La delega al Governo “in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio” contenuta nella L. n. 67/2014 è stata attuata dai D.lgs. nn. 7 e 8 del 15 gennaio 2016.
Il D.lgs. n. 8, in particolare, relativo alla depenalizzazione dei reati puniti con la sola pena pecuniaria ed alla loro trasformazione in illeciti amministrativi, è intervenuto significativamente in materia di lavoro e di legislazione sociale (e il Ministero del Lavoro ha ritenuto opportuno intervenire sul punto fornendo indicazioni operative al personale ispettivo con la Circolare n. 6/2016 del 5.2.2016).
Nella specie, all’art. 1, co.1, ha previsto la depenalizzazione e la trasformazione in illecito amministrativo (pagamento di una somma di denaro) di determinati illeciti penali per i quali era prevista la sola pena della multa o dell’ammenda (la disposizione si applica anche ai reati che nelle ipotesi aggravate sono puniti con la pena detentiva sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria: in tale caso le ipotesi aggravate sono da ritenersi fattispecie autonome di reato).
Da tale intervento sono stati, però, espressamente esclusi – conservando la natura penale e continuando ad essere perseguiti secondo la previgente disciplina – alcuni reati in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro previsti dal D.lgs. n. 81/2008 e dalle L. nn. 257/1992 e 1045/1939.
Per determinare l’ammontare della sanzione amministrativa pecuniaria relativa all’illecito amministrativo depenalizzato (si ricorda che non potrà essere applicata detta sanzione per un importo superiore al massimo della pena originariamente inflitta per il reato e si dovrà procedere alla quantificazione della stessa assumendo come importo base la pena edittale stabilita in misura fissa per l’originario reato e su tale importo si dovrà applicare la riduzione di cui all’art. 16, L. n. 689/1981), sono state previste 3 fasce: a) da € 5.000 a € 10.000 per i reati puniti con multa o ammenda non superiore nel massimo a € 5.000; b) da € 5.000 a € 30.000 per i reati puniti con multa o ammenda non superiore nel massimo a € 20.000; c) da € 10.000 a € 50.000 per i reati puniti con multa o ammenda superiore nel massimo a € 20.000.
Premesso quanto sopra, si richiamano, qui di seguito, seppur sinteticamente, i principali illeciti depenalizzati previsti in materia di lavoro e legislazione sociale.
A. Omesse ritenute previdenziali e assistenziali da parte dei datori di lavoro a titolo di sostituti d’imposta: l’art. 3, co. 6, ha sostituito l’art. 2, co. 1-bis, del D.L. n. 463/1983 conv. con L. n. 638/1983 stabilendo che se l’importo dell’omesso versamento delle ritenute è superiore a € 10.000 annui continua ad applicarsi la fattispecie penale, mentre se non lo è si applica la sanzione da € 10.000 a € 50.000. L’autorità competente ad irrogare tale sanzione amministrativa è la sede territoriale INPS in qualità di autorità destinataria del rapporto perché titolare del potere di adottare la relativa ordinanza-ingiunzione (cfr. Circ. Min. Lav. cit. e Mess. INPS n. 590 del 10.02.2016). Sul punto si ricorda che: “Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione”.
B. Omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali da parte del committente nei confronti dei collaboratori autonomi: nel caso non siano versate le ritenute sui compensi dei lavoratori a progetto e dei collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla gestione separata INPS (art. 39, L. n. 183/2010) per un importo non superiore a € 10.000 annui, viene prevista la sanzione da € 10.000 a € 50.000.
C. Somministrazione di lavoro abusiva: i reati relativi all’esercizio non autorizzato dell’attività di somministrazione del lavoro (co. 1 e 2 dell’art. 18 del D.lgs. n. 276/2003) sono stati depenalizzati ed è stata prevista la sanzione di € 50 per ogni giornata e per ogni lavoratore occupato nei confronti sia del somministratore che dell’utilizzatore, non potendo in ogni caso la sanzione essere mai più bassa di € 5.000 e più alta di € 50.000.
D. Discriminazioni di genere: significativa la modifica dell’apparato sanzionatorio del D.lgs. n. 198/2006 (artt. 27, co. 1, 2 lett. a) e b) e co. 3; 28, co. 1 e 2; 29; 30 co. 1, 3 e 4) essendo prevista, nei casi di violazione dei divieti di discriminazione di cui al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, una sanzione da € 5.000 a € 10.000.
E. Appalto e distacco illeciti: è stata modificata la sanzione relativa all’art. 29, co. 1 e 30, co. 1, contenuta all’art. 18, co. 5-bis, del D.lgs. n. 276/2003. In caso di assenza dei requisiti essenziali del contratto di appalto si introduce una sanzione di € 50 per ciascuna giornata e per ciascun lavoratore occupato da comminarsi sia all’appaltatore che al committente. In caso di distacco privo dei requisiti essenziali, la sanzione prevista è di € 50 per ogni giornata di lavoro e per ogni lavoratore da comminarsi sia nei confronti del distaccante che del distaccatario. In entrambe le ipotesi la sanzione minima non potrà mai essere inferiore a € 5.000 e superiore a € 50.000.
F. Dichiarazioni false o atti fraudolenti volti ad ottenere prestazioni previdenziali: nel caso di dichiarazioni false rese allo scopo di ottenere prestazioni previdenziali viene comminata la sanzione da € 5.000 a € 10.000; nel caso di dichiarazione false rese per ottenere prestazioni economiche per malattia e maternità non spettanti oppure spettanti in misura minore o per periodi più lunghi, viene comminata la sanzione da € 103 a € 516 per ogni soggetto cui la violazione fa riferimento.
Con riferimento al c.d. regime intermedio, sono stati disciplinati i casi che si collocano temporalmente tra la vecchia e la nuova disciplina, prevedendo un coordinamento tra l’Autorità giudiziaria e quella amministrativa.
Per le condotte illecite iniziate e cessate prima del 6.2.2016, l’art 8, co. 1, prevede la retroattività della depenalizzazione, sempre che non si sia arrivati ad un provvedimento penale irrevocabile (il co. 3 prevede, inoltre, l’applicabilità del principio del favor rei: ai fatti commessi prima della data di entrata in vigore del decreto non può essere applicata una sanzione amministrativa pecuniaria per un importo superiore al massimo della pena originariamente inflitta per il reato, tenuto conto del criterio di ragguaglio di cui all’art. 135 c.p.; a tali situazioni non si applicano le sanzioni amministrative accessorie introdotte dal decreto, salvo che le stesse sostituiscano corrispondenti pene accessorie).
L’art. 9, co. 1, stabilisce, poi, che l’autorità giudiziaria, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, disponga la trasmissione degli atti dei procedimenti penali pendenti relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi all’autorità amministrativa competente, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data. Una volta ricevuti gli atti, l’autorità amministrativa avrà 90 giorni di tempo per notificare il verbale unico di contestazione.