Ieri 13 Aprile la Cisl ha lanciato una App per dispositivi Android il cui scopo è quello di fornire ai lavoratori uno strumento per registrare la loro attività lavorativa (http://bit.ly/2obTfMy). Non casuale il nome dell’applicazione: Strajob, a significare l’intenzione di fornire ai lavoratori uno mezzo che consenta loro di ottenere il corretto pagamento della retribuzione ed in particolare dello straordinario. Scaricata e provata, l’App non dimostra di avere un gran che di straordinario, si può dire che non sia molto di più di un normale blocco degli appunti su cui registrare la propria attività lavorativa.
Sono però evidenti le potenzialità dello strumento, probabilmente ancora in fase di sperimentazione come chiarito nello stesso sito, e perciò la notizia non può essere trattata come una semplice curiosità, poiché quantomeno segnala un rilevante cambiamento culturale.
Le Organizzazioni Sindacali, che fino ad ora avevano dipinto le nuove tecnologie come il lupo cattivo, si pensi alla battaglia contro la riforma dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori in occasione del Jobs Act, fanno ora di quegli strumenti un’arma a disposizione dei lavoratori contro l’imprenditore. Notevoli le potenzialità che si intravedono nel momento in cui l’applicazione diventerà più evoluta: dalla facilità che il lavoratore potrebbe avere nel registrare in automatico il proprio tempo e luogo di lavoro, giorno per giorno ed ora per ora, consentendogli di fornire facilmente la prova del lavoro straordinario, o delle trasferte, o le ore passate da un cliente; o anche, solo se il GPS diventerà più evoluto, la tracciatura dei movimenti all’interno del luogo di lavoro a prova della diligenza nell’esecuzione della prestazione; o l’archiviazione delle foto, debitamente taggate e linkate al luogo, che comprovano eventuali mobbing o altri comportamenti vessatori; la registrazione di conversazioni, o l’archiviazione delle email importanti, il tutto confezionato e pronto per essere sciorinato di fronte ad un giudice. E questi potrebbero essere i primi passi di ulteriori sviluppi che non possiamo escludere siano all’orizzonte, nel momento in cui anche i sindacati entrano a pieno titolo nel 21° secolo.
Dal punto di vista delle aziende questa novità rappresenta una sfida, come succede per tutte le innovazioni tecnologiche che inevitabilmente impongono di aggiornare il proprio modo di operare e l’organizzazione aziendale. La prima questione che viene in evidenza è quella della possibilità per l’azienda di vietare l’utilizzo di un’applicazione di questo tipo sui device aziendali, o se viceversa tale decisione possa costituire comportamento antisindacale. Il problema naturalmente non si pone se sugli strumenti aziendali è vietata l’installazione di qualsiasi applicativo che non sia di proprietà o di provenienza dell’azienda stessa (come sarebbe consigliabile imporre), ma quando invece un dispositivo può essere utilizzato a fini personali, anche installando applicativi personali, la situazione può cambiare radicalmente.
E che ne è dei dati registrati quando il telefono ritorna all’azienda? Li potrà usare contro il lavoratore?
Peraltro se l’azienda non si è adeguata alla normativa dell’art. 4 SdL e non si è dotata di policy per l’utilizzo dei dati raccolti a distanza si potrebbe arrivare al punto che il lavoratore usi gli strumenti di lavoro per difendersi o portare l’azienda davanti al giudice, mentre l’azienda non li può utilizzare a fini disciplinari.
Si ripropone quindi con forza la necessità di avere in essere policy aziendali che regolamentino l’uso degli strumenti informatici forniti dall’azienda per svolgere la prestazione lavorativa, policy che però siano costruite ad hoc per le proprie esigenze, e pensate in modo consapevole tenendo conto di tutte le varie problematiche che possono derivare da strumenti così potenti, che potrebbero rivelarsi anche armi a doppio taglio.