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La legge sulle unioni civili.

Un commento a seguito all'approvazione di ieri della legge sulle Unioni Civili e i risvolti giuslavoristici. L’11 maggio 2016 la Camera ha...

Un commento a seguito all’approvazione di ieri della legge sulle Unioni Civili e i risvolti giuslavoristici.
L’11 maggio 2016 la Camera ha approvato il disegno di legge sulle unioni civili, nel testo così come validato in commissione Affari costituzionali e già votato al Senato. Da oggi anche il nostro Paese ha una legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso e sulle convivenze anche tra persone di sesso diverso. Disciplinare la pluralità di forme della convivenza significa dare attuazione al dovere dello Stato di tutelare la libertà di realizzazione della persona nei suoi rapporti con gli altri (art. 2 Cost.). In attuazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), alcuni diritti e doveri spettanti al nucleo familiare costituito da coniugi vengono estesi anche alle parti dell’unione civile, pur rimanendo quest’ultima e il matrimonio istituti distinti. L’attuale testo è il frutto di diverse riformulazioni della disciplina delle unioni civili e assorbe al suo interno ben tredici disegni di legge, in precedenza presentati al Senato. Nel testo approvato, la disciplina sull’impresa familiare (di cui all’art. 230 bis c.c.) viene estesa anche alle unioni civili e alla coppia convivente, per cui il partner che abbia prestato attività lavorativa continuativa nell’impresa di cui sia titolare l’altra parte si vede riconosciuto il diritto di rivolgersi al giudice per richiedere il riconoscimento della partecipazione agli utili. Risvolti ancor più dirompenti assume l’estensione alle parti dell’unione civile dei diritti e degli obblighi derivanti dalle disposizioni che si riferiscono al matrimonio e riguardanti i coniugi ovunque ricorrano “nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi” (art. 1 comma 20 del testo appena approvato). Tradotto in altri termini, questo significa che, in caso di morte di un partner lavoratore dell’unione civile, al superstite spetteranno la pensione di reversibilità e il versamento del Tfr da parte del datore di lavoro. In caso di convivenza registrata (coppie di persone di identico sesso o di sesso diverso), invece, al partner superstite la pensione non spetterà, mentre il Tfr si ma solo se previsto nel testamento; il testo di legge, infatti, estende espressamente i diritti sopra citati soltanto alle parti di un’unione civile. Da una prima interpretazione, alle parti di un’unione civile spetterà anche il congedo matrimoniale, istituto disciplinato dal RDL n. 1334/1937 che rinvia alla contrattazione collettiva le modalità di fruizione del congedo retribuito, generalmente della durata di quindici giorni (non computabili né nel periodo di ferie annuali né nel preavviso). Studio Legale Lexellent Via Borghetto, n. 3 – 20122 Milano | Via dei Gracchi 128 – 00192 Roma Tel. 02 8725171 – Fax 02 87251740 | P.IVA 07411510964 lexellent@creativeconnection.it – www.lexellent.it | www.ellint.net Quello che sembrava rimasto fuori dall’attuale testo di legge, sempre in ambito giuslavoristico, potrebbe rientrarvi grazie alla sopra citata clausola di carattere generale: ad esempio, le disposizioni che prevedevano l’estensione alle parti dell’unione civile dei diritti derivanti dall’inserimento in graduatorie occupazionali o in categorie privilegiate, ove l’appartenenza ad un nucleo familiare sia requisito di preferenza e l’estensione dei diritti derivanti dal rapporto di lavoro. In ogni caso, rimane facoltà del datore di lavoro operare unilateralmente, attraverso policy o inserendo nel contratto individuale di lavoro l’estensione del riconoscimento di diritti, così come di benefit e strumenti di welfare, anche alle coppie conviventi e alle unioni civili omossessuali ed eterosessuali. Peraltro, questa estensione può essere prevista anche dalla contrattazione collettiva nazionale o di secondo livello.