L’ultimo editoriale del Prof.Francesco Bacchini, per il Quotidiano di IPSOA, approfondisce la figura del “navigator”, controversa figura nata in seno alla normativa sul reddito di cittadinanza.
Nella complessa alchimia applicativa della normativa sul reddito di cittadinanza, un ruolo importante, addirittura decisivo, è assegnato al navigator. Una sorta di ufficiale di rotta capace di guidare il disoccupato alla ricerca di un’occupazione sicura, ma anche un po’ guardiano con il compito di verificare la scrupolosa osservanza delle “regole d’ingaggio” da parte di chi beneficia del reddito di cittadinanza. Dall’analisi testuale delle norme sembrano emergere però poche certezze. Tra queste, decisamente due: la natura autonoma (e precaria) del rapporto di lavoro dei navigator e la consistenza (esigua?) dei fondi stanziati per ANPAL Servizi S.p.A. Un salto nel buio?
La comunicazione politica ha fornito ai media un termine inusuale e fantasioso sul quale costruire una delle più improbabili e controverse narrazioni del reddito di cittadinanza: il navigator!
Traducibile in navigatore (ma, più sobriamente, è forse auspicabile “virare” sul termine “tutor”), tale soggetto dovrebbe recitare un ruolo importante, addirittura decisivo, nella complessa alchimia applicativa della normativa sul reddito di cittadinanza: una sorta di ufficiale di rotta o di collegamento (rectius di “collocamento”) capace di guidare i beneficiari fra i marosi del mercato del lavoro e farli approdare ad una occupazione sicura; ma anche un po’ guardiano, o controllore visto che il Ministro Di Maio ha spiegato, bontà sua, che il compito del navigator sarà pure quello di “bussare alla porta” dei fruitori del sussidio e verificarne la laboriosità e la scrupolosa osservanza delle regole d’ingaggio, sicché se il beneficiato “non sta facendo il suo dovere”, vale a dire non si reca al Centro per l’impiego o non assicura le otto ore settimanali di lavori utili (alla collettività), lo zelante “duca” segnalerà le “anomalie nella gestione del processo” delle quali, però, altri verificheranno la rilevanza e la gravità e, previo riscontro, si faranno ufficialmente carico di contestarle.
Tralasciando le dicerie mediatiche sui navigator, con la loro ridda di notizie più o meno verosimili: numero di candidati (potenzialmente 50/60 mila), tipologia di selezione (scartato il concorso pubblico, la valutazione avverrà, previo bando, per titoli, ma quali, e colloqui, forse titoli e test o, addirittura, solo test), durata del rapporto (2 anni rinnovabili o stabilizzabili di cui i primi 6/8 mesi di formazione), ammontare del corrispettivo (oscillante intorno ai 30mila euro lordi annui, che si traducono in circa 1.700/1.800 euro netti al mese, contribuzione esclusa che, si ricorda, però, è a carico del committente per una quota pari a due terzi mentre per il rimanente terzo è a carico del collaboratore, ma l’obbligo del versamento è in capo al primo anche per quanto riguarda la quota del secondo che sarà trattenuta al momento della corresponsione del suo compenso), l’unica certezza in materia è rappresentata, per ora, dal comma 3 dell’art. 12 del D.L. 28 gennaio 2019 n. 4, intitolato “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”.
La norma, invero piuttosto generica e lessicalmente opinabile, si limita ad affermare che: “per consentire la stipulazione, previa procedura selettiva pubblica, di contratti con le professionalità necessarie ad organizzare l’avvio del Rdc, nelle forme del conferimento di incarichi di collaborazione, nonché per la selezione, la formazione e l’equipaggiamento, anche con il compito di seguire personalmente il beneficiario nella ricerca di lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale, è autorizzata la spesa nel limite di 200 milioni di euro per l’anno 2019, 250 milioni di euro per l’anno 2020 e di 50 milioni di euro per l’anno 2021 a favore di ANPAL servizi S.p.A. che adegua i propri regolamenti a quanto disposto dal presente comma”.
Dall’analisi testuale del precetto, sembra emerge, dunque, quanto segue:
– le professionalità necessarie ad organizzare l’avvio del Rdc, dovrebbero essere, ragionevolmente, i navigator;
– tali soggetti, che saranno scelti in base ad una procedura selettiva pubblica (vale a dire in base ad una procedura avente ad oggetto la valutazione dei vari profili professionali al fine di selezionare le figure che meglio si adattano all’incarico da conferire e non in base ad un concorso pubblico, ossia ad una procedura in forza della quale vengono selezionati candidati sulla base di titoli posseduti e prove uniformate che ne indaghino preparazione e capacità), dovranno essere adeguatamente formati ed equipaggiati;
– la tipologia contrattuale individuata per la stipulazione del loro rapporto di lavoro è quella dell’incarico di collaborazione e la controparte è ANPAL servizi S.p.A.;
– l’attività oggetto di detto incarico è quella di seguire personalmente il beneficiario nella ricerca di lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale;
– le coperture economiche autorizzate previste per la selezione, la formazione, l’equipaggiamento e la remunerazione dei navigator sono (soltanto) 200 milioni di euro per l’anno 2019, 250 milioni di euro per l’anno 2020 e 50 milioni di euro per l’anno 2021;
– ANPAL servizi S.p.A. deve (innanzitutto) adeguare i propri regolamenti in modo tale da poter gestire e attuale quanto affidatogli dal decreto legge.
Tra le poche certezze appena schematizzate ne emergono, per importanza, decisamente due: la natura autonoma del rapporto di lavoro dei navigator e la copertura economica triennale garantita ad ANPAL Servizi S.p.A.
In relazione al primo aspetto sarebbe sin troppo facile sottolineare come il Governo che ha fatto della “dignità” del lavoro stabile una delle sue bandiere, abbia scelto, quando è sostanzialmente la controparte contrattuale, la via flessibile (e precaria) dell’incarico di collaborazione (coordinata e continuativa). Collaborazione la quale, a ben vedere, tenuto conto che la prestazione di lavoro dei navigator è esclusivamente personale, continuativa, con strumenti di lavoro e modalità di esecuzione predisposte dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, si configura come organizzata dal committente ex art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015 ed alla quale si dovrebbe precettivamente applicare “la disciplina del rapporto di lavoro subordinato”.
Tuttavia, e ciò merita di essere messo in evidenza, la scelta strategica del Governo potrebbe risultare pienamente legittima, giacché la disciplina precettiva della collaborazione organizzata dal committente, in forza del comma 4 del citato art. 2 del d.lgs. n. 81/2015, “non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni”.
Infatti, ritenendo ANPAL Servizi (erede di Italia Lavoro S.p.A.), nonostante la natura societaria, una struttura “in house” strumentale e direttamente sottoposta, tramite ANPAL, al controllo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il Ministero dell’Economia e delle finanze), ad essa si estenderebbe lo status di pubblica amministrazione e, quindi, come tale, sarebbe esclusa dall’applicazione della disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente.
La natura di pubblica amministrazione di ANPAL Servizi S.p.A., è inequivocabilmente confermata dalla ricognizione delle amministrazioni pubbliche, affidata all’ISTAT dall’art. 1, comma 3, della legge n. 196/2009, ossia della legge di contabilità e finanza pubblica (si veda in questo senso l’ultimo elenco delle Amministrazioni pubbliche, divulgato nell’ottobre scorso, che colloca ANPAL Servizi S.p.A. negli “Enti produttori di servizi economici”).
Il riconoscimento della natura di pubblica amministrazione di ANPAL Servizi S.p.A., però, non risolve del tutto il problema vista la proibizione prevista dall’art. 7, comma 5-bis, del d.lgs. n. 165/2001 in base alla quale è fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (si ricorda che i contratti posti in essere in violazione del suddetto divieto sono nulli e determinano responsabilità erariale). Poiché tale divieto è stato opportunamente differito, da ultimo con il comma 1131, lettera f) dell’art. 1 della L. 145/2018 (legge di bilancio 2019), al 1° luglio 2019, ben si comprende la premura del Governo nel completare rapidamente la contrattualizzazione dei navigator, giacché, per risultare legittimi, tutti gli incarichi di collaborazione con la pubblica amministrazione devono necessariamente essere stipulati entro tale data.
Fuor di metafora, è chiaro che il Governo, in materia di precarietà del lavoro, ha operato, riguardo ai navigator, una scelta in evidente controtendenza con quanto promesso, facendo, per così dire, di necessità virtù, sia in relazione alla tipologia contrattuale stipulabile, la collaborazione, per tacer d’altro, flessibile, cedevole e ambigua, sia, soprattutto, in relazione alla durata della stessa: infatti, stante la copertura economica assegnata è facile preconizzare che l’arco temporale di impiego, a meno di improbabili (vista la difficoltà di reperire nuove risorse) stabilizzazioni e altrettanto improbabili rinnovi (visto il divieto del ricorso alle collaborazioni nelle pubbliche amministrazioni a partire dal 1 luglio 2019), non supererà i due o, al massimo, i tre anni, all’interno dei quali, giova ricordarlo, non meno di 6/8 mesi saranno esclusivamente dedicati alla formazione (sempre che si trovino i formatori disponibili).
Non resta, allora, che attendere l’adeguamento dei regolamenti ANPAL Servizi, il bando per l’espletamento della procedura selettiva pubblica, il testo della regolamentazione contrattuale della collaborazione, la definizione esaustiva dell’attività professionale (un vero e proprio incarico, complicatissimo, di pubblico servizio), in particolare quella di controllo, a valle della verifica del possesso dei requisiti da parte dell’INPS per la concessione del reddito di cittadinanza, avente ad oggetto il riscontro delle reticenze e delle irregolarità da parte del beneficiario che potrebbero far scattare la decadenza o la revoca del sussidio oltreché l’applicazione delle sanzioni anche penali.
Iniziamo bene!
Qui il link per scaricare l’articolo di Francesco Bacchini in versione pdf.
Month: February 2019
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Dall’Ispettorato nazionale del lavoro le prime istruzioni sull’aumento delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale, introdotto dalla Legge di Bilancio n. 145/2018.
Nell’ambito di un significativo inasprimento delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale, espressione di un “recondito” sfavore nei confronti del mondo imprenditoriale, l’art. 1, com 445, lett. d), della L. n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019), ha previsto la maggiorazione degli importi sanzionatori di quelle violazioni che, evidentemente più di altre, incidono sulla tutela degli interessi, della dignità e dell’integrità dei lavoratori, su tutte quelle in materia di “lavoro nero”, di somministrazione irregolare di lavoro e appalti non genuini, di inosservanza dei precetti sull’orario di lavoro, sulle ferie annuali e sul riposo giornaliero e, in particolare, di violazione delle disposizione di salute e sicurezza del lavoro.
L’articolo completo di Francesco Bacchini è disponibile su Guida al Lavoro (n. 4 / 25 gennaio 2019) – Il Sole 24 Ore previa registrazione.
Accordo Quadro in materia di Molestie e Violenza nei luoghi di lavoro per il Settore delle Telecomunicazioni
16 gennaio 2019: nel settore delle Telecomunicazioni viene firmata l’intesa tra le sigle sindacali Asstel, Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil in materia di molestie e violenza nei luoghi di lavoro. Un importante traguardo che richiama tutti gli operatori di TLC alla collaborazione per la tutela della dignità e sicurezza della persona
In data 16 gennaio 2019, è stato sottoscritto un Accordo Quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro tra Assotelecomunicazioni – Asstel e le Organizzazioni Sindacali, Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, inteso ad applicare, per il settore delle Telecomunicazioni, l’Accordo Interconfederale Confindustria, Cgil, Cisl, Uil del 25 gennaio 2016.
Le Parti firmatarie di tale accordo, si legge nelle premesse, “si riconoscono e richiamano integralmente i contenuti dell’Accordo Interconfederale del 25 gennaio 2016″, il quale a sua volta recepisce l'”Accordo quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro”, siglato dalle parti sociali in ambito europeo in data 26 aprile 2007.
L’Accordo, adottato in un’ottica di tutela e valorizzazione dell’individuo, concorre a costruire le condizioni per lo sviluppo sia della persona sia dell’impresa.
L’articolo completo di Alberto Buson su Diritto24 è disponibile per la lettura integrale al seguente link.