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TikTok: anche l’Italia valuta una possibile messa al bando dell’app cinese dai dispositivi dei dipendenti statali

Nei giorni scorsi la Commissione europea ha richiesto ai suoi dipendenti di rimuovere l’applicazione TikTok dai propri smartphone aziendali e...

Nei giorni scorsi la Commissione europea ha richiesto ai suoi dipendenti di rimuovere l’applicazione TikTok dai propri smartphone aziendali e personali entro il 15 marzo.

La decisione, dettata da preoccupazioni connesse alla cyber security, segue le misure già adottate negli Stati Uniti, in cui a dicembre una legge del Senato ha vietato l’utilizzo dell’app ai dipendenti statali e federali, e in India, in cui il social network è bandito da due anni.

L’applicazione, di proprietà della società cinese ByteDance, minaccerebbe infatti la sicurezza informatica dei dispositivi su cui è installata, accedendo ai dati personali degli utenti e indirizzandoli alla casa madre in Cina.

Solo a dicembre la società cinese aveva ammesso un indebito utilizzo da parte di alcuni suoi dipendenti dei dati raccolti dall’applicazione per geolocalizzare due giornalisti statunitensi.

Le principali preoccupazioni delle istituzioni europee riguardano tuttavia le presunte ingerenze del Governo cinese e il suo accesso ai dati raccolti dal social network, che potrebbero essere utilizzati come strumenti di sorveglianza e di spionaggio.

Dopo le prime indiscrezioni dei media, la conferma ufficiale della decisione della Commissione è arrivata dal Commissario europeo al Mercato interno, Thierry Breton, che ha dichiarato: “La Commissione europea è una istituzione che, come altre, ha un grande focus sulla cybersicurezza e sulla protezione dell’insieme dei nostri colleghi e di quanti lavorano nella Commissione europea. Per questo prendiamo a volte delle decisioni per far sì che nel contesto attuale, dove vediamo molte attività nella cybersicurezza, possiamo garantire la sicurezza. Ecco il motivo di questa decisione”.

Nel pomeriggio di giovedì scorso anche il Consiglio dell’UE ha aderito all’iniziativa della Commissione, vietando ai dipendenti l’utilizzo del social network.

Ancora non definita invece la posizione del Parlamento europeo, che tramite un portavoce ha reso noto di stare “valutando tutte le possibili violazioni dei dati relative all’applicazione”.

Anche in Italia sono in corso valutazioni. Lo ha reso il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, che ha dichiarato: “Da qualche giorno siamo al lavoro sul tema”, mentre dal Ministero fanno sapere che da gennaio anche il Copasir starebbe lavorando al dossier.

Nel frattempo non si è fatta attendere la reazione di TikTok, il cui responsabile delle relazioni istituzionali per il Sud Europa, Giacomo Lev Mannheimer, a seguito della comunicazione del Ministro ha dichiarato: “Tutti i dati degli utenti italiani, così come quelli europei, non sono conservati in Cina ma negli Stati Uniti e Singapore e presto all’interno dell’Unione Europea nel data center irlandese. Così come dichiarato pubblicamente più volte, il governo cinese non ha mai chiesto l’accesso ai dati dei nostri utenti e, laddove dovesse, non li condivideremmo. La nostra strategia di data governance, in conformità al GDPR, si basa su un approccio volto a limitare il più possibile l’accesso ai dati, riducendone al minimo il flusso al di fuori dell’Europa nel rispetto di rigidi protocolli di sicurezza”.

Anche il CEO di ByteDance, Shou Zi Chew, che a gennaio si era recato a Bruxelles per incontrare diversi Commissari europei, all’indomani della decisione di Commissione e Consiglio ha dichiarato: “Siamo delusi da questa decisione, che riteniamo sbagliata e basata su pregiudizi. Abbiamo contattato la Commissione per mettere le cose in chiaro e spiegare come proteggiamo i dati dei 125 milioni di persone che sono su TikTok ogni mese in tutta l’Unione europea. Stiamo continuando a migliorare il nostro approccio alla sicurezza dei dati, anche attraverso la creazione di tre data center in Europa per conservare i dati degli utenti a livello locale, riducendo ulteriormente l’accesso ai dati da parte dei dipendenti e minimizzando il flusso di dati al di fuori dell’Europa”.