Naturalmente l’aspetto economico, ovvero il costo, è uno degli elementi più “sensibili” nella costruzione di un patto di non concorrenza.
Anche in questo caso, come abbiamo già visto in precedenza, prima di addentarsi nei dettagli tecnici è preferibile fissare alcuni principi di carattere generale che diventano fondamentali per non incorrere poi in grossolani errori.
Premesso che non esistono regole certe o semplici algoritmi da applicare per fissare il corrispettivo, va sottolineato che per essere efficace il patto deve rappresentare un effettivo deterrente, deterrente che si costruisce non solo con la penale, ma anche con il “lucro cessante” e cioè la perdita conseguente alla mancata erogazione del corrispettivo per effetto della violazione del patto, a cui peraltro è legato anche l’ammontare della penale.
Quindi non si può essere micragnosi nel fissare il corrispettivo, perché cosi facendo si rende poco efficace la clausola.
Quanto al momento del pagamento questo può avvenire sia durante che dopo la cessazione del rapporto. Entrambe le soluzioni sono valide, ma hanno un effetto psicologico diverso, con il secondo che acquista un valore deterrente maggiore, anche se in realtà gli effetti sono uguali in quanto se il dipendente viola il patto, deve poi restituire quanto percepito in corso di rapporto. E’ però Importante ricordarsi che in caso di pagamento durante il rapporto si rischia di pagare troppo (se il rapporto è molto lungo) o troppo poco, se, viceversa, il rapporto cessa immediatamente, tanto che è preferibile aggiungere, per tutelarsi in questo ultimo caso, una clausola che garantisca un importo minimo.
Quanto agli aspetti fiscali connessi al momento del pagamento le regole sono le seguenti: se il corrispettivo è erogato durante rapporto di lavoro è soggetto a tassazione ordinaria e a contribuzione, mentre se è erogato dopo la cessazione del rapporto, ma era stato previsto da accordi stipulati prima della stessa, come di solito avviene, si paga sempre la contribuzione. ma la somma è soggetta a tassazione separata. E ciò sia che il pagamento avvenga ratealmente o in una soluzione contestualmente al recesso. Diverso il caso in cui l’accordo è raggiunto dopo la cessazione del rapporto, e quindi anche il compenso è erogato successivamente. In questo caso infatti si procederà con la tassazione separata, ma senza che sia soggetto a contribuzione. Come si vede quindi le due soluzioni più comuni non comportano differenze sostanziali né per l’azienda né per il dipendente sotto un profilo fiscale e contributivo.
Vale la pena ricordare infine che se si prevede un pagamento alla fine del rapporto è bene commisurarlo in misura percentuale alla ultima retribuzione e non in cifra fissa per evitare che nel corso del tempo si svaluti in moda tale da renderlo inefficace e che nella retribuzione di riferimento si deve tenere conto anche delle provvigioni o di eventuali bonus aventi carattere obbligatorio e continuativo.