Chambers & Partners, una delle più importanti guide indipendenti nel settore legale al mondo, ha ancora una volta riconosciuto a Lexellent la posizione di Leading Law Firm nell’ambito del Diritto del Lavoro all’interno dell’edizione 2016 della loro guida.
Testualmente:
Per cosa è riconosciuta la squadra
Assiste i clienti su una vasta gamma di temi inclusi licenziamenti collettivi e individuali, discriminazione, trasferimenti d’azienda, pensioni e relazioni industriali. Ha recentemente ampliato la portata delle proprie competenze per coprire anche il tema della salute e della sicurezza nonché dei reati penali nel contesto giuslavoristico.
I punti di forza (Citazioni soprattutto da parte dei clienti)
“Gli avvocati capiscono i bisogni del cliente e sono pronti ad adattare il loro modus operandi a queste necessità.”
“La squadra copre tutte le tematiche del Diritto del Lavoro ed è in grado di offrire una visione internazionale cquale valore aggiunto.”
Professionisti degni di menzione
Le fonti frequentemente elogiano Sergio Barozzi per la sua “capacità di focalizzarsi sull’azienda e per il suo essere pratico” nonché “efficace e affidabile.” Spesso offre la propria consulenza nell’ambito delle negoziazioni sindacali, nella redazione di policy aziendali e nelle ristrutturazioni.
L’esperienza di Carlo Majer va dalle ristrutturazioni ai trasferimenti d’azienda fino al contenzioso. Lo definiscono “esperto” e viene apprezzato perché “sa fornire risposte veloci”, perché è attento ai problemi dei clienti e per saper fornire soluzioni efficaci.
Per ulteriori informazioni LINK
Month: April 2016
Sicurezza sul lavoro, attività criminosa di terzi e attentati terroristici: valutazione del rischio e responsabilità datoriale.
A seguito degli attentati di Bruxelles del 22 marzo scorso e di Parigi del 13 novembre 2015 (ma anche, e non solo, di quelli del 2 dicembre 2015 all’Inland Regional Center di San Bernardino, in California, e del 7 gennaio 2015, sempre a Parigi, alla sede del giornale “Charlie Hebdo”), intervenuti in locali commerciali aperti al pubblico o in uffici, luoghi della quotidianità lavorativa, risulta non solo opportuno ma anche doveroso affrontare il tema di un’eventuale responsabilità datoriale per morte o infortunio del lavoratore in conseguenza di un attacco terroristico sul posto di lavoro o, comunque, in occasione di lavoro.
La domanda che occorre porsi è la seguente: un datore di lavoro che, nel rispetto dell’obbligo, di ampissima portata, di cui all’art. 2087 c.c., abbia apprestato ogni misura di sicurezza concretamente possibile alla luce dell’evoluzione tecnica e scientifica relativa ai rischi creati direttamente dal proprio processo produttivo, ma non anche quelle discendenti dalla pericolosità del teatro sociale politico, economico ed ambientale nel quale la propria attività si esplica, va esente da responsabilità in caso di atti criminosi di terzi – ossia di rapine, sequestri o attentati terroristici – che abbiano causato infortuni e malattie professionali o fin anche la morte dei propri collaboratori?
Ebbene, il fulcro della questione è stabilire se tali eventi siano prevedibili e, come tali, valutabili, eliminabili o contenibili da parte del datore, predisponendo le adeguate misure di sicurezza, o se, invece, lo stesso possa sempre invocare la causa di forza maggiore o il caso fortuito, con l’effetto di escludere un’eventuale propria responsabilità.
La risposta, tutt’altro che banale, è, però, piuttosto semplice: l’obbligo di valutare ogni rischio per la salute e la sicurezza non può riguardare, acriticamente, tutti i possibili fattori di pericolo ai quali astrattamente e genericamente potrebbero essere esposti i lavoratori, bensì solo quelli che, sebbene “esogeni”, vale a dire di matrice esterna rispetto all’attività aziendale in senso proprio, abbiano la ragionevole e concreta possibilità, per frequenza e peculiarità settoriale, di manifestarsi all’interno di una determinata attività lavorativa.
Ciò significa, senza dimenticare che l’ordine e la sicurezza pubblici devono essere disciplinati e garantiti dallo Stato, che la valutazione del rischio attentati e aggressioni criminali, nonché l’attuazione delle relative misure di contrasto (variamente modulabili in relazione alla gravità dell’esposizione), potrà legittimamente pretendersi – sempre in stretto collegamento con le indicazioni e l’attività delle Forze dell’Ordine – solo in quei territori (in particolare all’estero nei Paesi c.d. “Hot Spot”) e in quegli ambiti produttivi per loro natura sensibili a tali minacce: in particolare, in aeroporti e stazioni, nei trasporti urbani ed extra urbani, nelle manifestazioni sportive o negli spettacoli musicali e teatrali, in ospedali, scuole e università, in alberghi e villaggi turistici, ma anche negli stabilimenti di produzione di sostanze, agenti o preparati nocivi per l’uomo e per l’ambiente; o, ancora, nel settore dell’energia, sia che si tratti di strutture di produzione che di centrali di distribuzione nelle aree urbane, nel settore delle forniture idriche, compresi gli impianti di potabilizzazione o distribuzione nella rete idrica urbana, nel settore dei trasporti di merci pericolose e in quello della raffinazione e dei depositi di carburanti con alte capacità di stoccaggio; o, più in generale, in tutti quegli ambienti affidati alla vigilanza delle Guardie Giurate “particolari”, qualora non gestiti direttamente dalle Forze dell’Ordine (e si fa riferimento, ad esempio, al rischio rapina, oramai doverosamente valutato e governato, ma solo nel settore bancario e postale, nel trasporto, custodia o maneggio di valori e nella distribuzione commerciale).
Secondo, quindi, la ricostruzione prospettata – peraltro condivisa da recente giurisprudenza – l’obbligo di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori renderebbe necessario per il datore l’apprestamento di adeguati mezzi di tutela anche nei confronti dell’azione criminosa di terzi nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione sia insita nella tipologia di attività esercitata nonché nelle plurime reiterazioni degli eventi in un determinato arco temporale e in un territorio definito.
Il Tribunale di Ravenna, in particolare, con decisione del 23 ottobre 2014, nel caso di un lavoratore, operante in cantiere sito in un Paese estero, infortunatosi in occasione di un attentato kamikaze ad opera di Al Qaeda, ha rinvenuto la responsabilità del datore di lavoro nell’art. 2087 c.c. quale noma di chiusura del sistema di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, osservando che l’infortunio subito dal lavoratore fuori dal cantiere per fatto compiuto da terzi possa ascriversi, dal punto di vista causale, anche a responsabilità del datore di lavoro quando vi sia collegamento eziologico tra il fatto e il lavoro e venga dimostrata la consapevolezza da parte dello stesso del rischio incombente sull’incolumità fisica dei propri lavoratori, avendo egli predisposto, in via precauzionale, solo alcune parziali – e, quindi, non sufficienti/adeguate – misure di salvaguardia per fronteggiare proprio quel tipo di rischio specifico verificatosi.
Nella specie, il giudice di prime cure, nella lunga motivazione, ha evidenziato che: “il rischio di attentati e di danni all’incolumità personale dei lavoratori in Algeria era una delle condizioni di rischio dell’attività di lavoro che l’impresa datrice svolgeva e che avrebbe dovuto fronteggiare con misure protettive adeguate, rispettando i dettami dell’art. 2087 c.c. Proprio in queste condizioni di rischio prevedibile, il lavoro diventa, sul piano obiettivo, una delle condizioni o antecedenti causali dell’evento lesivo (ex art. 42, c. 2 c.p.) ancorché commesso da terzi; per tale motivo, inoltre, non rileva che al momento del fatto il dipendente non stesse lavorando, ma si trovasse fuori dal cantiere”.
Concludendo, pare pertanto prudente ed utile che, in alcuni ambiti territoriali ed in alcuni settori intrinsecamente sensibili, ma non indistintamente in ogni attività di produzione o di scambio di beni e servizi, si proceda ad un aggiornamento della valutazione dei rischi lavorativi in relazione, appunto, all’esposizione da parte dei propri lavoratori al pericolo di attentati terroristici ed aggressioni criminali nel luogo o in occasione dei lavoro..
l’ECCELLENZA DI LEXELLENT E DEL SUO MONDO.
I complimenti di Lexellent allo studio Rebelot per aver vinto il 35° premio Andersen, edizione 2016, con la seguente motivazione: “Per la capacità di declinare una narrazione illustrata nelle forme di app, ebook, libro cartaceo, libretto d’opera. Per lo “sguardo lungo” che ha permesso di immaginare fin dall’inizio come Salis potesse adattarsi a supporti narrativi differenti senza perdere la propria identità. Per il coraggio di confrontarsi, come autori e illustratori che vengono dall’editoria cartacea, con le tecniche digitali e soprattutto con i lettori in corso d’opera, sapendoli coinvolgere in modo costruttivo”.
Rebelot è l’agenzia che ha fatto nascere il logo Lexellent e che da sempre cura la comunicazione visiva dello studio legale.
Per saperne di più, cliccare qui.
Proprietà Intellettuale sui Modelli di Business.
All’interno del processo di accompagnamento e formazione che Réseau-Entraprendre offre ai neo-imprenditori, siamo lieti di proporre un nuovo ed importante workshop organizzato insieme allo studio Lexellent, socio dell’organizzazione:
Proprietà Intellettuale sui Modelli di Business
19 maggio 2016
Ore 17-18
Studio Legale Lexellent
Via Borghetto, 3 – Milano
All’interno dello studio chi si occupa di Proprietà Intellettuale interferente con il diritto del lavoro, avrà il compito di spiegare alcune delle problematiche legate alle start up. Il workshop avrà l’obiettivo di fornire informazioni utili per l’avviamento di iniziative imprenditoriali “inedite”, per capire se e quando questo aspetto è suscettibile di monopolizzazione su base di diritto, quali sono i fattori che rientrano nella proprietà industriale secondo un’accezione normativa. Si parlerà di questo ed altro ancora per garantire agli operatori un bagaglio di informazioni legali, utili e concrete, per l’avvio della loro nuova attività.
Come consuetudine l’ingresso è libero previa iscrizione:
– mediante mail all’indirizzo lexellent@lexellent.it
– telefonando al numero 028725171
Per scaricare il materiale relativo al workshop, cliccare qui.
La Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia.
In occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia – IDAHOT (International Day Against Homophobia, Transphobia and Biphobia – l’avv. G. Bergamaschi prende parte all’evento organizzato da Parks in collaborazione con Deutsche Bank.
Programma:
14.00 – 15.00 Videoconferenza in diretta dalla sede di New York di Deutsche Bank in cui parteciperà Manvendra Singh Gohil of Rajpipla (Gujarat), il primo principe indiano apertamente gay.
15.00 – 15.15 Coffee break
15.20 – 15.30 Saluti e introduzione ai lavori
Roberto Parazzini, Responsabile di Wealth Management per il Sud Europa, Deutsche Bank
15.30 – 16.45 Tavola Rotonda
L’inclusione basata sull’orientamento sessuale in azienda, il caso Deutsche Bank. Patrizia Zambianchi, Managing Director, Presidente del Diversity Committee, Deutsche Bank
La filiazione e la genitorialità adottiva all’interno delle coppie omogenitoriali: situazione in Italia, legislazione e giurisprudenza. Ferdinando Poscio, Partner, Clifford Chance
Le persone transessuali e transgender in Italia: legislazione e giurisprudenza. Monica Romano, attivista e scrittrice
Istruzioni d’uso: adeguamento delle normative aziendali in seguito all’approvazione della legge sulle unioni civili. Giulietta Bergamaschi, Partner, Lexellent
Modera: Igor Suran
16.45 – 17.00 Q&A
17.00 – 17.30 Cocktail
Appuntamento per martedì 17 maggio a Milano dalle 14.00 alle 17.00 presso l’Auditorium di Deutsche Bank in Via Filippo Turati, 25 – Milano.
Per leggere l’intervento dell’avv. G. Bergamaschi, cliccare qui.
I controlli a distanza: come utilizzare le potenzialità offerte dal Jobs Act.
3° corso di aggiornamento professionale
Programma.
Per scaricare il materiale relativo al seminario cliccare qui.
Sede corsi: Milano – via Borghetto 3 – h. 9:00 – 13:00
La partecipazione è a numero chiuso.
Per informazioni e prenotazioni telefonare al numero 02 8725171 – lexellent@lexellent.it
Corso per giornalisti: “Giornalisti e Jobs Act”.
Lexellent, in collaborazione con Regione Lombardia e la cooperativa Primopiano, organizza il corso di formazione obbligatoria per giornalisti “Giornalisti e Jobs Act: una lettura critica con istruzioni per l’uso” che si terrà il 5 maggio 2016 nella Sala Biagi di Palazzo Lombardia (ingresso N4), Piazza Lombardia 1, Milano dalle 9.30 alle 13.30.
Il corso, riservato ai giornalisti iscritti all’Ordine nazionale in Lombardia, è gratuito e darà diritto ai partecipanti di ricevere 4 crediti formativi. Per poter partecipare gli interessati aventi diritto possono iscriversi on line sulla piattaforma SIGEF dell’Ordine dei giornalisti all’indirizzo https://sigef-odg.lansystems.it/sigef/login (Corsi di enti terzi) fino ad esaurimento posti.
Programma
Contrattazione di secondo livello.
Nella giornata di ieri si sono riunite presso lo Studio Lexellent, sedute intorno ad una tavola imbandita, alcune aziende leader nel settore dei trasporti che, tra appunti e slide, si sono confrontate sulle potenzialità di una corretta contrattazione collettiva di secondo livello alla luce della novella, guidate nella discussione dall’Avv. G. Scherini e dal Prof. F. Bacchini. I temi trattati sono stati, tra gli altri, quelli del premio di risultato e del welfare aziendale. Si è discusso, poi, di controlli a distanza e, in particolare, di consumi anomali di carburante e di sistemi di localizzazione satellitare. Interessanti riflessioni sono emerse, infine, con riguardo ai provvedimenti disciplinari ed alla declinazione dei comportamenti sanzionabili. Un incontro di lavoro conviviale ben riuscito che ha unito l’esperienza e la professionalità di tutti i presenti.
RICERCA LABOUR 2016 – TOP LEGAL
L’ultima ricerca della rivista Top Legal, nel settore lavoro 2016, ha evidenziato i successi di Lexellent nelle seguenti categoria:
Lavoro: consulenza straordinaria M&A
Lexellent – fascia 2
Sergio Barozzi – fascia 2
Lavoro: contenzioso
Lexellent – fascia 2
Sergio Barozzi – fascia 2
Lavoro: diritto sindacale e relazioni industriali
Lexellent – fascia 2
Carlo Majer – fascia 3
Top Legal è stato il primo periodico interamente dedicato al settore legale e uno dei principali player nel mercato.
Per ulteriori infromazioni www.toplegal.it
GIORNATA MONDIALE PER LA SALUTE E LA SICUREZZA SUL LAVORO.
Lexellent promuove la Giornata Mondiale per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro insieme a Fondazione Cineteca Italiana e Fondazione LiHS, in collaborazione con INAIL – Direzione Regionale prevista per il prossimo 28 aprile. Parteciperà quindi, con un proprio intervento, presso il Museo del Cinema (MIC) in occasione di una breve rassegna dal titolo Italia Loves Sicurezza dedicata alla cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro e di vita. Per maggiori informazioni http://oberdan.cinetecamilano.it/eventi/giornata-mondiale-per-la-salute-e-la-sicurezza-sul-lavoro/
Rilancio della produttività? La carta del welfare aziendale.
Un decreto prevede vantaggi fiscali sui premi di produttività dei lavoratori riconosciuti da contratti aziendali o territoriali. Benefici anche per le imprese se predispongono piani di welfare aziendale per questo scopo. Ma sindacati e piccole aziende sono pronti a una inedita stagione negoziale?
Premi di produttività detassati
L’aumento della produttività per ora lavorata in Italia resta nel 2015 il più basso di tutta l’area euro, secondo l’Ocse, nonostante il rallentamento del costo unitario del lavoro dal 2008. Recuperare produttività sembra l’obiettivo numero uno sia per il governo che per le parti sociali, tanto che ne parlano tutti: Confindustria, ministero del Lavoro, sindacati.
Ma come ne parlano? Sembra che la produttività sia una funzione salariale su cui incidere attraverso la contrattazione collettiva. La negoziazione sulla produttività diventa la ricetta per contenere l’incremento del costo del lavoro, ridurre il cuneo fiscale, spartire ricchezza e tornare a crescere.
In attesa di un’evoluzione delle dinamiche retributive del contratto collettivo nazionale (magari con funzione di garanzia salariale, come proposto da Federmeccanica), dalle parole si è passati a un primo fatto.
I ministri del Lavoro e dell’Economia hanno firmato il decreto 25 marzo 2016 con cui si definiscono i criteri per raggiungere gli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione. A questi criteri si può legare la corresponsione di premi di risultato di ammontare variabile o di somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. Il limite è di 2mila euro lordi all’anno, che possono arrivare a 2.500 per le aziende che coinvolgeranno i dipendenti nell’organizzazione del lavoro. Il tetto massimo di reddito del lavoratore per usufruire dell’incentivo è di 50mila euro lordi annui. Ai premi si applica una tassazione del 10 per cento che sostituisce Irpef, addizionali regionali e comunali.
È indispensabile, però, che i premi siano erogati in esecuzione di contratti collettivi di secondo livello, aziendali (stipulati da Rsu o Rsa) o territoriali, in entrambi i casi negoziati con il sindacato più rappresentativo a livello nazionale. Ed è un problema perché le aziende che utilizzano questi contratti sono meno del 30 per cento e per la maggior parte con più di cinquecento addetti. Ma è proprio all’interno di questi contratti che dovranno essere regolati i “criteri di misurazione e di verifica” previsti dal decreto e che possono consistere nell’aumento della produzione, in risparmi dei fattori produttivi, nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi anche attraverso la riorganizzazione dell’orario di lavoro (con esclusione dello straordinario) o dal ricorso al lavoro agile. L’elenco deve essere specificato nella dichiarazione di conformità del contratto “redatta dal datore secondo il modello dell’allegato I e depositata entro 30 giorni dalla sottoscrizione presso la Direzione territoriale del lavoro”. Nel modello sono elencate venti tipologie di indicatori di risultato (diciannove più una, lasciata alla determinazione delle parti). Fra questi il volume della produzione, il fatturato o il valore aggiunto (come da bilancio) divisi il numero dei dipendenti, il margine operativo lordo diviso il valore aggiunto, gli indici di soddisfazione del cliente, la riduzione degli scarti di lavorazione, il miglioramento dei tempi di consegna, la riduzione dell’assenteismo, il numero di brevetti depositati, la riduzione degli infortuni, la riduzione dei consumi energetici e altri ancora.
Le risorse finanziarie previste (in media 323 milioni all’anno fino al 2022,) reperite attraverso la riduzione del Fondo per l’occupazione, sono tuttavia molto scarse.
Esempi di welfare aziendale
Fin qui, il vantaggio fiscale è solo per il lavoratore: sugli importi degli incentivi l’azienda è soggetta al costo del lavoro ordinario non essendo più prevista la decontribuzione. Le cose cambiano se il datore predispone, invece, un “piano di welfare aziendale”, ossia se offre una gamma di vantaggi per soddisfare i bisogni sociali del dipendente (sempre meno garantiti dal welfare pubblico) e il lavoratore sceglie di fruirne in sostituzione, in tutto o in parte, del premio in denaro.
Fra i “benefit” previsti le erogazioni relative a buoni pasto, servizi di trasporto collettivo, previdenza e assistenza sanitaria integrativa, ormai quasi scontati. Meno scontati i voucher per servizi di educazione e istruzione dei figli compresi servizi integrativi (lezioni private) e sostitutivi di mensa, l’accesso a ludoteche e centri vacanze, le borse di studio, i servizi di ricreazione (palestre, corsi di ballo), culturali (libri, teatro, cinema) e di assistenza sociale fra cui quelli per i familiari anziani o non autosufficienti.
Due le possibili forme di remunerazione: l’erogazione di beni in natura (i più tipici sono i tradizionali pacchi alimentari) che non devono superare il valore complessivo di 258,23 euro all’anno per lavoratore. L’erogazione di servizi, invece, non ha limiti di importo (salvo casi specifici come la previdenza o prestazioni sanitarie integrative). In ogni caso, le prestazioni possono essere oggetto di contrattazione sindacale o di regolamento aziendale o di “atti di liberalità”. Diversamente dal premio in denaro, non sono necessariamente legate al raggiungimento di obiettivi e non costituiscono reddito per il lavoratore (non sono soggette nemmeno all’imposta sostitutiva del 10 per cento), non determinano imposizione contributiva e fiscale per il datore di lavoro.
Basterà per rilanciare la produttività? Resta da capire se quel 70 per cento di piccole e medie imprese che, fino a oggi, ha tenuto contrattazione e sindacati fuori dalla porta è culturalmente pronta ad aprirsi, così come resta da capire se il sindacato è pronto a gestire una nuova stagione negoziale in azienda. O se, invece, si finirà per scegliere la strada più “facile” del welfare aziendale offerto, anche senza accordo, a tutti i lavoratori o a gruppi omogenei di essi.