Tre differenti punti di vista, dal normativo al giuslavorista, fino all’organizzativo. Oltre un centinaio di persone presenti. Rappresentanti di aziende di ogni dimensione. Ecco il bilancio del primo evento del ciclo di incontri organizzato da Zeta Service: Il lavoro diventa Smart (working).
Il Legislatore incentiva lo Smart working
Ha aperto il giro di tavolo Elisabetta Gasparini, Consulente del Lavoro di Lumina, la società di professionisti legata a Zeta Service che fornisce un supporto quotidiano sull’evoluzione delle normative nel mondo del lavoro.
L’intervento ha preso le mosse dalla firma del nuovo decreto Legge del 12 settembre 2017, di cui ancora in pochi sono a conoscenza: la normativa incentiva di fatto l’introduzione dello Smart working nelle aziende attraverso la possibilità di sgravi contributivi, in tutti i contesti in cui le politiche di conciliazione vita-lavoro sono regolate dalla contrattazione di secondo livello.
“Appare chiaro come il Legislatore, con questa misura, creda fermamente nella promozione delle misure per il work-life balance come mezzo per incrementare la produttività”, ha osservato Gasparini.
Per il biennio 2017-2018, sono stati stanziati 110 milioni di euro, ma le scadenze sono collocate nel breve termine. Tutte le aziende che hanno stipulato accordi di secondo livello che prevedono misure di conciliazione vita-lavoro dal 1 gennaio 2017 al 31 ottobre 2017 hanno tempo fino al 15 novembre 2017 per presentare la domanda all’INPS per usufruire degli sgravi contributivi.
Seguirà poi un secondo scaglione per gli accordi stipulati entro il 31 agosto 2018: la domanda andrà in questo caso presentata entro il 15 settembre 2018.
“L’obiettivo è aumentare la competitività delle aziende veicolando una trasformazione del concetto di lavoro subordinato”, ha proseguito la Consulente del Lavoro di Lumina. “Il Legislatore sta facendo lo sforzo di adeguare l’attuale mercato del lavoro al modello di Industria 4.0 già promosso dal Piano Nazionale, incrementando i vantaggi per le imprese che decidono di adeguarsi alle trasformazioni organizzative sollecitate dal contesto”.
Passando per la descrizione delle principali differenze fra il cosiddetto ‘lavoro agile’ e il telelavoro, Gasparini ha spiegato come, con lo Smart working, perdano di importanza due elementi finora considerati cardine nel rapporto di lavoro subordinato: l’orario e il luogo di svolgimento della prestazione.
La chiarezza non sia a discapito della flessibilità
Giulietta Bergamaschi, Avvocato Partner dello Studio Legale Lexellent, è invece entrata nel merito degli aspetti giuslavoristici: “La legge in materia di Smart working è strutturata in modo da lasciare spazio all’autonomia delle parti, alle esigenze delle aziende di ogni dimensione. Si tratta però di misure che possono facilmente configurarsi come un’arma a doppio taglio e le aziende ne devono tenere conto: il lavoratore, se non accompagnato nel percorso, rischia di non sentirsi tutelato e in una soluzione organizzativa che, invece di agevolarlo, lo allontana dall’azienda”.
Partendo dal presupposto che l’accordo relativo al lavoro agile deve essere stipulato per iscritto, “ai fini della prova e della regolarità amministrativa”, per l’azienda è possibile scegliere la modalità individuale, il regolamento aziendale o la mediazione delle rappresentanze sindacali: “L’uso esclusivo degli accordi individuali può far correre il rischio di contravvenire al rispetto della parità di compenso e di trattamento. È perciò consigliabile affiancare a questi un regolamento aziendale collettivo o la contrattazione di secondo livello, ai quali l’accordo individuale poi rimanderà”, ha illustrato Bergamaschi.
Nella redazione degli accordi, secondo l’Avvocato, “la chiarezza paga, ma bisogna evitare di scrivere troppo per non generare inutili irrigidimenti e snaturare così una misura nata proprio per essere flessibile”.
Un approccio rigoroso e flessibile
Poste queste premesse, Rosa Morelli, Relationship Marketing Specialist di Zeta Service, ha descritto la modalità di approccio della società di consulenza, che dedica una fase preliminare di analisi per rispondere alle cinque W: “Iniziamo con l’individuare il target di popolazione che può essere coinvolta nell’accordo di Smart working (who), basandoci sul principio di non discriminazione e in modo che la copertura sia effettiva su tutto il team; analizziamo gli strumenti e le connessioni(what); assistiamo poi nell’avvio di sperimentazioni attraverso progetti pilota(when); ci preoccupiamo di definire gli obiettivi di lavoro e di fare in modo che gli accordi si basino su un rapporto di fiducia reciproca (how), in un luogo che garantisca la sicurezza della persona e dei dati (where)”.
Ma il cuore della questione è il perché (why): “Crediamo fermamente che il punto di forza dell’adozione dello Smart working da parte delle aziende sia rappresentato dalla possibilità di usufruire degli sgravi fiscali, di generare risparmio dei costinell’utilizzo dei locali e nelle trasferte e di migliorare l’engagement della popolazione aziendale”, ha motivato la Relationship Marketing Specialist di Zeta Service.
Rivedere il design dell’organizzazione per introdurre nuovi processi
Per concludere la mattinata di lavori, Francesco Porotto, Digital Learning, System and Budget Manager, HR Training di Vodafone, ha riportato il proprio caso aziendale, suscitando grande interesse nel pubblico. Nel 2011 Vodafone è stata tra le prime aziende in Italia a sperimentare lo Smart Working, con un progetto pilota che ha coinvolto circa 200 dipendenti; essendo un’azienda di telecomunicazioni possedeva già gli elementi abilitanti, quali connettività mobile, strumenti di collaborazione, videoconferenze, cloud computing e, non ultimo, un approccio da sempre teso a incentivare la collaborazione e la fiducia.“A fronte del successo riscontrato dal pilota, nel 2014 abbiamo esteso a 2.800 dipendenti la possibilità di usufruire di due giornate di Smart Working al mese; prima del lancio sono state definite regole chiare, abbiamo coinvolto tutti i direttori e le prime linee per discutere con loro il cambiamento culturale che l’azienda avrebbe dovuto abbracciare”, ha raccontato Porotto.Oltre a un maggior senso di responsabilizzazione, e possibilità di concentrazione riscontrata, la survey condotta alla fine del primo anno di Smart Working ha rivelato un miglioramento delle condizioni di work-life balance secondo il 90% degli intervistati e un aumento dell’efficienza lavorativa per l’85%, confermata anche dai manager.
Nel 2015 la popolazione eligibile ha raggiunto le 3.500 persone: “L’ampliamento è avvenuto grazie a un attento lavoro sui processi che in un primo momento non permettevano ad alcune figure di poter fruire dello Smart working. Da questo punto di vista c’è stata grandissima collaborazione dei manager, che hanno contribuito attivamente a tale sviluppo.
“Le parole chiave”, ha precisato il manager di Vodafone, “per noi sono state collaborazione e comunicazione, responsabilizzazione e fiducia nel rapporto capo-collaboratore. Tutto ciò naturalmente implica l’adozione e la diffusione di nuovi stili di leadership, attraverso una formazione specifica e continua sui manager”.