Quanto incide la situazione lavorativa sulla scelta degli italiani di fare figli o meno? Che cosa dovrebbero fare le aziende per aiutare la creazione e la gestione delle famiglie dei lavoratori? E di quali strumenti, messi a disposizione delle aziende dal nuovo welfare aziendale, i lavoratori preferirebbero disporre per poter conciliare meglio le esigenze di vita e di lavoro in presenza di figli? Questi sono alcuni dei temi al centro della ricerca promossa da Lexellent, studio legale di diritto del lavoro, e condotta da IPSOS su un campione di mille persone, fra lavoratori e lavoratrici italiane delle piccole e medie imprese.
Situazione lavorativa
Alla domanda «Quanto ha inciso la vostra situazione lavorativa sulla decisione di non avere figli» ben il 63% degli interpellati senza figli ha risposto che è stata rilevante: determinante per il 30% dei rispondenti, importante per il 33%.
Venendo ai servizi e alle facilitazioni che le aziende possono dare ai lavoratori per facilitare la conciliazione fra vita e lavoro – rese più convenienti dalla legge sul welfare privato che ha accompagnato la riforma del lavoro (Jobs Act) – si scopre che le PMI, per ora, non hanno ancora aderito ai nuovi modelli di welfare aziendale e, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno percepito quanto importanti questi benefit possano essere per i lavoratori e il miglioramento del clima aziendale.
La detanalità
«Ci sono due fattori molto importanti che emergono da questi numeri», sostiene Giulietta Bergamaschi, avvocato del lavoro, partner di Lexellent, «il primo è che, anche se tutti pensiamo di sapere che quello del lavoro è un tema importante rispetto alla decisione se fare figli o meno, nessuno si è soffermato a indagare quanto effettivamente sia cruciale. Si parla della denatalità dell’Italia come di un fattore ineluttabile o culturale, non si capisce che è anche e soprattutto un dato socioeconomico. Dalla ricerca che abbiamo commissionato a IPSOS risulta che la metà dei rispondenti, sia genitori sia non genitori sostengono che le politiche aziendali di conciliazione favoriscono un’efficace gestione della genitorialità e rappresenterebbero un incentivo reale ad avere figli. È un dato che dovrebbe far riflettere». «Il secondo fattore cruciale», prosegue Bergamaschi, «è che le grandi multinazionali hanno capito da tempo che una politica di inclusione che faciliti la conciliazione fra vita e lavoro dei dipendenti è l’unico sistema per attirare e trattenere i migliori talenti e per avere in azienda un clima positivo che favorisca un aumento di produttività e riescono a metterla in pratica. Le PMI, invece, pur avendolo capito, faticano a mettere in campo le politiche di inclusione, tranne in alcuni esempi virtuosi».
Che fare?
Una legge avanzata come quella sul welfare aziendale, spiega il legale Bergamaschi «consentirebbe infatti a tutte le società con dipendenti di migliorare le relazioni interne con sforzi relativamente contenuti. Ma per adesso non sta succedendo.
Sono convinta che le aziende che per prime capiranno le opportunità della legge e sapranno interpretarle in maniera corretta avranno nei prossimi anni un considerevole aumento di risultati rispetto a quelle che non sapranno andare in questa direzione»