Con un’importante pronuncia la Corte Suprema del Regno Unito ha ritenuto illegittimo il sistema dei costi per accedere al “servizio Giustizia” con riferimento alle controversie di diritto del lavoro
La Corte Suprema ha ritenuto illegittima la normativa sotto due diversi ordini di profili: in quanto lesiva del diritto ad accedere alla tutela giurisdizionale richiedendo a tal fine costi troppo elevati e perché indirettamente discriminatoria nei confronti delle donne, sproporzionatamente colpite da spese più elevate nell’ambito delle domande di “tipo B”, ovvero quelle aventi ad oggetto il diritto discriminatorio.
La legislazione che ha introdotto tale sistema dei costi è stata quindi ritenuta illegittima fin dalla sua emanazione e pertanto è stata abrogata. La sentenza in commento avrà dei riflessi dirompenti in quanto sembra che il Governo dovrà rimborsare tutte le spese e non potrà più esigerle, almeno fino a quando non introdurrà un nuovo regime più equo.
Accesso alla giustizia
La Suprema Corte ha anzitutto ritenuto che i costi previsti dalla normativa in questione debbano considerarsi illegittimi qualora vi sia un reale rischio che ai lavoratori venga effettivamente precluso l’accesso alla giustizia o se ciò li induca a rinunciare in partenza a far valere i loro diritti.
Alcune utili esemplificazioni:
• i costi non hanno alcuna correlazione con l’importo richiesto, fungendo in tal modo da deterrente alla proposizione di domande di basso valore e di quelle nelle quali non hanno ad oggetto una richiesta di tipo economico;
• i costi comportano una contrazione rilevante del contenzioso, con una diminuzione molto consistente del numero di cause di basso valore e nei quali non è richiesto alcun rimedio di tipo economico;
• i costi sono la causa più frequentemente citata per non presentare una domanda;
• i costi devono essere accessibili non in senso teorico, ma nel senso che devono essere ragionevolmente esigibili dal lavoratore.
La Corte Suprema ha altresì considerato che le tasse non potevano essere giustificate come una necessaria intrusione sul diritto di accesso alla giustizia. Sebbene fosse legittimo il pagamento di tasse da parte dei contribuenti per contribuire al “sistema Giustizia”, il Governo non aveva dimostrato che tale regime fosse il mezzo meno invasivo per conseguire tale obiettivo.
Discriminazione indiretta
La Suprema Corte ha poi ritenuto che il pagamento di costi più elevati per le domande di “tipo B”, all’interno delle quali sono ricomprese le cause di discriminazione, fosse irragionevole e discriminatorio nei confronti delle donne.
Conseguenze
La sentenza in commento riguarda sia le domande proposte in primo grado che in grado di Appello.
Come già anticipato, la Corte Suprema ha ritenuto un tale meccanismo illegittimo fin dalla sua entrata in vigore e quindi è stata abrogata la relativa disciplina. Sembra che il Governo dovrà ora rimborsare tutte le spese sostenute dai contribuenti (circa 32 milioni di sterline) fin dal luglio 2013, e che non potrà più esigerne il pagamento.
Una cosa è certa. In Inghilterra dovranno aspettarsi che il numero di cause aumenti nuovamente.
La decisione potrebbe spingere a qualche riflessione anche nel nostro paese, dove il contributo unificato è stato introdotto con chiari intenti deflattivi e quindi per ridurre il contenzioso (si pensi solo al processo amministrativo). Il che è un po’ come aumentare i ticket sanitari per impedire ai malati di accedere agli ospedali: un fine certamente contrario ai principi non solo costituzionali, ma democratici.
Particolarmente interessante è poi la parte della sentenza in cui si affronta il tema della discriminazione indiretta di cui la Suprema Corte dà una applicazione assai interessante per coerenza e progressività.
Month: July 2017
Ryanair batte ancora Inps. “Legittimi i versamenti in Irlanda”.
La Corte d’Appello di Brescia sposa la tesi dei giudici del primo grado
A marzo il Tribunale aveva rigettato la richiesta di 9 milioni da parte dell’Inps
di Francesca Magni
Anche in appello Ryanair batte INPS: “corretto versare i contributi in Irlanda”.
La Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo di marzo 2016: legittimi i versamenti contributivi irlandesi effettuati per il personale italiano di stanza a Orio al Serio. L’ente previdenziale aveva chiesto 9,4 milioni di euro per gli anni dal 2006 e il 2010.
“La sentenza – spiega l’avvocato Sergio Barozzi dello studio Lexellent, che ha difeso la compagnia con Stefania Bargellini – arriva dopo una decisione della Corte di Giustizia europea che nel confermare il divieto di doppia imposizione contributiva nei paesi membri, ha escluso che un tribunale locale possa sindacare la decisione di un altro stato membro che abbia rilasciato il certificato di conformità contributiva. L’eventuale questione sulla legittimità del documento e sul luogo di pagamento dei contributi in uno stato o in altro deve infatti essere affrontata in sede comunitaria”.
Ricordiamo che l’ente previdenziale aveva chiesto 9,4 milioni di euro per gli anni dal 2006 e il 2010. Ma il giudice di Bergamo aveva dato ragione alla compagnia aerea low cost: “Il luogo di lavoro di piloti e personale di cabina è l’aeromobile, e i velivoli sono registrati in Irlanda” per cui il personale Ryanair operante su aeromobili registrati in Irlanda è correttamente assunto e assicurato socialmente in Irlanda, e la compagnia ha versato correttamente in Irlanda i contributi previdenziali tra il 2006 e il 2010, sotto la legge dell’Ue.
“La Corte Brescia – continua Barozzi – non solo ha accertato la presenza dei certificati di conformità contributiva irlandesi (doc e101) e quindi la loro non sindacabilità da parte dell’Inps se non avanti alla commissione europea ma anche che, pur in assenza dei certificati, i lavoratori sarebbero comunque stati soggetti al regime previdenziale irlandese”.
Il giudizio della Corte di Appello conferma le posizioni espresse dalle sezioni lavoro dei Tribunali di Velletri, di Brescia e di Bologna, e dalla corte di appello di quest’ultima città, oltre che da molti tribunali in Europa, che hanno stabilito come il luogo di lavoro dell’equipaggio di una compagnia aera sia l’aeromobile dove svolgono le loro mansioni e ha confermato la legittimità delle certificazioni previdenziali relative (moduli E101) in assenza di un’impugnativa specifica di fronte a una corte europea.
“La questione -ricorda l’avvocato che ha difeso Ryanir- è stata affrontata da diversi tribunali e sotto svariati punti di vista (contributi, applicazione della legge irlandese ai contratti di lavoro, applicazione della normativa in tema di comunicazioni al ministero e profili burocratici). Con la sola eccezione di un precedente a Roma tutti i giudici (Velletri, Bologna, Bergamo, Brescia) hanno confermato la correttezza della posizione di Ryanair. Infatti, fino al 2012, quando la normativa è cambiata, la base di servizio, cioè il luogo da cui partono e arrivano gli equipaggi, non è determinante ai fini della individuazione del luogo dove devono essere pagati i contributi. E questo nell’interesse non già della azienda, ma bensì dei lavoratori”.
Dopo la sentenza della Corte d’Appello di Brescia l’Inps, probabilmente, valuterà se procedere o meno nel contenzioso ma “la società – conclude Barozzi – si augura che dopo questa decisione (la ottava a favore della compagnia aerea nei confronti di Inps e Ministero) si possa trovare un componimento della vicenda che lasciando alle spalle il contenzioso possa favorire lo sviluppo in Italia di rotte e aeroporti”.
Anche in appello Ryanair batte Inps: “Corretto versare i contributi in Irlanda”.
Anche in appello Ryanair batte Inps: “Corretto versare i contributi in Irlanda”
Nuova vittoria in un tribunale italiano per Ryanair. La Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo di marzo 2016 che aveva riconosciuto come legittimi i versamenti contributivi irlandesi effettuati per il personale italiano di stanza a Orio al Serio. Giovedì scorso, anche la Corte di Appello di Brescia, sezione Lavoro, ha dato ragione alla compagnia aerea, rigettando le istanze di Inps e Inail che contestavano la legittimità della certificazione previdenziale relativa ai dipendenti italiani di Ryanair.
“La sentenza – spiega l’avvocato Sergio Barozzi dello studio Lexellent, che ha difeso la compagnia con Stefania Bargellini – arriva dopo una decisione della Corte di Giustizia europea che nel confermare il divieto di doppia imposizione contributiva nei paesi membri, ha escluso che un tribunale locale possa sindacare la decisione di un altro stato membro che abbia rilasciato il certificato di conformità contributiva. L’eventuale questione sulla legittimità del documento e sul luogo di pagamento dei contributi in uno stato o in altro deve infatti essere affrontata in sede comunitaria”.
Ricordiamo che l’ente previdenziale aveva chiesto 9,4 milioni di euro per gli anni dal 2006 e il 2010. Ma il giudice di Bergamo aveva dato ragione alla compagnia aerea low cost: “Il luogo di lavoro di piloti e personale di cabina è l’aeromobile, e i velivoli sono registrati in Irlanda” per cui il personale Ryanair operante su aeromobili registrati in Irlanda è correttamente assunto e assicurato socialmente in Irlanda, e la compagnia ha versato correttamente in Irlanda i contributi previdenziali tra il 2006 e il 2010, sotto la legge dell’Ue.
“La Corte Brescia – continua Barozzi – non solo ha accertato la presenza dei certificati di conformità contributiva irlandesi (doc e101) e quindi la loro non sindacabilità da parte dell’Inps se non avanti alla commissione europea ma anche che, pur in assenza dei certificati, i lavoratori sarebbero comunque stati soggetti al regime previdenziale irlandese”.
Il giudizio della Corte di Appello conferma le posizioni espresse dalle sezioni lavoro deiTribunali di Velletri, di Brescia e di Bologna, e dalla corte di appello di quest’ultima città, oltre che da molti tribunali in Europa, che hanno stabilito come il luogo di lavoro dell’equipaggio di una compagnia aera sia l’aeromobile dove svolgono le loro mansioni e ha confermato la legittimità delle certificazioni previdenziali relative (moduli E101) in assenza di un’impugnativa specifica di fronte a una corte europea.
“La questione -ricorda l’avvocato che ha difeso Ryanir- è stata affrontata da diversi tribunali e sotto svariati punti di vista (contributi, applicazione della legge irlandese ai contratti di lavoro, applicazione della normativa in tema di comunicazioni al ministero e profili burocratici). Con la sola eccezione di un precedente a Roma tutti i giudici (Velletri, Bologna, Bergamo, Brescia) hanno confermato la correttezza della posizione di Ryanair. Infatti, fino al 2012, quando la normativa è cambiata, la base di servizio, cioè il luogo da cui partono e arrivano gli equipaggi, non è determinante ai fini della individuazione del luogo dove devono essere pagati i contributi. E questo nell’interesse non già della azienda, ma bensì dei lavoratori”.
Dopo la sentenza della Corte d’Appello di Brescia l’Inps, probabilmente, valuterà se procedere o meno nel contenzioso ma “la società – conclude Barozzi – si augura che dopo questa decisione (la ottava a favore della compagnia aerea nei confronti di Inps e Ministero) si possa trovare un componimento della vicenda che lasciando alle spalle il contenzioso possa favorire lo sviluppo in Italia di rotte e aeroporti”.
La Corte di Appello di Brescia conferma la legittimità della certificazione previdenziale per i dipendenti Ryanair.
Lo studio Lexellent ha assistito Ryanair dinanzi la Corte di Appello di Brescia relativamente alle istanze INPS e INAIL che contestavano la legittimità della certificazione previdenziale relativa ai dipendenti italiani della compagnia.
Il giudizio – si legge in una nota – conferma le posizioni espresse dalle sezioni lavoro dei Tribunali di Velletri, Brescia e Bologna, e dalla corte di appello di Bologna, oltre che da molti tribunali in Europa, che hanno stabilito come il luogo di lavoro dell’equipaggio di una compagnia aera sia l’aeromobile dove svolgono le loro mansioni e ha confermato la legittimità delle certificazioni previdenziali relative (moduli E101) in assenza di un’impugnativa specifica di fronte a una corte europea.
Lexellent ha assistito Ryanair con gli avvocati Sofia Bargellini e Sergio Barozzi.
Ryanair, legittimi i contributi versati ai dipendenti italiani anche in appello.
La compagnia è stata affiancata da Lexellent
Questo giudizio conferma le posizioni espresse dalle sezioni lavoro dei Tribunali di Velletri, di Brescia e di Bologna, e dalla corte di appello di quest’ultima città, oltre che da molti tribunali in Europa, che hanno stabilito come il luogo di lavoro dell’equipaggio di una compagnia aera sia l’aeromobile dove svolgono le loro mansioni e ha confermato la legittimità delle certificazioni previdenziali relative (moduli E101) in assenza di un’impugnativa specifica di fronte a una corte europea.
Lexellent con Ryanair per la certificazione previdenziale dei dipendenti.
Lexellent, con gli avvocati Sofia Bargellini e Sergio Barozzi, ha assistito Ryanair davanti alla Corte di Appello di Brescia relativamente alle istanze INPS e INAIL che contestavano la legittimità della certificazione previdenziale relativa ai dipendenti italiani della compagnia.
Il giudizio, si legge in una nota, conferma le posizioni espresse dalle sezioni lavoro dei Tribunali di Velletri, Brescia e Bologna, e dalla corte di appello di Bologna, oltre che da molti tribunali in Europa, che hanno stabilito come il luogo di lavoro dell’equipaggio di una compagnia aera sia l’aeromobile dove svolgono le loro mansioni e ha confermato la legittimità delle certificazioni previdenziali relative (moduli E101) in assenza di un’impugnativa specifica di fronte a una corte europea.
Legal Community Labour Awards 2017: i finalisti.
Ancora una volta lo studio Lexellent e i suoi professionisti rientrano nella rosa delle eccellenze all’interno dei Labour Awards di Legal Community per l’anno in corso.
Ecco le categorie in cui si attestano tra i finalisti:
- Studio dell’anno
- Avvocato dell’anno: Sergio Barozzi
- Studio dell’anno: relazioni industriali
- Avvocato dell’anno relazioni industriali: Sergio Barozzi
- Studio dell’anno: contenzioso
- Avvocato dell’anno contenzioso: Sergio Barozzi
- Studio dell’anno: consulenza del lavoro
- Studio dell’anno: labour restructuring
- Studio dell’anno: labour M&A
- Avvocato dell’anno labour M&A: Sergio Barozzi
- Studio dell’anno: penale
- Avvocato dell’anno penale: Paolo Aldrovandi
I Legal Community Labour Awards mirano a far emergere le eccellenze del mercato legale e più precisamente di quello dedicato al diritto del lavoro e ai direttori del personale. La giuria, composta da esperti e operatori del settore, esprime le proprie valutazioni sulla base delle candidature presentate dai diversi studi.
Le premiazioni si terranno a Milano durante la cena di gala prevista per il 21 settembre presso il Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci.
In attesa degli effettivi vincitori, i migliori auguri a tutti i concorrenti!
Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito di Legal Community a questo link.
La nuova disciplina delle mansioni: aziende e lavoratori a confronto.
AGAM, l’Associazione Giovani Avvocati di Milano, ha organizzato, per il prossimo 11 luglio, l’incontro dal titolo “La nuova disciplina delle mansioni: aziende e lavoratori a confronto”.
Tra i relatori anche Alessandra Rovescalli, avvocatessa dello studio Lexellent.
Ecco il programma:
Saluti iniziali:
– Avv. Marco B. Franzini, Presidente di AGAM
– Avv. Alessandro Izar, Vice Presidente di AGAM e Presidente della Commissione di Diritto del Lavoro “Angelo V. Izar”
Modera:
Avv. Francesco M. Cosi, membro della Commissione di Diritto del Lavoro “Angelo V. Izar”
Intervengono:
– Dott.ssa Giulia Marzia Locati, Giudice del Lavoro del Tribunale di Milano
Avv. Alessandra Rovescalli, studio legale Lexellent e membro della Commissione di Diritto del Lavoro “Angelo V. Izar” di AGAM
Ne discutono:
Dott.ssa Francesca Vismara, Recruiting Manager Italy & Career Development Manager South East Europe Region presso Bureau Veritas Italia s.p.a.
Dott. Andrea Pappalardo, HR Legal presso Fiera Milano s.p.a.
Avv. Giuseppe Goggi, Coordinatore dell’Ufficio Legale Nazionale di FNA
11 Luglio 2017 – ore 9.00 – 13:00 – Salone Valente (Palazzina ANMIG) – Via Freguglia 14, Milano.
L’evento è gratuito. I soci AGAM e AIGA possono iscriversi compilando il modulo di iscrizione online su www.agam-mi.it.
MAG – Legal Community “Leader senza Quota”.
Nell’ultimo numero di MAG – Legal Community, all’interno dell’articolo Leader senza Quota dedicato alle 30 avvocate protagoniste dell’ultimo anno, si parla di ASLA Women e della loro pubblicazione, il Codice delle Pari Opportunità. Una raccolta di leggi e norme vigenti che tutelano e valorizzano la diversità. 19 le autrici, tra cui Giulietta Bergamaschi, Hulla Bisonni e Alessandra Rovescalli dello studio Lexellent.
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