Per quanto un avvocato su due sia donna, la disparità permane in termini di guadagno, ruoli apicali e decision making. Per spianare queste diversità e favorire la valorizzazione delle donne e delle diversità in genere, nel 2014 è nata ASLAWomen, la sezione di ASLA, Associazione Studi Legali Associati, che presenta un nuovo e importante incontro dal titolo “Diritto al futuro” previsto per il prossimo 18 maggio 2018 a Milano. L’evento, durante un’intera giornata di lavori, toccherà tutti i contenuti della professione forense del futuro e darà risalto ai temi della diversity nelle sue sfumature all’interno degli studi legali.
Alley Oop, il blog multifirma del Sole24Ore, ha voluto approfondire il tema della diversity negli studi legali associati e gli obiettivi del prossimo convegno con un’intervista di Silvia Pasqualotto alle avvocate Barbara de Muro, componente del Comitato Esecutivo ASLA e responsabile della sezione ASLAWomen, e Giulietta Bergamaschi, componente del Comitato Esecutivo ASLA e componente di ASLAWomen.
Ecco il testo dell’intervista:
In Italia un avvocato su due è donna. E il loro numero sembra destinato a crescere visto che, come attesta la Cassa forense, dal 1981 a oggi il numero delle professioniste è aumentato in modo costante. Nel 1981 le donne che esercitavano la professione in Italia erano solamente il 7%, ma a partire dagli anni ’90 il loro numero è passato al 15%, per poi crescere nuovamente fino ad arrivare al 21% nel 1995, al 30% nel 2001, al 36% nel 2005 e raggiungere il picco del 48% nel 2016. Non solo. Attualmente in alcune regioni del centro Nord nelle fasce più giovani (26 – 34 anni), il numero di avvocate è persino superiore rispetto al numero di colleghi uomini.
Eppure, a dispetto del loro peso numerico crescente, le giuriste continuano a stare ai margini della professione. In Italia, infatti, il reddito medio delle avvocate è pari al 43% dei colleghi uomini. Secondo una rilevazione della Cassa forense che risalgono al 2015, il reddito medio dichiarato dagli uomini è di 52.763 euro contro i 22.772 euro dalle donne. Oltre a guadagnare di meno, le avvocate fanno anche più fatica a scalare i ruoli all’interno degli studi legali. I dati raccontano infatti che solo il 13,64% dei managing partner (i soci dirigenti) degli studi legali è donna.
Contro queste disparità è nata nel 2014 AslaWomen: il
gruppo di lavoro costituito all’interno dell’Associazione degli studi legali associati (Asla) che si occupa di sostenere e valorizzare le donne nel loro percorso professionale all’interno degli studi legali associati. “Le professioniste, sebbene rappresentino oggi una componente numericamente importante negli studi legali associati, continuano a essere poco presenti nelle posizioni di vertice”, rivela l’avvocata Barbara de Muro, responsabile della sezione AslaWomen. “Negli ultimi anni – continua la giurista – il numero di avvocate socie negli studi membri è passato dal 16,9% del 2013 al 24,7% del 2016 e il discrimine più netto si avverte nel passaggio a equity partner con solo il 20,40% di avvocate nel 2016”.
A fronte questi numeri tutt’altro che lusinghieri, spiega De Muro, “AslaWomen ha emanato delle linee guida: una sorta di disciplina etica per la gestione degli studi volta a valorizzazione ogni forma di diversity e illustrate politiche di sostegno della famiglia e della persona”.
Un impegno che sembra confermato anche dai numeri. Secondo i dati Asla, nel 2016 il 53,06% degli studi membri ha adottato concrete iniziative di valorizzazione delle differenze e ben due studi su tre (75,51%) ha predisposto una politica di sostegno dei professionisti nella conciliazione tra vita professionale e vita privata, tesa al miglioramento della qualità della vita. Nello specifico, il 56,76% delle law firm realizza l’intento mediante l’organizzazione di momenti conviviali con le famiglie dei professionisti; il 62,16% con la creazione di spazi interni come la mensa, il ristorante, la cucina e la sala relax; il 70,27% fissa le riunioni interne in orari idonei a conciliare eventuali esigenze familiari; l’81,08% attraverso la possibilità di lavorare da casa; il 29,73% stipula polizze assicurative sanitarie.
Bisogna precisare però che questi numeri riguardano un numero ristretto di studi legali. “La realtà milanese – spiega l’avvocata Giulietta Bergamaschi, membro del comitato esecutivo Asla, sezione AslaWomen – rappresenta un unicum che non trova riflesso in quasi nessun altra zona d’Italia. E tuttavia è pur vero che, come dimostrano i dati sul numero di donne alla guida degli studi legali, quello che si fa oggi – anche a Milano – non è ancora abbastanza per le colleghe che lavorano all’interno delle law firm. Bisogna perciò continuare a mantenere alta l’attenzione su questi temi, sensibilizzando non solo le donne ma anche gli uomini”.
A questo scopo, il prossimo 18 maggio a Milano, Asla organizzerà un convegno dal titolo “Diritto al Futuro” dove si parlerà, tra gli altri argomenti, anche di diversity in tutte le sue sfumature. Oltre a discutere di disparità di genere, l’Associazione si interrogherà anche, come spiega Bergamaschi, “sulle differenze a livello di orientamento e di identità sessuale all’interno degli studi legali. Inoltre discuteremo di disabilità visto che ci siamo resi conto che il modo in cui è strutturata oggi la prova di abilitazione professionale può rappresentare un ostacolo per i colleghi e le colleghe i soffrono di disturbi dell’apprendimento. Infine dedicheremo uno spazio alle avvocate nel cinema, analizzando come è cambiata la rappresentazione e la percezione di chi pratica la nostra professione”.
Per leggere l’intervista direttamente sul blog Alley Oop.
Tag: discriminazione
Discriminazione e lavoro: stesse leggi ma interpretazioni diverse. Così si violano i diritti.
Dal sito www.alleyoop.ilsole24ore.com, un approfondimento sulle tematiche del V convegno, organizzato dallo studio, dal titolo Quando le tecnologie e l’internazionalizzazione favoriscono le pari opportunità, tenutosi il 1° marzo a Milano.
Facciamo un esperimento. Proviamo a chiedere a un avvocato che lavora nell’Unione europea se nel suo Stato esiste una legislazione contro le discriminazioni sulla base del genere, dell’età e dell’etnia nei luoghi di lavoro. La risposta sarà, nella quasi totalità dei casi, affermativa. Significa quindi che la discriminazione sul lavoro è stata azzerata grazie alle leggi? Non proprio. Se infatti chiediamo, agli stessi avvocati, se, per esempio, è accettabile richiedere un curriculum vitae con una foto del candidato, ci renderemo conto che le risposte iniziano a non essere così uniformi. Una parte dei legali risponderà che nel suo Paese questa richiesta viene considerata una potenziale discriminazione sulla base di canoni estetici e quindi non accettabile. Mentre un’altra parte risponderà che nel suo Stato, una richiesta di questo tipo è ritenuta più che lecita.
L’esperimento in questione è stato fatto davvero e dai suoi risultati è nata la survey “Discrimination at work”, realizzata dall’avvocato Sergio Barozzi e dall’avvocata Alessandra Rovescalli dello studio legale Lexellent. La ricerca – presentata oggi a Milano, nel corso del convegno annuale organizzato dalla law firm sulle Pari opportunità – ha messo in luce come, nonostante la presenza di leggi anti discriminatorie in quasi tutti i Paesi del mondo, quando si arriva ai casi concreti le risposte sono molto diverse e non sempre così attente alla tutela delle diversità.
“La ragione sta nel fatto che, la normativa anti discriminazione risente enormemente della sensibilità e della cultura che vige in un determinato Paese. Non bastano cioè le leggi a garantire che i lavoratori e le lavoratrici non vengano discriminati sulla base del loro aspetto, del loro genere, della loro età o del loro orientamento sessuale. Serve infatti qualcosa di più che risiede nella cultura di quello Stato e che non tutti i Paesi – compresi quelli con una legislazione apparentemente molto simile – hanno dimostrato di avere”, spiega l’avvocato Barozzi.
La ricerca di Lexellent ha coinvolto 28 Paesi del mondo che sono stati analizzati sulla base delle risposte date da avvocati giuslavoristi (che si occupano cioè di diritto del lavoro) ad alcuni quesiti in merito alla presenza di leggi che prevengano o impediscano le discriminazioni nei luoghi di lavoro sulla base del genere, dell’età, dell’orientamento sessuale, della religione o dell’aspetto fisico. “Siamo partiti dal generale per poi scendere nel particolare e ci siamo accorti che Nazioni con la stessa legislazione in tema di discriminazione, hanno però casi concreti molto diversi”. Una situazione che si verifica anche nel caso dei Paesi membri dell’Unione europea che su questi temi dovrebbero avere tutti leggi di derivazione comunitaria.
Nello specifico, dalla survey di Lexellent è emerso che il tema su cui c’è più sensibilità è quello dell’orientamento sessuale. “È emerso, infatti, che in quasi tutti i Paesi – eccetto tre – c’è una sensibilità molto avanzata, almeno dal punto di vista legislativo”. Non va altrettanto bene invece sul fronte delle discriminazioni legate al genere dei lavoratori. La ricerca mette, infatti in luce, che quasi tutti i Paesi sono sensibili all’argomento solo formalmente. “Quasi tutti i 28 Paesi analizzati – racconta Barozzi – hanno una legislazione che la impedisce. In realtà però sappiamo per esperienza che le cose non stanno così e che si tratta spesso di leggi che rimangono inapplicate o che vengono rispolverate in maniera estemporanea quando c’è la necessità di migliorare l’immagine di un’organizzazione.
A dimostrarlo sono le risposte alla domande “È accettabile, in una società di moda, pubblicare un annuncio di lavoro per assumerne uno giovane donna per svolgere attività di pubbliche relazioni?” e “È accettabile richiedere un curriculum vitae con una foto del candidato?”. “Alla prima domanda quasi tutti i Paesi hanno risposto “non è accettabile” e tuttavia alla seconda più della metà delle Nazioni oggetto della survey si sono espresse a favore della possibilità di avere curricula con foto, ammettendo considerare accettabili le valutazioni dei candidati sulla base delle qualità estetiche. “È come dire che formalmente siamo a posto, ma se andiamo a scavare più in profondità ci rendiamo conto che le cose non stanno davvero così”, commenta l’avvocato.
Se si sposta lo sguardo all’Italia, la survey mostra, come evidenzia Barozzi, “una dicotomia tra magistratura e società civile”. “In Italia – continua l’avvocato – la magistratura è molto disponibile su queste temi e tuttavia esiste un grande ritardo che ha origini culturali. Inoltre nel nostro Paese manca un contenzioso importante. Le cause che hanno come oggetto la discriminazione sul lavoro sono cioè molte meno rispetto a quelli che registriamo in Usa o in Gran Bretagna”.
Un altro tema indagato dalla ricerca è quello della discriminazione indiretta. “La discriminazione indiretta – spiega Barozzi – riguarda quei comportamenti o quelle azioni apparentemente neutri ma il cui risultato in realtà porta alla discriminazione di una o più categorie di lavoratori. Penso per esempio a un’organizzazione che decide di organizzare una convention aziendale in Svizzera, discriminando così i lavoratori non comunitari che in quel Paese non possono entrare. Su questo tema c’è ancora molta strada da fare in tutti i Paesi”.
Quinto convegno annuale sulle Pari Opportunità: 1 marzo 2018.
Anche Milano Etno TV condivide l’interesse e gli obiettivi del prossimo incontro sull’interazione tra tecnologia, internazionalizzazione e pari opportunità.
Ecco l’articolo:
Giovedì 1° marzo 2018, in occasione di #zerodiscriminationday, si terrà dalle 9 del mattino presso la Sala Solari della Fondazione Stelline, in corso Magenta 61, Milano, il convegno Quando l’internazionalizzazione e le tecnologie favoriscono le pari opportunità, quinto appuntamento annuale sulle pari opportunità organizzato dallo studio di diritto del lavoro Lexellent.
I lavori si apriranno con un’introduzione di Giulietta Bergamaschi, avvocato del lavoro e partner di Lexellent, che ha curato e promosso l’iniziativa. Seguirà la lectio magistralis Perché le tecnologie convergenti possono accelerare il processo verso le effettive pari opportunità, tenuta da Stefano Zamagni, docente di economia politica dell’Università di Bologna e presidente di Quinto ampliamento (http://ilquintoampliamento.it), movimento per il rinnovamento dei modelli di impresa ponendo al centro la crescita delle persone e la difesa dell’ambiente nel solco della tradizione iniziata da Adriano Olivetti.
Seguirà A proposito di internazionalizzazione e discriminazione, presentazione dei risultati di un’indagine sulla discriminazione nel mercato del lavoro svolta nel 2017 in più di 25 paesi del mondo che verrà effettuata da Sergio Barozzi, managing partner di Lexellent, e da Alessandra Rovescalli, avvocato del lavoro e associate di Lexellent.
Dei risultati presentati si discuterà in una tavola rotonda condotta da Maria Cristina Origlia, caporedattore responsabile dell’Impresa, mensile di management del Sole 24 Ore a cui parteciperanno Jada Bai, coordinatrice didattica Scuola di Formazione Permanente Fondazione Italia-Cina; Gabriele Galatioto, imprenditore, Maglificio Galassia – Pashmere; Andrea Notarnicola, Partner Newton Management Innovation e Sandra Mori, General Counsel Europe Coca-Cola.
La seconda sessione di discussione della mattinata avrà come tema La digitalizzazione può esser un rimedio alle discriminazioni sul lavoro? Introduce i lavori Marco Giangrande, avvocato del lavoro e associate Lexellent. Ne discutono Gaia Berruto, vicecaposervizio Wired, Edizioni Condé Nast, che modererà la discussione; Mattia Macellari, Presidente Gruppo Giovani Imprenditori – Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza; Pier Maria Minuzzo, Responsabile Risorse Umane e Relazioni Esterne -Cogne Acciai Speciali S.p.A.; Pino Mercuri, HR Director Italy Microsoft; Francesca Parviero, Digital Innovation HR Strategist – Official LinkedIn EMEA Talent Solutions Partner.
A proposito della manifestazione Giulietta Bergamaschi ha dichiarato: «Siamo particolarmente soddisfatti dei temi trattati nel convegno di quest’anno e del panel dei relatori, di altissima qualità. Sono infatti convinta che non si debba solo continuare a parlare di pari opportunità con un’impostazione tradizionale, ma che anche in questo ambito si debba provare ad innovare. Se infatti è vero che le donne continuano ad essere pagate meno degli uomini e che nei posti di lavoro permangono comportamenti sessisti, non credo che ripeterlo costituisca né una novità né qualcosa che da solo può aiutare a superare questi fatti. Occorre cercare una nuova chiave di lettura che aiuti il cambiamento, questo perché c’è un altro dato enorme che viene spesso sottovalutato: il lavoro è cambiato e sta cambiando sotto la spinta di due macrofattori epocali. Internazionalizzazione e impatto delle tecnologie. Come si relazionano con le pari opportunità? Sono un’occasione per superare vecchi pregiudizi o corriamo il rischio di traghettare verso un nuovo mondo del lavoro che, in un contesto completamente cambiato, si trascina dietro vecchi atteggiamenti come una palla al piede? E c’è il rischio che i pregiudizi cambino, ma ai vecchi se ne sostituiscano dei nuovi? Essere riuscita a portare a parlare di questi temi rappresentanti italiani ma anche internazionali, piccole e medie imprese ma anche un gigante come Coca Cola, aziende tradizionali ma anche innovatori tecnologici come Microsoft e Linkedin è per me motivo di grande orgoglio».
Convegno pari opportunità: giovedì 1 marzo 2018.
Quando l’internazionalizzazione e le tecnologie favoriscono le pari opportunità.
E’ il titolo del V Convegno sulle Pari Opportunità organizzato per il 1 marzo 2018, in occasione di Zero Discrimination Day.
Sono disponibili due diversi testi (Comunicato Stampa e Considerazioni) che riprendono i punti salienti emersi dall’incontro. A seguire, invece, all’interno del programma della giornata, sono disponibili sia il testo relativo alla lectio magistralis sia le slide relative al survey sulla discriminazione nel mercato del lavoro.
Ecco il programma della giornata e le slide, scaricabili, relative al survey sulla discriminazione nel mercato del lavoro:
8.45 – 9.00 Registrazione
9.00 – 9.15 Apertura dei lavori – avv. Giulietta Bergamaschi, partner Lexellent
9.15 – 10.00 Lectio Magistralis
Perché le tecnologie convergenti possono accelerare il processo verso le effettive pari opportunità – prof. Stefano Zamagni, Università di Bologna e Presidente di Quinto Ampliamento
I Panel
10.00 – 10.20
A proposito di internazionalizzazione e discriminazione: come diversi paesi del mondo hanno risposto ad un questionario sulla discriminazione nel mercato del lavoro
- avv. Sergio Barozzi, partner Lexellent – avv. Alessandra Rovescalli, associate Lexellent
10.20 – 11.15 Tavola rotonda
Modera:
- d.ssa Maria Cristina Origlia, caporedattrice L’Impresa Gruppo Sole24Ore
Partecipano:
- d.ssa Jada Bai, coordinatrice didattica Scuola di Formazione Permanente Fondazione Italia-Cina
- dr. Gabriele Galatioto, Imprenditore Maglificio Galassia – Pashmere
- dr. Andrea Notarnicola, Partner Newton Management Innovation
- avv. Sandra Mori, General Counsel Europe Coca-Cola
11.15 – 11.30 Coffee break
II Panel
11.30 – 12.30
La digitalizzazione può esser un rimedio alle discriminazioni sul lavoro?
Tavola rotonda
Introduce avv. Marco Giangrande, associate Lexellent
Modera:
- dssa Gaia Berruto, vicecaposervizio Wired, Edizioni Condé Nast
Partecipano:
- dr. Mattia Macellari, Presidente Gruppo Giovani Imprenditori – Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza
- dr. Pier Maria Minuzzo, Responsabile Risorse Umane e Relazioni Esterne -Cogne Acciai Speciali S.p.A.
- dr. Pino Mercuri, HR Director Italy Microsoft
- d. ssa Francesca Parviero, Digital Innovation HR Strategist – Official LinkedIn EMEA Talent Solutions Partner
12.30 – 12.45 Dibattito e conclusioni
avv. Giulietta Bergamaschi, partner Lexellent
L’incontro si svolgerà:
giovedì 1 marzo 2018
ore 9
Sala Solari – Palazzo delle Stelline
Corso Magenta, 61 – Milano
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Quando l’internazionalizzazione e le tecnologie favoriscono le pari opportunità.
Una nuova consapevolezza manageriale nella gestione della Diversità in tutte le sue forme.
Opinioni ed esperienze a confronto per una visione più chiara del problema.
I corsi sono a numero chiuso, si prega di prenotare con il dovuto anticipo.
Informazioni e prenotazioni 028725171 – lexellent@lexellent.it
Corriere Economia: convegno Lexellent sulle Pari Opportunità.
Su L’Economia, inserto del Corriere della Sera di oggi, si parla del prossimo incontro organizzato dallo studio, dal titolo “Quando l’internazionalizzazione e le tecnologie favoriscono le pari opportunità”.
Nell’articolo, dal titolo “Due convegni sul tecno-legale”, la giornalista Luisa Adani annuncia il prossimo incontro sulle pari opportunità, nonché il V convegno sul tema organizzato dallo studio.
L’appuntamento è per il 1° marzo in occasione della giornata #zerodiscriminationday indetta dalle Nazioni Unite.
Competenze, inclusione lavorativa e welfare aziendale: un percorso in Comune.
Lo studio Lexellent intende mantenere alta l’attenzione sul progetto Inclusive Mindset, di cui è partner legale in materia giuslavoristica, e pertanto ne promuove le attività.
Un appuntamento dedicato a condividere strategie e azioni di inclusione lavorativa realizzate da istituzioni pubbliche e aziende private, mettendo a fattor comune esperienze, innovazioni, difficoltà e sfide.
L’iniziativa è stata realizzata da Fondazione Sodalitas, Fondazione Adecco per le Pari Opportunità e Interaction Farm, con la collaborazione, oltre a quella dello studio Lexellent, del Comune di Milano e di Parks Liberi e Uguali. Un progetto ideato per promuovere l’inclusione nel mercato del lavoro di coloro a rischio discriminazione.
Programma della giornata:
Saluti di benvenuto e introduzione – Comune di Milano
Inclusive Mindset: il lavoro che include – Paolo Beretta, Program manager Inclusive Mindset
Competenze, inclusione lavorativa e welfare aziendale: un percorso in Comune:
Modera: Alessandro Cannavò, giornalista Corriere della Sera
- Barilla: Andrea Sorbello, Public Affairs and Government Relations
- IBM Italia: Doriana De Benedictis, Diversity Engagement Partner
- Flex: Valeria Ferreri, HR Director Italy/ Regional HRBP Design & Engineering
Chiusura – Comune di Milano
Appuntamento per:
Martedì 20 febbraio 2018
ore 9 – 11,30
Comune di Milano, Palazzo Marino, Sala Alessi.
Per iscrizioni: www.inclusivemindset.org/registrazione
Per informazioni: Patrizia Giorgio, patrizia.giorgio@sodalitas.it, 0236572988
Successful LGBT in Action – Dalla discriminazione silenziosa all’inclusione coraggiosa.
E’ il titolo del workshop organizzato con l’obiettivo di dare vita a un confronto fra esperti giuslavoristi, docenti universitari, psicologi del lavoro e testimonial aziendali sui modi per rendere inclusiva e valorizzante la Diversity legata alle persone LGBT.
L’incontro, frutto della collaborazione tra Parks Liberi e Uguali e GSO Company, si svolgerà il
25 gennaio
ore 9.00 – 16.00
Microsoft House
Viale Pasubio 21, Milano
L’avv. Giulietta Bergamaschi, giuslavorista ed esperta di tematiche di inclusione nel mondo del lavoro, prenderà parte all’incontro con un intervento dal titolo L’attuale quadro normativo in Italia.
Programma
Simona Alini – Diversity & Inclusion, GSO Company
Igor Suran – Direttore Esecutivo, Parks – Liberi e Uguali
Giulietta Bergamaschi – Avv. Giuslavorista, Studio legale Lexellent
Intervengono:
- Francesco Bianco – Regional HR Director Europe, Vodafone Group
- Doriana De Benedictis – Diversity Engagement Partner, IBM Italia
- Pino Mercuri – HR Director, Microsoft Italia
- Patrizia Mezzadra – HR Management and Development specialist, Deutsche Bank Italia
- Anna Nozza – Head of HR Technology, Vodafone Italia
Modera: Simona Alini
Presentazione della ricerca condotta da Simone Pulcher – NASP PhD candidate e ricercatore presso l’Università Statale di Milano
Modera: Igor Suran
Intervengono:
- Silvia De Simone – Psicologa del Lavoro, Università degli studi di Cagliari
- Riccardo Sartori – Psicologo del Lavoro e ricercatore, Università degli Studi di Verona e autore di test per Utilia
- Cristina Tajani – Assessore alle Politiche del Lavoro, Comune di Milano
Modera: Elena Tebano – La 27esimaora, Corriere della Sera
Per iscrizioni.
Le modifiche al “Codice delle Pari Opportunità” (D.lgs. 198/2006) contenute nella Legge di Bilancio.
La Legge di Bilancio (L. 205/2017 art 1, c. 218) introduce due ulteriori commi all’art. 26 del D.lgs. 198/2006 (rubricato “Molestie e molestie sessuali” del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) e riconosce più ampie tutele alle lavoratrici ed ai lavoratori che denunciano discriminazioni per molestia o molestia sessuale.
Il comma I dell’art. 26 del D.lgs. 198/206 fornisce una puntuale definizione di discriminazioni consistenti in molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Nell’ambito delle discriminazioni (comma II) vengono altresì ricomprese le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Sono altresì considerati come discriminazione (comma II-bis) i trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di avere rifiutato i comportamenti di cui ai due commi precedentemente citati.
Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti sopra declinati sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti menzionati (commi I, II e II-bis).
La legge di Bilancio per il 2018, introducendo il comma III-bis, amplia sul piano civilistico la tutela delle vittime di molestie precisando che la lavoratrice o il lavoratore che dovessero agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o per molestia sessuale così come sopra definite, non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, in ragione della denuncia stessa.
Viene prevista in favore del soggetto che denuncia la molestia, la nullità del licenziamentoqualora questo sia intimato per motivi discriminatori o ritorsivi, nonché del mutamento di mansioni ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile, e di qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante.
Al fine di evitare abusi, il legislatore precisa che le tutele di cui sopra non sono garantite qualora sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia o diffamazione ovvero l’infondatezza della denuncia.
Infine, al comma III-bis è precisato che i datori di lavoro sono tenuti, ai sensi dell’articolo 2087 c.c., ad assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune al fine di prevenire il fenomeno delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Le imprese, i sindacati, i datori di lavoro e i lavoratori e le lavoratrici si impegnano ad assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su princìpi di eguaglianza e di reciproca correttezza.
In realtà, l’obbligo di protezione prescritto dalla norma civilistica citata era posto in capo aiprestatori di lavoro anche in prima della modifica legislativa di cui si è dato conto; ciò che è interessante sottolineare è il richiamo da parte del legislatore ad iniziative informative e formative atte a prevenire il fenomeno delle molestie sui luoghi di lavoro, con lo scopo di educare i lavoratori e le lavoratrici al rispetto delle persone in ottemperanza ai principi di uguaglianza e di correttezza.
Non discriminare non è una cortesia è un obbligo.
Valgono le competenze e non le caratteristiche del candidato! Lo dice la logica e lo dicono le norme. Non si può selezionare una persona rispetto al sesso, all’età, all’orientamento sessuale, allo stato di salute e alle convinzioni politiche e religiose.
È di pochi giorni fa una inserzione in cui in sfregio al diritto ci si riferisce al sesso e alla presenza fisica della candidata ideale. Al di là di ogni polemica e nella consapevolezza che a volte si discrimina senza quasi neppure accorgersene, tanto pregiudizi e abiti mentali sono profondamente radicati in noi, crediamo sia necessario tenere alta l’attenzione e segnalare eventuali comportamenti scorretti tanto più se vi è tutta una normativa che si frappone fra il nostro punto di vista e il comportamento corretto.
Per dare il giusto peso a quanto è successo, e avviene ogni giorno, ho chiesto all’avvocata Giulietta Bergamaschi di ricordarci le norme che tutelano le pari opportunità nel momento dell’ingresso nel mondo del lavoro. Propongo anche un tag per chi desiderasse estendere l’informazione #altrocheDonnaBellaPresenza
Il principio di parità di trattamento senza distinzione di religione, di convinzioni personali, di handicap, di età e di orientamento sessuale si applica a tutte le persone del settore pubblico e privato con riferimento, fra l’altro, all’accesso all’occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione (art. 3 comma I lett. a) del D.lgs. 216/2003.
Per quanto riguarda il fattore discriminante del genere, la parità di accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma, o in qualsiasi altra forma, compresi i criteri di selezione e i criteri di assunzione, è garantita, fra gli altri, dall’art. 27 del D.lgs. 198/2006 (Codice delle Pari Opportunità). Il Codice vieta la discriminazione diretta attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, e la discriminazione indiretta attraverso meccanismi di preselezione ovvero a mezzo stampa o con qualsiasi altra forma pubblicitaria che indichi come requisito professionale l’appartenenza all’uno o all’altro sesso.
Fanno eccezione i casi in cui l’appartenenza all’uno o altro sesso costituisca requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione. È il caso per esempio dei lavori nella moda. Se ho bisogno che si indossi un abito femminile selezionerò una modella così come ricercherò una mamma e non un papà volessi promuovere un prodotto indirizzato alla peculiarità specifica di una donna madre (e non rivolto quindi a un genitore).
Per quanto riguarda il rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza nell’ambito del rapporto di lavoro, non costituiscono atti di discriminazione le differenze di trattamento dovute a caratteristiche connesse alla religione/convinzioni personali/handicap/età/orientamento sessuale, qualora per la natura dell’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata costituiscano un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività (art. 3 comma III D.lgs. 2016/2003).
Corretto quindi che per una fiera di calzature da donna si ricerchi una hostess che indossi la taglia di scarpe 37 ma non che abbia i capelli liberi e non coperti da un velo. Lo stesso che invece sarebbe pregiudiziale nel caso la modella promuovesse uno shampoo. Vi è poi un altro aspetto importante da sottolineare. Chi cade in un comportamento discriminatorio è responsabile e non può appellarsi al fatto di non essersene accorto. La discriminazione ha infatti natura oggettiva e non rileva la dimensione soggettiva.
Il diritto antidiscriminatorio guarda esclusivamente all’effetto del trattamento, al suo verificarsi prettamente oggettivo: è irrilevante per la Cassazione il profilo soggettivo dell’intento dell’agente perché «la discriminazione opera obiettivamente, ovvero in ragione del mero rilievo del trattamento deteriore riservato al lavoratore quale effetto della sua appartenenza alla categoria protetta, ed a prescindere dalla volontà illecita del datore di lavoro» (Cass. Civ., Sez. Lav., 5 aprile 2016, n. 6575).
Link alla pagina della 27° Ora del Corriere.
Perché anche per le aziende sarebbe importante ricordare il 25 novembre e sapere quali sono le conseguenze dei comportamenti discriminatori vietati. Violenze sessuali e molestie sul lavoro: i punti da chiarire.
Il 25 novembre è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ed è auspicabile che tutte le aziende organizzino eventi di sensibilizzazione sul tema perché si tratta di un fenomeno che riguarda tutti. La giornata lavorativa assorbe gran parte della vita quotidiana di ognuno e l’azienda può svolgere un ruolo educativo fondamentale, arrivando a cambiare la società.
Gli atti di violenza sessuale e le molestie sul lavoro devono essere tenuti ben distinti dagli episodi di mobbing; inoltre, è necessario distinguere i comportamenti che generano responsabilità penale, civile o sono invece censurabili solo sul piano morale.
Sul piano della responsabilità penale, commette il reato di violenza sessuale chi costringe un’altra persona a compiere o subire atti sessuali con violenza, minaccia, abuso di autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto, o ancora, ingannando la persona offesa perché il colpevole si sostituisce ad altri. La pena è la reclusione da cinque a dieci anni.
Integra, invece, il reato di molestia chi reca a un’altra persona molestia o disturbo, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero per telefono, con insistenza o per altro motivo condannabile. La pena è l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda fino a 516 euro. Considerata la poca incisività di questa contravvenzione, è compito dei giudici ricondurre i casi concreti all’ipotesi incriminatrice della violenza sessuale o delle molestie.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, sezione penale, integra il reato di violenza sessuale e non quello di molestia chi tocca in modo non casuale i glutei della dipendente, ancorché sopra i vestiti. Si configura, invece, il reato delle molestie solo in presenza di espressioni verbali a sfondo sessuale o di atti di corteggiamento invasivo e insistente diversi dall’abuso sessuale.
Sotto il profilo civilistico, il Codice delle Pari Opportunità definisce le molestie e le molestie sessuali comportamenti indesiderati, posti in essere con lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Le prime sono compiute per ragioni legate al sesso, mentre le seconde hanno una connotazione sessuale e si esprimono in forma fisica, verbale o non verbale.
In ambito di diritto antidiscriminatorio, al lavoratore o alla lavoratrice che subisce molestie o molestie sessuali è riconosciuta la facoltà di ricorrere al Giudice del lavoro (del luogo dove è avvenuto il fatto denunciato) che, nei due giorni successivi, convocate le parti e raccolte informazioni sommarie, se ritiene sussistente la violazione, ordina all’autore del comportamento denunciato la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale (nei limiti della prova fornita).
Le aziende possono adottare policy antidiscriminatorie e contro le violenze sessuali e le molestie per disincentivare il compimento di atti discriminatori o reati. Inoltre, le stesse possono istituire procedure di denuncia predeterminate, agevolando così le segnalazioni di comportamenti discriminatori, di violenza sessuale e di molestie.
Anche il Legislatore mantiene alta l’attenzione in materia, tanto è vero che ha appena introdotto forme di tutela per coloro che denunciano, anche questa tipologia di condotte illecite, approvando lo scorso 15 novembre la legge “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”. Ogni azienda dovrà, dunque, aggiornare i modelli di organizzazione e gestione di cui alla legge n. 231 del 2001.
Lexellent, ancora per le Pari Opportunità.
Codice delle Pari Opportunità. Le norme commentate con dottrina e giurisprudenza. Aggiornato con i Decreti del 17 gennaio 2017 nn. 5.6 e 7 di attuazione della Legge sulle unioni civili.
L’opera è curata da ASLA Women ed è firmata da 19 avvocatesse tra le quali Giulietta Bergamaschi, responsabile del primo dipartimento dedicato alla Gestione delle Diversità all’interno di una boutique giuslavorista, e le colleghe Hulla Bisonni e Alessandra Rovescalli.
L’opera, usando un linguaggio scientifico, si rivolge sia a colleghi avvocati ed esperti del settore risorse umane sia ad un pubblico più eterogeneo interessato al tema.
Ecco la descrizione di ASLAWomen stessa: “il commento che accompagna, unitamente alla giurisprudenza rilevante, ciascuno dei testi normativi consente di ripercorrere la storia della norma e la sua ratio, comprendere lo stato attuale della sua applicazione e cogliere le eventuali problematiche e contraddittorietà”.
Da sottolineare che tutte le autrici hanno scelto di cedere i propri diritti all’associazione affinché vengano investiti in nuovi progetti dedicati al rispetto e alla valorizzazione delle differenze.
DISCRIMINAZIONE SUL LAVORO E SANZIONI.
Con il D.LGS 114.2006 n 198 è stato rivisto l’apparato sanzionatorio per i casi di discriminazione nei luoghi di lavoro.
La caratteristica fondamentale della riforma è che la sanzione penale è ora riservata alla sola ipotesi di inottemperanza agli ordini giudiziali di rimozione delle discriminazioni accertate in sede giudiziale. Operazione che può avvenire anche attraverso la introduzione di un piano da concordare con le OO.SS. o con la consigliera di parità.
La pena oggi prevista è quella dell’arresto fino a 6 mesi o dell’ammenda fino a 50.000 euro, ma qualora successivamente a prescrizione il datore di lavoro poi ottemperi, la sanzione penale si trasforma in una sanzione amministrativa pari ad € 12.500.
Il resto delle sanzioni sono oggi tutte depenalizzate e quindi sanzioni amministrative.
In caso di discriminazione ( diretta o indiretta) nell’accesso al lavoro la sanzione è da 5.000 a 10.000 euro per ogni violazione (non per ogni lavoratore) . Giova sottolineare che l’attività lavorativa presa in considerazione è tanto quella subordinata quanto quella autonoma e si può verificare anche per il tramite dei soggetti di cui l’imprenditore si avvale per la selezione del personale.
Ulteriore ed analoga sanzione è prevista per la discriminazione nell’orientamento, formazione e aggiornamento, che può verificarsi sia per quanto concerne l’accesso, sia per quanto concerne i contenti stessi dei programmi.
Diversa retribuzione o classificazione dei lavoratori non giustificata da contenuti tecnici e per lavoratori e lavoratrici che ricoprono le stesse mansioni è ugualmente colpita con la identica pena, ma ciò vale anche per eventuali ingiustificate differenze per quel che riguarda l’assegnazione di mansioni, qualifiche, e soprattutto progressioni di carriera. Più rara, ma possibile, e trattata identicamente la discriminazione in materia di prestazioni previdenziali, che si configura per esempio con l’anticipato pensionamento della lavoratrice, o con la mancata erogazione degli assegni familiari.
Si ricorda ancora che permane l’obbligo, per le aziende che occupano oltre 100 dipendenti, di inviare il report biennale, redatto in conformità alle istruzioni rilasciate dal Ministero del lavoro, che contiene le informazioni essenziali con riferimento alla situazione del personale alla sua mobilità e retribuzione .
La trasformazione delle sanzioni da penali ad amministrative ha comportato non già un alleggerimento, ma piuttosto ad un loro sostanziale inasprimento. Oggi infatti non esiste più la ciambella di salvataggio della prescrizione e la procedura per l’applicazione diviene più semplice, non dovendo più passare dal vaglio dell’autorità giudiziaria.
Per il testo completo del decreto testo Dlgs 11-04-2006 n. 198
La diversità come valore da difendere.
Gender diversity in azienda: il punto di vista dell’economista
Alessandra Casarico
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Un’azienda diversa per il futuro
Tiziano Botteri
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Diversity & Inclusion in IBM
Federica Di Sansebastiano
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La Diversity in Fiera Milano
Monica Pera
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Parità di accesso nei consigli di amministrazione
Alessandra Rovescalli
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La diversità come valore da difendere.
Il diversity management in chiave di crescita e sviluppo delle risorse umane nel mondo impresa.
SALA SIRONI NEL PALAZZO DEI GIORNALI
Il grande mosaico di Mario Sironi avvolto nella severa architettura di Giovanni Muzio.Un capolavoro nato nel 1936 al grido di “Muri ai pittori”.
Percorsi d’arte a cura di Chiara Periti.
Programma
Gender diversity in azienda: il punto di vista dell’economista, Alessandra Casarico – Università Bocconi
Un’azienda diversa per il futuro, Tiziano Botteri – Cegos
Diversity & Inclusion in IBM, Federica Di Sansebastiano – IBM
La Diversity in Fiera Milano, Monica Pera – Fiera Milano
Parità di accesso nei consigli di amministrazione, Alessandra Rovescalli – Lexellent
Comunicato stampa