usa, a differenza di quello che comunemente si crede. Infatti il primo emendamento della Costituzione americana («Il Congresso non promulgherà leggi …che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea ….») esclude la punibilità per aver espresso la propria opinione, ma la garanzia non si estende al settore privato. Con la conseguenza che un imprenditore può licenziare quale reazione a espressioni del pensiero non gradite. Il principio per cui “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (art 21 Costituzione Italiana) non si applica quindi nelle aziende del paese più libero del mondo.
Alternativamente il lavoratore potrebbe sostenere che il gesto, certo non educato, non costituisce un’oscenità che possa portare al licenziamento, in un contesto, come quello italiano, dove vige una considerevole libertà di linguaggio. Ciò specie laddove comportamenti o linguaggi simili avessero trovato nel passato una tacita approvazione o non fossero stati contrastati dall’imprenditore, ad esempio con provvedimenti disciplinari o altre idonee misure. E si tratta proprio di una delle obiezioni sollevate dalla sfortunata ciclista: in passato un manager delle società aveva pubblicato espressioni come “fuxx…bastxxx” senza per questo essere licenziato, nonostante dal profilo Facebook fosse possibile identificarlo come dipendente dell’azienda.
A Ms Briskman resta però aperta anche che la strada della discriminazione: la policy che ha portato al suo licenziamento può essere considerata equa da un punto di vista dell’etnia, della religione, del genere? E in ogni caso, ne è stata data un’applicazione neutra e non discriminatoria? Se la risposta fosse negativa il licenziamento sarebbe illegittimo con conseguente liquidazione dei danni a favore della lavoratrice.

Ciclista americana licenziata per il dito medio a Trump. In Italia decisione probabilmente non legittima.

La recente vicenda della ciclista che ha mostrato il dito (“flipped the bird”) al presidente Trump, ha avuto interessanti sviluppi sul piano lavorativo. La ciclista, infatti, è stata licenziata dal datore di lavoro in base alla considerazione che aveva pubblicato oscenità sui social media e ciò contravvenendo alle precise policy aziendali in vigore, il cui controllo, ironia della sorte, rientrava fra i compiti della lavoratrice. Inoltre, ha sostenuto l’azienda, la foto avrebbe potuto mettere a repentaglio la propria reputazione, nonostante non vi fosse alcun elemento, sul profilo della lavoratrice, che potesse creare una correlazione con il datore di lavoro. Il cui nome, come prevedibile, è uscito sulle prime pagine di tutti i giornali solo dopo, e a causa, del licenziamento.

La questione è ovviamente molto interessante e potrebbe tranquillamente essere esportata nel nostro ordinamento: sarebbe legittimo un licenziamento di questo tipo in Italia? La risposta sarebbe molto probabilmente negativa a meno che l’azienda non abbia un achiara policy sull’uso dei social media che vieti comportamenti di questo tipo, ma in ogni caso la mancanza di correlazione fra dipendente ed azienda potrebbe comunque renderla inutile. Inoltre il lavoratore potrebbe invocare il diritto di critica e di espressione delle proprie idee politiche, in ciò ben supportato dalla Costituzione.

E’ interessante notare come il principio della libertà di opinione non costituisca una protezione negli Usa, a differenza di quello che comunemente si crede.

Infatti il primo emendamento della Costituzione americana («Il Congresso non promulgherà leggi …che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea ….») esclude la punibilità per aver espresso la propria opinione, ma la garanzia non si estende al settore privato. Con la conseguenza che un imprenditore può licenziare quale reazione a espressioni del pensiero non gradite. Il principio per cui “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (art 21 Costituzione Italiana) non si applica quindi nelle aziende del paese più libero del mondo.

Alternativamente il lavoratore potrebbe sostenere che il gesto, certo non educato, non costituisce un’oscenità che possa portare al licenziamento, in un contesto, come quello italiano, dove vige una considerevole libertà di linguaggio. Ciò specie laddove comportamenti o linguaggi simili avessero trovato nel passato una tacita approvazione o non fossero stati contrastati dall’imprenditore, ad esempio con provvedimenti disciplinari o altre idonee misure.

E si tratta proprio di una delle obiezioni sollevate dalla sfortunata ciclista: in passato un manager delle società aveva pubblicato espressioni come “fuxx…bastxxx” senza per questo essere licenziato, nonostante dal profilo Facebook fosse possibile identificarlo come dipendente dell’azienda.

A Ms Briskman resta però aperta anche che la strada della discriminazione: la policy che ha portato al suo licenziamento può essere considerata equa da un punto di vista dell’etnia, della religione, del genere?

E in ogni caso, ne è stata data un’applicazione neutra e non discriminatoria? Se la risposta fosse negativa il licenziamento sarebbe illegittimo con conseguente liquidazione dei danni a favore della lavoratrice.

La ciclista sfortunata: paralleli nel diritto del lavoro.

La recente vicenda della ciclista che ha mostrato il dito (“flipped the bird”) al presidente Trump, ha avuto interessanti sviluppi sul piano lavorativo. La ciclista infatti è stata licenziata dal datore di lavoro in base alla considerazione che aveva pubblicato oscenità sui social media e ciò contravvenendo alle precise policy aziendali in vigore, il cui controllo, ironia della sorte, rientrava fra i compiti della lavoratrice.

Inoltre, ha sostenuto l’azienda, la foto avrebbe potuto mettere a repentaglio la propria reputazione, nonostante non vi fosse alcun elemento, sul profilo della lavoratrice, che potesse creare una correlazione con il datore di lavoro. Il cui nome, come prevedibile, è uscito sulle prime pagine di tutti i giornali solo dopo, e a causa, del licenziamento.

La questione è ovviamente molto interessante e potrebbe tranquillamente essere esportata nel nostro ordinamento: sarebbe legittimo un licenziamento di questo tipo in Italia? La risposta sarebbe molto probabilmente negativa a meno che l’azienda non abbia una chiara policy sull’uso dei social media che vieti comportamenti di questo tipo, ma in ogni caso la mancanza di correlazione fra dipendente ed azienda potrebbe comunque renderla inutile. Inoltre il lavoratore potrebbe invocare il diritto di critica e di espressione delle proprie idee politiche, in ciò ben supportato dalla Costituzione.

E’ interessante notare come il principio della libertà di opinione non costituisca una protezione negli Usa, a differenza di quello che comunemente si crede.

Infatti il primo emendamento della Costituzione americana («Il Congresso non promulgherà leggi …che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea ….») esclude la punibilità per aver espresso la propria opinione, ma la garanzia non si estende al settore privato. Con la conseguenza che un imprenditore può licenziare quale reazione a espressioni del pensiero non gradite. Il principio per cui “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (art 21 Costituzione Italiana) non si applica quindi nelle aziende del paese più libero del mondo.

Alternativamente il lavoratore potrebbe sostenere che il gesto, certo non educato, non costituisce un’oscenità che possa portare al licenziamento, in un contesto, come quello italiano, dove vige una considerevole libertà di linguaggio. Ciò specie laddove comportamenti o linguaggi simili avessero trovato nel passato una tacita approvazione o non fossero stati contrastati dall’imprenditore, ad esempio con provvedimenti disciplinari o altre idonee misure.

E si tratta proprio di una delle obiezioni sollevate dalla sfortunata ciclista: in passato un manager delle società aveva pubblicato espressioni come “fuxx…bastxxx” senza per questo essere licenziato, nonostante dal profilo Facebook fosse possibile identificarlo come dipendente dell’azienda.

A Ms Briskman resta però aperta anche che la strada della discriminazione: la policy che ha portato al suo licenziamento può essere considerata equa da un punto di vista dell’etnia, della religione, del genere?

E in ogni caso, ne è stata data un’applicazione neutra e non discriminatoria? Se la risposta fosse negativa il licenziamento sarebbe illegittimo con conseguente liquidazione dei danni a favore della lavoratrice.

Dai Diritti ai Fatti – Esperienze aziendali ad un anno dall’approvazione del DDL Cirinnà.

Il 21 giugno 2017 Giulietta Bergamaschi è tra i relatori dell’incontro DAI DIRITTI AI FATTI – Esperienze aziendali ad un anno dall’approvazione del DDL Cirinnà. Un appuntamento organizzato da MilanoPride e Parks – Liberi e Uguali in occasione della Pride Week che si terrà dal 17 al 25 giugno a Milano
La tavola rotonda, moderata da Monica D’Ascenzo – Sole 24 Ore, vedrà come relatori:
Raffaella Temporiti. HR Director, Accenture Italy Central Eastern Europe and Greece
Patrizia Mezzadra, HR Management and Development, Deutsche Bank
Paola Giorgi, Senior Manager, EMEA, LinkedIn
Leonardo Intriago, Sr Customer Success Manager & Out@in Executive Leader, LinkedIn
Carlo Corollo, Direttore Consumer Devices and Sales e Executive Sponsor D&I, Microsoft,
Luca De Angelis, Senior Partner BDM e GLEAM Lead, Microsoft
Mirco Pirro, Area Manger, Randstad
Giulietta Bergamaschi, Partner, studio legale Lexellent
Appuntamento:
21 giugno 2017, ore 17
Microsoft House
Via Pasubio 21, Milano
 
Per ulteriori informazioni sulla Pride Week http://www.milanopride.it/site/eventi-pride-week/

Codice delle Pari Opportunità.

Il 19 giugno 2017 viene presentato a Roma, presso la Camera dei Deputati, il Codice delle Pari Opportunità, curato da ASLAWomen ed edito da La Tribuna di Piacenza. Un commentario curato da Giulietta Bergamaschi insieme ad altre diciotto avvocate appartenenti a Studi associati ad ASLA. Per ulteriori informazioni http://www.aslawomen.it/files/eventi/2017/Locandina_Roma_19_giugno_ter.pdf
 
Codice pari opportunità

La, seppur lenta, demolizione del “gender pay gap” sembra essere approdata anche in Italia.

Dopo lo sciopero compiuto dalle donne in Islanda lo scorso ottobre contro il gender pay gap, tale paese ha annunciato nei giorni scorsi che entro la fine del mese il Parlamento, composto in misura ugualitaria da uomini e donne, esaminerà una proposta di legge volta ad imporre alle imprese con più di 25 dipendenti di effettuare annualmente una certificazione in merito alla retribuzione paritaria di donne ed uomini, a parità di mansioni.
La legge, laddove votata, entrerà in vigore nel 2020.
L’Islanda, primo paese al mondo in tema di attenzione a tale tematica, sembra muoversi velocemente.
Diversamente, il resto del mondo inizia a compiere i primi passi in tale settore. Nella classifica stilata dal World Economic Forum, l’Italia si colloca al diciassettesimo posto, seguita, tra gli altri, da Germania ed Inghilterra (oltre che da USA e Giappone). Questi ultimi paesi hanno dichiarato di volersi impegnare al fine di eliminare una volta per tutte le differenza di genere. In tale direzione, l’Inghilterra ha da poco emanato l’Equality Act 2017 Regulation 2017 in base al quale tutte le imprese con oltre 250 dipendenti dovranno pubblicare i dettagli relativi alle differenze salariali tra i due sessi.
Tuttavia, una normativa europea in materia esiste già da qualche anno. Vengono alla mente la direttiva UE n. 34 del 2013, poi modificata dalla n. 95 del 2014 che è stata finalmente attuata dall’Italia con il d.lgs. n. 254 del 30/12/2016. Il decreto legislativo di attuazione della direttiva n. 254 è entrato in vigore il 25 gennaio scorso ed è applicabile a tutti gli esercizi finanziari aventi inizio dal 1 gennaio 2017. A partire da tale data tutti gli enti di interesse pubblico, così come definiti dall’art. 16 del d.lgs. n. 39 del 2010 (e quindi le banche, le compagnie assicurative, le società di intermediazione mobiliare ecc.), dovranno presentare annualmente una dichiarazione di carattere non finanziario con la quale comunicheranno le azioni di responsabilità sociale di impresa che intendono porre in essere nel settore ambientale (risparmio energetico, riduzione di emissioni di gas); sociale, nel quale rientrano, per espressa previsione del decreto, le azioni a tutela della parità di genere; dei diritti umani e della lotta contro la corruzione.
In particolare l’obbligo riguarda le società che: a) rientrino tra gli enti di interesse pubblico; b) abbiano un numero di dipendenti occupati in media durante l’esercizio superiore a 500; c) abbiano superato almeno uno di determinati limiti dimensionali (20 milioni di euro di totale dello stato patrimoniale; 40 milioni di euro di totale di ricavi netti). Lo stesso decreto consente, inoltre, alle società che non rientrano nel campo di applicazione dell’obbligo di pubblicare, in via volontaria, informazioni non finanziarie le quali, al ricorrere di determinate condizioni, possono essere qualificate come conformi al decreto stesso.
La vigilanza in tale materia spetta alla CONSOB. La dichiarazione, però, ha carattere programmatico.
Le aziende infatti devono limitarsi a comunicare le azioni che vorrebbero intraprendere in tali settori, e gli eventuali risultati raggiunti, ma non sono obbligate a porle in essere. Nel caso in cui decidano di non realizzare le azioni di responsabilità dichiarate dovranno semplicemente comunicarne le ragioni.
Si auspica, pertanto, che si possa passare nel breve tempo da dichiarazioni programmatiche a fatti concreti e che tale normativa venga presto rivolta, come in Islanda, alla PMI che è il vero motore pulsante del nostro paese.

Lexellent, ancora per le Pari Opportunità.

Codice delle Pari OpportunitàLe norme commentate con dottrina e giurisprudenza. Aggiornato con i Decreti del 17 gennaio 2017 nn. 5.6 e 7 di attuazione della Legge sulle unioni civili.Codice pari opportunità
L’opera è curata da ASLA Women ed è firmata da 19 avvocatesse tra le quali Giulietta Bergamaschi, responsabile del primo dipartimento dedicato alla Gestione delle Diversità all’interno di una boutique giuslavorista, e le colleghe Hulla Bisonni e Alessandra Rovescalli.
L’opera, usando un linguaggio scientifico, si rivolge sia a colleghi avvocati ed esperti del settore risorse umane sia ad un pubblico più eterogeneo interessato al tema.
Ecco la descrizione di ASLAWomen stessa: “il commento che accompagna, unitamente alla giurisprudenza rilevante, ciascuno dei testi normativi consente di ripercorrere la storia della norma e la sua ratio, comprendere lo stato attuale della sua applicazione e cogliere le eventuali problematiche e contraddittorietà”.

Da sottolineare che tutte le autrici hanno scelto di cedere i propri diritti all’associazione affinché vengano investiti in nuovi progetti dedicati al rispetto e alla valorizzazione delle differenze.

Diversity fra legislazione europea e interna: a che punto siamo?

Come di consueto lo studio mette a disposizione dei propri lettori i documenti derivanti dagli incontri a cui partecipa.
Ecco, quindi, le slide relative all’intervento dell’avv. Giulietta Bergamaschi durante l’incontro Diversity Management tenutosi oggi a Milano e organizzato da Este – Cultura d’Impresa.
Download: Diversity fra legislazione europea e interna: a che punto siamo?

La Diversity ai tempi del Jobs Act.

Questo’oggi, la Commissione Formazione Continua dell’AGI ha organizzato un incontro sul tema della Diversity con il seguente programma:
Modera:

  • Avv. Simonetta Candela, Avvocato giuslavorista in Milano

Relatori:

  • Prof. Cristina Alessi, Professore associato di Diritto del Lavoro, Università degli Studi di Brescia, Dipartimento di Economia e Management
  • Avv. Giulietta Bergamaschi, Avvocato giuslavorista in Milano, studio Lexellent
  • Avv. Alberto Guariso, Docente a contratto presso l’Università di Brescia in diritto antidiscriminatorio
  • Maurizio Zoè, Segretario generale coordinamento Fisac Cgil Intesa San Paolo

A seguito dell’incontro l’avv. Bergamaschi mette a disposizione il testo del proprio intervento dal titolo “Le politiche di diversity in azienda”. Per scaricare il documento cliccare qui.

PROMOZIONE DELL’OCCUPABILITÀ DI DISABILI E GIOVANI ALLA LUCE DEL JOBS ACT.

A seguito dell’ultimo incontro della serie “Il Titorid del Valoro è un Enigma?” i diversi relatori hanno messo a disposizione le slide relative ai propri interventi.
Giovani e lavoro: quali novità normative? Avv. G. Bergamaschi . Lexellent
Disabilità sul lavoro fra Jobs Act e giurisprudenza Prof. F. Bacchini – of counsel Lexellent
I risultati del McKinsey Global Institute Avv. A. Rovescalli – Lexellent
Il lavoro che include: l’esperienza di DiversitaLavoro A. Radice – Sodalitas
Fondazione Adecco per le Pari Opportunità G. Rossi e L. Ciardiello – Fondazione Adecco

La diversità come valore da difendere.

Gender diversity in azienda: il punto di vista dell’economista

Alessandra Casarico
→ PDF


Un’azienda diversa per il futuro

Tiziano Botteri
→ PDF


Diversity & Inclusion in IBM

Federica Di Sansebastiano
→ PDF


La Diversity in Fiera Milano

Monica Pera
→ PDF


Parità di accesso nei consigli di amministrazione

Alessandra Rovescalli
→ PDF

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La diversità come valore da difendere.

Il diversity management in chiave di crescita e sviluppo delle risorse umane nel mondo impresa.
SALA SIRONI NEL PALAZZO DEI GIORNALI
Il grande mosaico di Mario Sironi avvolto nella severa architettura di Giovanni Muzio.Un capolavoro nato nel 1936 al grido di “Muri ai pittori”.
Percorsi d’arte a cura di Chiara Periti.


Programma
Gender diversity in azienda: il punto di vista dell’economista, Alessandra Casarico – Università Bocconi
Un’azienda diversa per il futuro, Tiziano Botteri – Cegos
Diversity & Inclusion in IBM, Federica Di Sansebastiano – IBM
La Diversity in Fiera Milano, Monica Pera – Fiera Milano
Parità di accesso nei consigli di amministrazione, Alessandra Rovescalli – Lexellent
Comunicato stampa
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Bergamaschi_4novembre2014
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