Proprietà intellettuale sulle invenzioni e creazioni dei dipendenti.

L’Ordinamento italiano prevede norme specifiche per regolamentare la titolarità della proprietà intellettuale nel caso delle creazioni intellettuali di un dipendente?
Sì, la normativa in materia di attività creativa generata nel contesto di un rapporto di lavoro subordinato ha una lunga tradizione in risposta alla necessità di evitare potenziali conflitti tra dipendente e datore di lavoro. Ciononostante, a fronte di un’invenzione o altro genere di creazione intellettuale sviluppata da un dipendente, spesso sorgono conflitti a causa della mancanza di previ accordi formali in cui viene fatta menzione dell’attività creativa quale mansione facente parte dei vari doveri del dipendente.
Qual’è la normativa principale in materia?
La disciplina generale relativa alle invenzioni del dipendente è racchiusa nell’art. 2590 del Codice Civile e nell’art. 64 del Codice della Proprietà Intellettuale (CPI), il quale ultimo distingue tre casi diversi: a) Invenzioni di Servizio; b) Invenzioni d’Azienda e c) Invenzioni Occasionali.

  1. “Invenzioni di Servizio”: quando l’invenzione è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un rapporto di lavoro e l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto sottoscritto e a tale scopo retribuita, allora al dipendente spetta solo il diritto di essere riconosciuto autore, mentre tutti i diritti economici derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro.
  2. “Invenzioni d’Azienda”: quando un’invenzione è fatta durante l’esecuzione del rapporto di lavoro e l’attività inventiva è parte delle mansioni stabilite nel contratto, senza però che tale mansione preveda contrattualmente una specifica retribuzione, allora i diritti economici derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, ma il dipendente ha il diritto, oltre a quello di essere riconosciuto autore, anche ad un equo premio economico per l’invenzione fatta. Detto compenso straordinario è calcolato sulla base di una formula derivante dalla giurisprudenza tedesca
  3. “Invenzioni Occasionali”: quando l’invenzione non viene fatta durante l’espletamento delle proprie mansioni contrattuali, ma ricade nel campo dell’attività del datore di lavoro, sia i diritti economici sia quelli morali appartengono al dipendente. In tal caso, però, al datore di lavoro viene riconosciuto il diritto di opzione per l’uso, esclusivo o non esclusivo, dell’invenzione, oppure la facoltà di acquistare il brevetto – qualora esista – pagando una cifra ragionevole che tiene conto del contributo del datore di lavoro nei confronti dell’inventore.

Esistono leggi specifiche che regolamentano le invenzioni da parte di ricercatori di enti pubblici?
Sì, le invenzioni fatte da ricercatori universitari e di enti pubblici sono specificatamente regolamentate dall’Art. 65 CPI, che attribuisce ai ricercatori la proprietà dei diritti economici e brevettuali, con almeno il 50% dei proventi attribuiti al ricercatore dipendente in conformità di meccanismi indicati nello stesso articolo di legge.
L’art. 64 CPI si applica a tutti i tipi di creazioni intellettuali?
No, ci sono norme diverse in funzione dei differenti tipi di creazione. Design industriale, semiconduttori e varietà vegetali sono regolati da altre norme del CPI. Mentre software, fotografie, illustrazioni e altre creazioni artistiche ricadono nella disciplina della Legge sul Diritto d’Autore. I principali articoli di legge sono i seguenti.
Art. 38 CPI – design industriale: laddove l’attività creativa è frutto del rapporto di lavoro, il progetto o il modello creato da un dipendente appartiene al datore di lavoro. Nessun compenso extra è dovuto al progettista.
Art. 89 – topografie dei prodotti a semiconduttori: i diritti esclusivi appartengono al datore di lavoro e si applica quanto stabilito nell’art. 64 CPI.
Art. 101 CPI – nuove varietà vegetali: il coltivatore, proprietario di tutti i diritti economici,  è il datore di lavoro della persona che ha sviluppato la nuova varietà vegetale. Nessun compenso extra è dovuto al dipendente.
Art. 12-bis Legge Autore – software e database: il datore di lavoro detiene il diritto esclusivo per l’uso economico del programma o del database creati dal dipendente durante l’espletamento delle proprie mansioni o in ottemperanza delle istruzioni ricevute dal datore di lavoro stesso. Nessun compenso extra è dovuto al dipendente.
Art. 88 – Legge Autore – fotografie: se lo scatto è stato prodotto nel corso e durante l’adempimento di un contratto di lavoro o di un incarico, entro i limiti dell’oggetto e delle finalità del contratto, il diritto esclusivo compete al datore di lavoro. Nessun compenso extra è dovuto al dipendente.
Il datore di lavoro può acquisire tutti i diritti sulle creazioni intellettuali che possono essere generate da un dipendente firmando preventivamente un atto di acquisto all-inclusive?
Un errore comune da evitare è firmare unitamente alla contratto d’assunzione – o di inserire nel contratto di assunzione – una clausola “all-inclusive” che attribuisce al datore di lavoro la proprietà di tutti i tipi di creazioni intellettuali sviluppate dal dipendente, anche qualora questo non sia in linea con le mansioni contrattualmente remunerate.
Si ribadisce che la validità di tali accordi presuppone che il contratto di lavoro parli espressamente di una attività creativa quale mansione del lavoratore, per la quale lo stesso deve essere remunerato. E’ consigliabile, pertanto, firmare clausole per ogni situazione specifica.
Quale suggerimento quindi per regolamentare la PI in una lettera d’assunzione al momento dell’impiego di un dipendente?
Ai datori di lavoro viene fortemente consigliato di definire quali specifiche creazioni intellettuali possono essere generate dal dipendente e di attribuirne la proprietà al datore di lavoro quale risultato di tali mansioni creative ampiamente descritte e espressamente remunerate nel contratto.
Esiste qualche norma specifica per le creazioni intellettuali fatte da un lavoratore autonomo?
Si una nuova normativa entrata in vigore nel giugno 2017 (legge n. 81/2017), parte della vigente riforma del mercato del lavoro (Jobs Act), che ha effetto verso i datori di lavoro che scelgono di avvalersi di lavoratori autonomi. La misura mira ad estendere la protezione prevista per i dipendenti anche ai lavoratori autonomi, con riferimento a coloro che generano “contributi creativi o invenzioni” nel corso dell’espletamento del proprio lavoro. In tal caso, la titolarità dell’invenzione/creazione appartiene al lavoratore autonomo ed è disciplinata dalle applicabili norme delle Legge Autore e del CPI. Peraltro l’invenzione/creazione appartiene al datore di lavoro solo se l’attività di invenzione/creazione viene espressamente indicata e concordata come mansione contrattuale.
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La tassazione dei redditi da lavoro dipendente prodotti all’estero.

Tra le varie problematiche connesse con la transnazionalità dei lavoratori e con l’impiego dei medesimi all’estero (o dall’estero) vi è quella relativa al regime fiscale dei redditi da lavoro dipendente prodotti fuori dal nostro Paese.
Questo perché le Società sono sempre più spesso chiamate a garantire ai propri dipendenti l’assistenza necessaria per fronteggiare le difficili situazioni che si vengono a creare quando la residenza fiscale non coincide con il Paese in cui il reddito viene prodotto.
Poche e semplici regole potranno aiutare le Società a comprendere i profili di maggior rilievo relativi alla fiscalità dei redditi da lavoro dipendente.
E’ utile definire, innanzitutto, il concetto di “residenza fiscale”, ai sensi della normativa vigente. Nel nostro Paese, è considerata “residente” la persona che per la maggior parte del periodo di imposta (periodo superiore a 183 giorni nell’arco dei 12 mesi) è iscritta nell’anagrafe della popolazione residente o ha nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (art. 2, co. 2, TUIR).
Pertanto, ai fini della tassazione, a fronte di redditi da lavoro dipendente prodotti all’estero, occorrerà preliminarmente stabilire se il lavoratore risulti o meno residente fiscalmente in Italia.
Come regola generale, per i soggetti residenti nel territorio dello Stato l’imposta si applica sul reddito complessivo formato da tutti i redditi posseduti e ovunque prodotti al netto degli oneri deducibili, mentre per i non residenti l’imposta si applica solo sul reddito complessivo formato da redditi prodotti nel territorio nazionale.
Una volta stabilita la residenza fiscale, e appurato che l’intero o una parte del reddito è prodotto all’estero, sarà necessario capire se vi sono o meno convenzioni contro le c.d. “doppie imposizioni”.
Per i redditi da lavoro dipendente prodotti (i) in un Paese Extra-Ue con il quale non esiste alcun tipo di convenzione contro le doppie imposizioni, o (ii) in un Paese con il quale esiste una convenzione secondo cui tali redditi devono essere assoggettati a tassazione sia in Italia che all’estero, il contribuente avrà diritto ad un credito per le imposte pagate nel Paese estero a titolo definitivo.
Nel caso in cui, invece, esista una convenzione contro le doppie imposizioni in base alla quale tali redditi devono essere assoggettati a tassazione esclusivamente in Italia, il lavoratore dipendente avrà diritto ad ottenere il rimborso per le imposte eventualmente pagate nello Stato estero, inoltrando richiesta all’autorità estera competente.
I datori di lavoro, seppur non direttamente coinvolti, dovranno vigilare sul corretto adempimento fiscale dei propri dipendenti, così da prevenire l’insorgere di problematiche aventi possibili ripercussioni interne.