Giuslavoristi alla sfida dell’intelligenza artificiale – Il Sole 24 Ore – 30 settembre 2019

Pagina a cura di Dario Aquaro e Valentina Melis
Sfruttare la tecnologia, per lasciare alle macchine il lavoro più rutinario e concentrarsi sulle consulenze a maggior valore aggiunto, anziché concepirla come una minaccia. Con l’avvertenza, soprattutto per gli studi più piccoli, che bisogna restare al passo con i tempi, per non essere “sostituiti” dall’automazione.
È una delle sfide sulle quali si confronteranno questa settimana a Verona gli avvocati giuslavoristi italiani, al convegno della loro associazione nazionale (Agi), da giovedì a sabato. Il titolo è «I tempi e i luoghi del lavoro»: la riflessione su come sono cambiati orari e spazi delle prestazioni si intreccerà con quella sui cambiamenti in corso nelle aziende e sul futuro degli avvocati del lavoro, che più di altri, fra i legali, vivono a stretto contatto con i clienti, siano datori o lavoratori. Gli iscritti all Agi sono 2mila.
Posto che con l’uso dell intelligenza artificiale si possono scandagliare migliaia di documenti e sentenze, eliminando ore di lavoro dello studio (finora fatturate al cliente), quale è l’attività ad alto valore aggiunto che resta al giuslavorista?
……
La spinta all aggregazione
I più “piccoli” si organizzano per fare rete. Ad esempio Lexellent, boutique specializzata in diritto del lavoro, è parte di un network con altri studi esteri (in Europa e uno in Cina), basato su una piattaforma tecnologica di condivisione e confronto. «Una sorta di gestionale internazionale – lo definisce la managing partner Giulietta Bergamaschi – usato sia per aspetti tecnici, sia amministrativi. Inoltre – aggiunge – stiamo pensando di aggregare intorno a progetti di intelligenza artificiale altre realtà come la nostra, creare sinergie con altri studi per acquistare prodotti sul mercato e accogliere risorse con competenze tecnologiche». 

Lexellent all’ottava edizione del LGBT People at Work Business Forum

Domani, 27 settembre 2019, Giulietta Bergamaschi parteciperà al LGBT People at Work Business Forum, quest’anno alla sua all’ottava edizione, con una relazione sul quadro legislativo nella sessione “L’utilità dell’inclusione: genitorialità sociale”.
Per programma, iscrizioni e altre informazioni utili, cliccare qui.

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9.00 – 9.30 Registrazione
9.30 – 10.15 Saluti di benvenuto
10.15 – 11.30 PLENARIA – Il potere delle convers(az)ioni
Convers(az)ioni (il potere della Gaussiana):
– Donato Iacovone, CEO EY Italia, EY Managing Partner Italia, Spagna e Portogallo
– Gerd Pircher, CEO Italy, HSBC
Siamo tutti coinvolti: cosa ci guadagno?
– Giada Anania, Team Leader, Vector SPA
– Domenico Luciani, TIM
– Chiara Massa, Country Safety Manager, EY
– Gabriele Paini, Technical Development Manager, Barilla
Modera: Igor Suran, Direttore Esecutivo, Parks – Liberi e Uguali
11.30 – 12.00 Caffè e networking
12.00 – 13.00 SESSIONI PARALLELE
1) Il costo della coazione a ripetere:
 startup e sindrome del mini-me:
Conversazione con:
– Anna Chiara Gaudenzi, Direttrice Responsabile, StartupItalia
– Linda Serra, Founder & CEO, Work Wide Women
Modera: Giampaolo Colletti, Digital communication manager, giornalista e storyteller
2) Il potere del talento: candidati LGBT e 
recruiting
– Regole, procedure e protocolli aziendali: metodologie
– La valutazione dei candidati
Gestisce: Andrea Notarnicola Cociani, Partner Newton
3) L’utilità dell’inclusione: genitorialità sociale

– Quadro legislativo:
Giulietta Bergamaschi, Managing Partner, Lexellent
– Esperienze aziendali:
– Sarah Bonte, Corporate Social Responsibility, CNP-Vita
– Manfredi Rimbotti, Responsabile Relazioni Sindacali, Findomestic
Modera: Ferdinando Poscio, Partner, Clifford Chance
13.05 – 13.15 La forza del cambiamento:
Conversazione con Gianmarco Negri, Avvocato e Sindaco di Tromello (Pavia)
13.15 – 14.15 Pranzo
14.15 – 14.45 Pièce teatrale: 
Angels in America
Con Elio De Capitani, Ida Marinelli e Angelo Di Genio
14.45 – 16.00 PLENARIA – Quando la matematica non ha potere:
 l’intersezionalità delle differenze
Esperienza aziendale:
Stephane Codeluppi, Onboard Sales&Key Positions Performance, Talent&Development and D&I Manager Fleet Hotel HR, Costa Crociere
La teoria:
– Paolo Valerio, Professore Onorario di Psicologia Clinica, Università Federico II, Presidente Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere
– Barbara Giovanna Bello, Postcod researcher, Università degli Studi di Milano
Le testimonianze:
– Arianna Forzani, Expenses Manager, IBM
– Alma Laura Hernández Luja, Disegnatrice, fotografa e attivista IAM
– Karla Jessica Reyes Villegas, Compositrice, artista e attivista IAM
– Vincenzo Speranza, Consulente Direct Banking, BNL Gruppo BNP Paribas
Modera: Milena Cannavacciuolo, Direttrice del sito LezPop.it
16.00 – 17.15 PLENARIA – Il costo del potere. Molestie sessuali
Non è una battuta:
– Barbara Falcomer, Direttrice Generale, ValoreD
– Igor Suran, Direttore Esecutivo Parks – Liberi e Uguali
Il costo economico, legale e sociale delle molestie:
– Emanuele Recchia, Head of Industrial Relations, Labour Policies and Welfare, Unicredit
– Giulia Zacchia, Ricercatrice in Economia politica presso il Dipartimento di Scienze Statistiche di Sapienza Università di Roma
Testimonianze
Modera: Maria Cristina Origlia, Giornalista economica
17.15 – 17.30 Saluti finali

Riders e platform workers. La tutela (incompiuta) del lavoro digitale

Pubblichiamo di seguito l’editoriale del Prof. Francesco Bacchini per IPSOA – Quotidiano, che torna sul tema dei lavoratori delle piattaforme digitali, riders e consimili, e sull’opportunità di una decretazione d’urgenza.

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Un decreto d’urgenza per i riders? Che sono circa il 10%, 10.000 quelli che lavorano per le piattaforme di food delivery, del decisamente più vasto fenomeno della gig economy digitale, lavori on demand che si incontrano on-line attraverso apposite piattaforme digitali? Numeri significativi, ma certo non al punto, soprattutto per quanto riguarda i rider, da necessitare una decretazione d’urgenza, per giunta asistematica e incompleta. Infatti, benché riferito universalmente alla tutela del lavoro tramite piattaforma (anche) digitale, il campo di applicazione delle tutele lavoristiche è limitato ai soli rider che consegnano beni in città, con buona pace di tutti gli altri (molti) lavoratori che forniscono beni e servizi tramite piattaforme non solo digitali. E che dire della retribuzione?

L’ennesimo decreto legge in materia di lavoro. Ma davvero siamo sempre di fronte a casi straordinari di necessità e di urgenza che consentono al Governo di emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria anche senza delegazione delle Camere?
Per quanto riguarda il D.L. n. 101/2019, rubricato “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali”, se necessità e urgenza possono ravvisarsi in relazione alla risoluzione delle crisi aziendali (ILVA in particolare), così non pare per le opinabili e controverse disposizioni in materia di lavoro tramite piattaforme digitali o, più precisamente e, purtroppo, limitatamente, di lavoro digitalmente intermediato, consistente “in attività di consegna di beni per conto altrui in ambito urbano”(i riders), infilate alla bell’e meglio nel D.Lgs. n. 81/2015.
 
Leggi anche Lavoratori digitali: personaggi in cerca d’autore… e di tutele
 
Infatti, secondo una recente indagine (Fondazione Rodolfo Debenedetti i cui risultati preliminari sono riportati nel rapporto INPS 2018) i rider sono circa il 10%, 10.000 quelli che lavorano per le piattaforme di food delivery, del decisamente più vasto fenomeno della gig economy digitale (lavori on demand che si incontrano on-line attraverso apposite piattaforme digitali) che vede occupati, in maggioranza in modo intermittente di breve durata e per breve tempo, circa 700.000 lavoratori.
Numeri significativi in generale, ma certo non al punto, soprattutto per quanto riguarda i rider, da necessitare una decretazione d’urgenza, per giunta asistematica e incompleta.
L’analisi dell’intervento normativo teso a tutelare il lavoro tramite piattaforma digitale deve essere condotta su due istituti che il legislatore consapevolmente distingue, ma che, forse suo malgrado, risultano inevitabilmente connessi: il primo è rappresentato dalla collaborazione organizzata dal committente della quale si pretende di precisare (inutilmente) l’ambito di operatività delle “disposizioni” precettive, estendendolo espressamente ai platform worker tutti, digitali e non; il secondo è l’introduzione di una ulteriore nuova disciplina della prestazione di lavoro non subordinato e, quindi, autonomo che, apparentemente, sancisce tutele minime per tutti i platform workers anche se, in concreto, si limita a prevederle solo per i rider.
 
Ma andiamo con ordine, per quanto possibile, cercando di trovare, sempre che ve ne siano, i tratti sistematici del provvedimento normativo.
La scelta del Governo è stata, innanzitutto, quella di tentare di disciplinare la materia rifugiandosi, forzandone la mano in termini di fattispecie, nella già travagliata e caotica interpretazione applicativa dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015.
E’ possibile ritenere che tale scelta sia stata indotta dalla sentenza della Corte d’Appello di Torino relativa alla vicenda dei riders di Foodora, secondo la quale, diversamente dall’interpretazione fatta propria dal giudice di prime cure, ravvedendo nella richiamata disposizione il tertium genus fra subordinazione (etero diretta ed etero organizzata) e collaborazione continuativa consensualmente coordinata fra le parti (auto organizzata e diretta), i ciclofattorini devono essere qualificati collaboratori organizzati dal committente (non etero diretti però etero organizzati) reputandosi la fissazione della turnistica, delle zone di partenza, degli indirizzi di consegna da parte della piattaforma, condizione idonea a provare l’organizzazione impositiva altrui, da cui deriva, nei loro confronti, l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, compatibile, aggiungiamo noi, con l’attività comunque autonoma, siccome effettivamente prestata nella vigenza del rapporto contrattuale.
 
Prescindendo dalla condivisibilità o meno dell’arresto giurisprudenziale, che si fonda sulla controversa e opinabile distinzione fra etero direzione e etero organizzazione quali condizioni genetiche distinte della subordinazione lavorativa e, in relazione alla seconda, sulla ritenuta sufficienza a configurare, nella sola unilaterale (ammesso e non concesso che, nel caso di specie, lo fosse) determinazione del tempo e del luogo della prestazione da parte del committente (svalorizzando quel “anche” il quale parrebbe ricondurla all’interno della più ampia organizzazione delle modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro che tanto ha fatto discutere) il presupposto per l’applicazione alla collaborazione autonoma della disciplina della subordinazione, l’aggiunta all’art. 2, comma 1, della previsione secondo la quale le disposizioni in esso contenute “si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”, risulta, in ogni caso, del tutto inutile.
 
Inutile in quanto, non potendo in alcun modo attribuire al provvedimento natura di presunzione legale riguardo all’etero organizzazione del lavoro tramite piattaforma (anche) digitale (come, invece, parrebbe ricavarsi dalla lettura della definizione di piattaforma digitale di cui al comma 2, dell’art. 47-bis contenuto nel nuovo Capo V-bis e sembrerebbe adombrarsi nella relazione tecnica al D.L. n. 101/2019), né relativa (iuris tantum) né, men che meno, assoluta (iuris et de iure), sarà sempre e comunque il giudice a valutare la sussistenza, nel caso di specie, delle modalità esecutive della prestazione di lavoro unilateralmente determinate dal committente anche (ma non solo?) con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro e, conseguentemente, ad applicare ai collaboratori etero organizzati dalle piattaforme, digitali e non, gli istituti tipici del lavoro subordinato: retribuzione diretta, indiretta e differita da CCNL, contribuzione previdenziale, ferie, riposi, malattia, tutela della genitorialità, tutela di sicurezza e salute e assicurazione INAIL, solo per citare quelli compatibili e già riconosciuti dalla giurisprudenza di merito anche prima del 5 settembre, data di pubblicazione del D.L. in G.U. e di entrata in vigore della novella.
Ma i dubbi sulla “sensatezza” del disegno normativo contenuto nel D.L. n. 101/2019 nella parte relativa alla tutela del lavoro tramite piattaforma anche digitale aumentano non poco alla luce del nuovo Capo V-bis del D.Lgs. n. 81/2015, specialmente se interpretato in combinazione con la modifica dell’art. 2, comma 1, del medesimo decreto, della quale si è appena trattato.
 
Infatti, benché riferito universalmente alla tutela di tale modalità di prestazione del lavoro, i destinatari delle tutele in realtà sono esclusivamente i prestatori occupati con rapporti di lavoro non subordinato impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui (soltanto) in ambito urbano che utilizzano biciclette (velocipedi) o motorini a due, tre o quattro ruote (anche elettrici) che non superino i 50 cm cubici e la velocità di 50 km/h (veicoli a motore di cui all’art. 47, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 285/1992).
Il campo di applicazione soggettivo delle tutele lavoristiche è, quindi, limitato ai soli riders che consegnano beni in città, con buona pace di tutti gli altri (molti) lavoratori che forniscono beni e servizi tramite piattaforme non solo digitali.
Pure la definizione di piattaforma digitale (quella di piattaforma non digitale, implicitamente evocata dall’uso della congiunzione “anche”, non è stata fornita, ma la relazione tecnica al decreto la esemplifica ricorrendo ai sistemi di smistamento di chiamate telefoniche, vale a dire il centralino del radiotaxi) risulta, di conseguenza, assai parziale e marginale e ciò in quanto limitata ai programmi e alle procedure informatiche di ogni impresa che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, organizza (unicamente) le attività di consegna di beni, fissandone il prezzo e determinando le modalità di esecuzione della prestazione.
 
Ai riders, espressamente qualificati lavoratori non subordinati, ma implicitamente organizzati dal committente-piattaforma digitale (e non), si applicano, dunque, alcune tutele minime e, segnatamente: quella retributiva, quella dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e quella in materia di sicurezza e salute del lavoro (sancendosi, par di capire, l’applicabilità nei loro confronti di tutti gli adempimenti di cui al D.Lgs. n. 81/2008 a cura e spese dell’impresa che si avvale della piattaforma anche digitale, la quale assume, quanto meno in chiave antinfortunistica, la posizione di garanzia del datore di lavoro).
 
Se poi i riders risulteranno iscritti alla gestione separata INPS (e non ad altre forme previdenziali obbligatorie) e rispetteranno i requisiti di cui all’art. 2-bis del D.Lgs. n. 81/2015, introdotto dal D.L. n. 101/2019, ad essi sarà riconosciuta: l’indennità giornaliera di malattia, l’indennità di degenza ospedaliera, il congedo di maternità e il congedo parentale.
Essendo stata al centro del dibattito politico e giuridico, la questione della determinazione della retribuzione dei riders merita un sintetico approfondimento, segnalando, fin da subito, che il tanto sbandierato divieto di cottimo a favore di una paga oraria (previsto ad esempio dalla legge della Regione Lazio n. 4 del 2019) è stato compromesso dalla fissazione di una specie di cottimo misto, ossia: una parte di corrispettivo è legato alla consegna, ma non deve essere prevalente, e un’altra parte è riconosciuta in base alle ore di lavoro, ma ciò a patto che il rider accetti almeno una chiamata per ciascuna ora di disponibilità al lavoro (previsione problematica nella misura in cui non risultasse concretamente possibile, per il gran numero di riders disponili, rispondere ad almeno una chiamata all’ora). Sulla base di questa regolazione rigida del corrispettivo, il Governo rinvia alla contrattazione collettiva (da intendersi tanto di primo come di secondo livello) che potrà definire schemi di retribuzione modulare e incentivante che tenga conto delle modalità di esecuzione e dei diversi modelli di organizzazione del servizio. Tale rinvio, di difficile attuazione, visto che non esiste una organizzazione sindacale datoriale delle imprese che si avvalgono di piattaforme e considerato che, anche a livello aziendale o territoriale, è improbabile la costituzione di rappresentanze sindacali dei lavoratori dotate di maggiore rappresentatività comparata sul piano nazionale (le quali, peraltro, hanno costruito, nel CCNL logistica e trasporto merci, la figura del rider sulla subordinazione intermittente e non sulla collaborazione autonoma), finirà per restare lettera morta a tutto vantaggio della regolazione datoriale di cui al contratto di individuale di lavoro.
 
Prescindendo dalla reale effettività delle tutele (a fronte di diffusi episodi di illegalità, alcuni dei quali decisamente gravi come il presunto “caporalato” sul quale indaga la Procura della Repubblica di Milano) anche in relazione all’incerta qualificazione giurisdizionale della prestazione di lavoro, dalla disciplina contenuta nel D.L. n. 101/2019 deriva, comunque, una singolare situazione: per quanto riguarda i riders e solo per loro, benché collaboratori organizzati dalla piattaforma, valgono i diritti riconosciuti dal nuovo Capo V-bis del D.Lgs. n. 81/2015, mentre per tutti gli altri platform workers, nel caso in cui il giudice li valuti come tali, si applicheranno, ex art. 2, comma 1, del medesimo decreto, le ben maggiori tutele, soprattutto retributive, previste per il lavoro subordinato, la qual cosa, a ben vedere, suona proprio come una beffa.
 
L’articolo disponibile anche qui.
 

Giulietta Bergamaschi tra le esperte di Women In Business Law 2019 selezionate da Expert Guides

E’ con grande piacere che annunciamo che la nostra Managing Partner Giulietta Beragamaschi è stata inserita nell’edizione 2019 di Women in Business Law, stilata da Expert Guides.
In dettaglio Giulietta Bergamaschi è stata inserita nell’elenco di esperte della categoria Labour & Employment per l’Italia.
Con l’occasione porgiamo i nostri complimenti a Marijke Granier Guillemarre Founding Partner di MGG Legal, nominata per la Francia, e a Sonia Cortés García, Partner di Abdón Pedrajas, per la Spagna, con cui condividiamo la membership in ELLINT Employment & Labour Lawyers International.
Expert Guides svolge analisi nel mercato legale mondiale da oltre 20 anni ed è diventata una delle risorse più affidabili per la ricerca internazionale di servizi legali.

GALLERY FOTOGRAFICA – Lexellent al Global Inclusion

Si è svolto a Bologna, lo scorso 11 settembre, l’evento Global Inclusion, iniziativa senza fini di lucro e senza fede politica costituita con l’intenzione di valorizzare il contributo delle politiche di inclusione all’interno delle aziende come leva competitiva per lo sviluppo delle organizzazioni e del Paese.
La nostra Managing Partner Giulietta Bergamaschi tra i relatori sul tema “L’educazione inclusiva nelle aziende” e il nostro Partner Marco Chiesara nel panel “Il mito della purezza: l’alleanza profit e non profit”
Pubblichiamo qui di seguito una serie di foto scattate durante l’evento.
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Occorre affiancare le aziende nell’adozione di nuove policy – Marco Chiesara di Lexellent interviene su Italia Oggi Sette

Pubblichiamo di seguito l’articolo in materia di smart working pubblicato da Italia Oggi, per la rubrica “Il parere degli studi legali”, con l’intervento di Marco Chiesara.

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Gli aspetti giuridici dello smart working sono ben conosciuti dagli studi legali che affiancano le aziende.
[omissis]
Secondo Marco Chiesara, partner di Lexellent, “la maggior preoccupazione consiste nell’impatto che questo strumento ha sui risultati aziendali, sia sotto il profilo quantitativo sia sotto quello qualitativo. Per questa ragione alcune aziende hanno introdotto progetti sperimentali di smart working, riservati a un perimetro di attività e categorie di dipendenti ben definite, e contestualmente hanno attivato un sistema di monitoraggio per valutare l’impatto e le ulteriori modifiche organizzative necessarie alla miglior implementazione di questa modalità di lavoro. [omissis]
L’intero contributo è disponibile qui.

Il burnout e la gestione (fallimentare) dello stress lavorativo

L’ultimo articolo del Prof. Francesco Bacchini sul tema del burnout lavorativo, per il numero di settembre di HR Online, periodico dedicato alle Risorse Umane di AIDP.

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L’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), nell’11a revisione della classificazione internazionale delle malattie (ICD-11) datata 28 maggio 2019(che entrerà però in vigore nel gennaio del 2022), ha qualificato il burnout nei termini di “fenomeno professionale”.
Nello specifico, il burnout è inteso non quale malattia o condizione di salute, bensì nel capitolo: “Fattori che influenzano lo stato di salute o il contatto con i servizi sanitari”, all’interno del quale vengono incluse le cause per cui le persone si rivolgono al sistema sanitario.
L’OMS imputa il burnout alle inefficienze (con esiti irreversibili) della gestione dello stress lavorativo, in quanto “sindrome concettualizzata come conseguenza dello stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo”.
Sicché, alla luce delle recenti acquisizioni in argomento, il burnout integra un rischio psicosociale di portata generale, che può materializzarsi in qualsiasi organizzazione di lavoro, anche al di là dei contesti professionali “tipici” da cui, storicamente, trae origine.
Proprio alla luce di tali considerazioni non sembra dunque più possibile intendere il burnout (termine che rimanda, letteralmente, alla vicenda del “bruciarsi” o “consumarsi”) quale epilogo di un processo stressogeno cronico che si ambienta sullo sfondo delle sole c.d. “helping professions”; attività, cioè, che si traducono in mansioni di aiuto, ascolto e cura in favore di soggetti comunque in stato di precarietà emotiva, incapaci di provvedere alla cura di sé, e perciò necessitanti di costante supporto: è il caso, in particolare, di addetti a reparti di pronto soccorso o specializzati in patologie croniche e invalidanti (psichiatrici, oncologici o di terapia intensiva) ma anche di operatori dei servizi sociali e scolastici, nonché di psicologi, agenti delle forze dell’ordine e di polizia penitenziaria o addetti al volontariato socio-assistenziale.
Il burnout si pone, dunque, quale vera e propria “sintomatologia da stress” (che comprende: fenomeni di affaticamento, logoramento, esaurimento emotivo, depersonalizzazione, ridotta realizzazione personale e improduttività lavorativa, ma anche una costellazione di altri sintomi come somatizzazioni, apatia, eccessiva stanchezza, risentimento, infortuni), direttamente riconducibile all’obbligo di tutela della salute dei lavoratori e alla valutazione dei rischi lavorativi.
Leggendo, infatti, il profilo scientifico del burnout in funzione del T.U.S.L (d.lgs. n. 81/2008), non può non osservarsi come, ai sensi dell’art. 2, co 1, lett. o), esso rientri a pieno titolo in una definizione di “salute” (sul lavoro) di tenore talmente ampio da risultare onnicomprensiva, rilevando quale “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”.
La stessa totalizzante vocazione sociale al benessere psico-fisico ispira anche l’art. 28 del medesimo decreto, a tenore del quale il datore di lavoro è obbligato a valutare, tra l’altro, i rischi connessi allo stress lavoro-correlato (definito dall’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, integralmente recepito dall’accordo interconfederale 9 giugno 2008, come “una condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali, che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative […]).
La normativa richiamata si pone, quindi, quale espressione di quel percorso giuridico – sociale volto ad orientare le condizioni organizzativo-ambientali del lavoro alla prioritaria tutela della dignità del dipendente: processo, questo, tutt’altro che compiuto, nella misura in cui impone che la gestione aziendale dello stress correlato al lavorosi confronti con le più recenti acquisizioni di psicologia e psichiatria anche sociali.
In altri termini, l’emergere di inediti disagi individuali legati ai target economici, alla valutazione delle performance, ai conflitti interpersonali, all’intensità dei ritmi lavorativi, all’eccessivo affaticamento sul posto di lavoro determina, inevitabilmente, il dilatarsi del novero delle circostanze “stressogene”, in quanto tali lesive della salute del lavoratore.
E’, quindi, un campo d’indagine sempre in continuo divenire quello entro cui vanno condotte sia, in via preliminare, la valutazione del rischio stress, sia, successivamente, la classificazione degli interventi in termini di prevenzione primaria, secondaria e terziaria (da attuare in conseguenza, rispettivamente, dell’orientamento al contrasto delle fonti, della finalità di gestione e di impedimento delle situazioni, della focalizzazione sulla gestione negativa dello stress che si è già manifestato).
Rimane comunque fermo che, così come lo stress, anche il burnout rileva, ai fini lavoristici, soltanto qualora tragga origine da fattori propri del contesto occupazionale ed estranei a dinamiche della vita privata, soprattutto familiare; non è, quindi, infondato ritenere che la novità sia di maggior pregio (non già sul piano strettamente giuridico il quale, per ora, resta del tutto invariato, ma) perché, essenzialmente, recepisce ed estende il consolidato indirizzo scientifico in materia di processi stressogeni cronici lavorativi con esito patologico.
Ciò in disparte, nessun dubbio, dall’entrata in vigore della nuova classificazione, in merito all’obbligo di valutare e gestire le fonti e le situazioni potenzialmente sfocianti nella sindrome da burnout; il che, evidentemente, a tutela di dignità e produttività del lavoro, della salute del singolo, così come del benessere aziendale.
L’articolo disponibile anche qui.

Al via il bando #Conciliamo

Con comunicato dello scorso 26 agosto, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia ha pubblicato il bando #Conciliamo.
Si tratta di un’iniziativa rivolta ad imprese, società cooperative o soggetti collettivi con almeno 50 dipendenti a tempo indeterminato nel territorio nazionale, per finanziare l’avvio o la prosecuzione di progetti di welfare aziendale in tema di conciliazione dei tempi di vita e lavoro.
Le proposte potranno riguardare, in via esemplificativa, misure di flessibilità oraria e organizzativa (quali part – time, permessi o congedi), promozione e sostegno della natalità e della maternità, servizi di supporto alle famiglie (ad esempio, asili nido o scuole dell’infanzia aziendali), tutela della salute dei dipendenti (anche attraverso specifici programmi di prevenzione adottati dai datori di lavoro).
Le domande dovranno essere inoltrate, insieme alla documentazione prescritta dal bando stesso, entro il 15 ottobre 2019.
Per ulteriori informazioni clicca qui
Per leggere il bando completo clicca qui

Giovanni Battista Benvenuto nominato Presidente della Fondazione “I Pomeriggi Musicali”

Giovanni Battista Benvenuto è stato nominato Presidente, nonché membro del Consiglio di
Amministrazione della Fondazione “I pomeriggi musicali”, prestigioso incarico ricevuto dalla Regione Lombardia.

Lexellent nel Report pubblicato da Top Legal

Top Legal ha pubblicato il report annuale sui migliori professionisti e studi legali che si occupano di Diritto del Lavoro
Il report riporta come Lexellent sia “conosciuto sia per la sua esperienza in contenzioso, che per la consulenza straordinaria/M&A e in diritto sindacale e delle relazioni industriali. Il mercato ne stima il pragmatismo dei professionisti, capaci di rimanere vicini alle esigenze commerciali dei clienti”.
Menzione anche per Giulietta Bergamaschi a cui si riconosce “una conoscenza approfondita della realtà aziendale ed è in grado di ragionare sempre sulla soluzione più adatta”.

Giulietta Bergamaschi partecipa a Global Inclusion – Bologna 11 Settembre 2019

L’avvocato Giulietta Bergamaschi, nell’ambito di Global Inclusion, l’iniziativa senza fini di lucro e senza fede politica costituita con l’intenzione di valorizzare il contributo delle politiche di inclusione all’interno delle aziende come leva competitiva per lo sviluppo delle organizzazioni e del Paese, interverrà al panel dal titolo: “L’educazione inclusiva nelle aziende” che si terrà il giorno 11 settembre dalle ore 14:40 alle ore 15:40
Conduce: Alberto Fedel
Interverranno:
Claudia Tondelli – Senior Manager HR & Stewardship – Kohler
Igor Šuran – Direttore Esecutivo – Parks
Giovanna Zacchi – Referente attività di Responsabilità Sociale – Bper Banca
Vincenza Belfiore – Director – Azimut Wealth Management
Marco Bressan – Head of People & Culture Italia e Slovenia – Primark
Carla Maria Tiburtini – HR Business Partner for Commercial, Program & Project Management and Communications and Diversity Leader – Avio Aero a GE Aviation Business
Giulietta Bergamaschi – Managing Partner – Lexellent
Per iscrizioni e ulteriori informazioni: https://www.global-inclusion.org/focus-industry.php