Approfondimenti

Diversity Management: oneri, opportunità e strumenti per le organizzazioni aziendali.

Vi raccontiamo come è andato il convegno di ESTE Edizioni dedicato al tema dell'inclusione e della gestione della diversità nelle aziende. Martedì...

Vi raccontiamo come è andato il convegno di ESTE Edizioni dedicato al tema dell’inclusione e della gestione della diversità nelle aziende.

Martedì 15 novembre si è tenuto il convegno interdisciplinare Diversity Management, organizzato dalla casa editrice ESTE e dedicato al tema dell’inclusione e della gestione delle diversità all’interno delle organizzazioni aziendali private e pubbliche. L’agenda è stata ricca di opportunità di approfondimento e di riflessioni. Di seguito vi riportiamo i principali punti trattati durante la giornata dagli oratori, che hanno analizzato, da un punto di vista teorico e applicativo, il tema delle differenze di genere, di cultura, di orientamento sessuale e di età.

Il quadro teorico
Un inquadramento teorico del contesto e della situazione entro cui possono prendere l’avvio le pratiche aziendali di inclusione organizzativa, delle tendenze e tensioni nei nuovi scenari demografici e sociali e degli effetti e degli ostacoli delle pratiche della diversità all’interno delle organizzazioni sono stati discussi da Chiara Saraceno, Honorary Fellow del Collegio Carlo Alberto dell’Università di Torino, e da Camilla Gaiaschi, collaboratrice del nostro Laboratorio e ricercatrice del Centro GENDERS dell’Università degli Studi di Milano.
Dalla riflessione sui cambiamenti sociali italiani – l’entrata massiccia della donne nel mercato del lavoro, il progressivo invecchiamento della popolazione, l’avvento di nuovi modelli familiari e l’internazionalizzazione della forza lavoro – è risultato chiaro quanto occorrano progetti volti a promuovere servizi all’infanzia a tempo pieno e interventi per la non autosufficienza, per promuovere l’aumento dell’occupazione femminile, e una migliore organizzazione degli spazi e un maggiore ricorso agli strumenti tecnologici, per favorire una più agevole partecipazione al mondo del lavoro da parte delle persone con disabilità.
Sono stati posti in luce anche aspetti interessanti, risultati dalla revisione della letteratura (Moss Kanter, 1977; Valiant, 1998) e dagli esperimenti di psicologia comportamentale, che hanno mostrato la presenza di distorsioni nella valutazione (bias) e framework cognitivi, anche inconsci, sui generi che portano a valutazioni deformate delle competenze e delle performance. I risultati valutati fin ora non sono dirimenti: l’analisi delle politiche di pari opportunità e gestione delle diversità – che possono perseguire obiettivi di giustizia sociale o business driven e vengono disegnate secondo i tre fattori money, services e time ha evidenziato aumento della lealtà dei lavoratori (Williams et al., 2000) e riduzione del conflitto sul luogo di lavoro (Crompton, 2006), ma anche impatti negativi sull’avanzamento nelle carriere (Houston e Waumsley, 2003) e sul benessere fisico (Lyness, 2012).
L’aspetto normativo
Il punto di vista giuslavoristico è stato invece sviscerato da Giulietta Bergamaschi, partner e socio fondatore dello Studio Legale Lexellent.
Come avvio della discussione sono state presentate le direttive europee del 2000 – implementate in Italia a partire dal 2003, con i decreti legislativi 215 e 216 sulla parità di trattamento di razze, religioni, handicap e orientamento sessuale – e gli obiettivi della Commissione europea di promozione dell’uguaglianza di genere dal punto di vista dell’indipendenza economica, della retribuzione a parità di lavoro svolto e della partecipazione alle decisioni – obiettivi perseguiti tra il 2010 e 2015 e poi riconfermati per il quinquennio successivo -. Per capire a che punto siamo in Italia, dopo l’introduzione della parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati (legge 120/2011) è stata utilizzata l’indagine della Commissione europea nel periodo tra il 1° e il 30 aprile 2016 – di cui riportiamo di seguito qualche valore della effettiva presenza femminile italiana ai vertici aziendali, esemplificativo dello scarto con la media europea.
 
Figura 1 – Presenza fenniminile ai vertici aziendali (% donne)

Presidente CdA Membri CdA          CEO Dirigenti
EU28 7% 23% 3% 15%
Italia 11% 30% 0% 9%

Fonte: nostra elaborazione su dati Commissione UE presentati durante il convegno
Per quanto riguarda poi il tema LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans), è stata analizzata la legge 76/2016 ed è stato portato l’esempio del CCNL Federculture, che rinnovato il 12 maggio 2016, prima dell’approvazione della legge, già era stato integrato con ‘unione civile’ e ‘ogni parte dell’unione civile’ ove viene fatto riferimento a ‘matrimonio’ e ‘coniuge’.
Specificatamente sulla tematica della disabilità – argomento regolato in Lombardia dalla legge regionale 13/2003, le cui previsioni hanno consentito di avviare all’attività lavorativa 3795 individui nel 2014 –Simone Scerri, psicologo sociale e collaboratore del Centro Studi e Ricerche di Psicologia della comunicazione dell’Università Cattolica di Milano, ha infine presentato gli obblighi di legge e le opportunità (una esposizione esaustiva è disponibile qui).

L’approccio aziendale e gli strumenti per le imprese

L’analisi del contesto di riferimento socio culturale e della normazione sul tema ha dunque ben mostrato le possibilità e le sfide che si aprono per le imprese e difatti gran parte della giornata di lavori è stata dedicata alla presentazione delle esperienze operative e sul campo.
Alcuni progetti aziendali sono stati riportati da Sonia Anelli, Trade Marketing and Omnichannel Senior Manager di SBD, Procter & Gamble, Serena Apicella, Hr Director di Peroni, Camilla Buttà, Business Development Manager di Vector, Doriana De Benedectis – Hr Diversity Engagement Partner di IBM Italy, Marina Fantini, Senior Marketing Manager Italy & Iberia di Linkedin Talent Solutions, Patrizia Mezzadra, HR Management and Development Specialist presso Deutsche Bank.
Il punto di vista sindacale e statale è stato poi rappresentato da Luis Lageder, presidente di Anolf Lombardia di Cisl – che offre, tra l’altro, un completo servizio di assistenza legale ed amministrativa ai migranti – e da Carolina Pellegrini, Consigliera di Parità di Regione Lombardia.
Gli strumenti offerti dalle agenzie di consulenza, e cui le imprese possono utilmente giovarsi, sono stati invece illustrati da Roberto Degli Esposti, Managing Partner di Performant by Scoa, Rosanna Gallo, Amministratrice Unica di Eu-tròpia, Rita Muci, Owner and Partner di Before, Luisa Pogliana, Presidente dell’Associazione Donnesenzaguscio, Igor Suran, Executive Director di Parks, liberi e uguali e Riccarda Zezza, Ceo di Maam.
Qualche caso paradigmatico
Visto l’elevato numero di contributi presentati – tutti di rilievo e forieri di spunti – ne abbiamo selezionati alcuni rappresentativi per darvi un’idea di quali siano le buone pratiche esportabili in altri contesti.
Il caso IBM, presenta un buon esempio di attenzione al tema delle differenze – al 1914 risale l’assunzione delle prima persona disabile e al 1953 la pima policy scritta sulle pari opportunità -. Qui è interessante soprattutto il progetto NERD Non E’ Roba per Donne – volto ad incrementare il numero di laureate in materie scientifiche e tecniche (l’area STEM Science, Technology, Engineering and Mathematics) e rimuovere così uno stereotipo – che prevede la presentazione nelle scuole degli strumenti per generare un’app e la creazione di un contest il cui premio consiste nell’accesso per tre giorni in azienda per avere un’idea delle opportunità di lavoro in ambito informatico. Un lavoro sui pregiudizi femminili di questo tipo è stato svolto da Linkedin Talent Solutions che, dopo un’azione di due anni sul proprio organico, ha portato l’incidenza femminile nel personale dal 39 per cento al 42 per cento, in ambito STEM dal 17 per cento al 20 per cento e con funzioni leader dal 25 per cento al 35 per cento. Come le tecnologie possano proficuamente essere utilizzate per promuovere l’integrazione tra i dipendenti e una cultura aziendale inclusiva è ben dimostrato dall’esperienza di Deutsche Bank, dove tramite intranet aziendali e gruppi facebook, viene assicurato un calendario di iniziative, promosse e svolte anche dai dipendenti stessi, come coffee connect (con incontri coi top manager durante la pausa caffè di gruppi di dipendenti per promuoverne la visibilità e l’avanzamento), book lunch (dove autori o colleghi presentano libri sui temi delle diversità), tavoli in lingua straniera, corsi di lingua dei segni o di pratiche di prevenzione della salute.
Questi progetti restituiscono una visione degli interventi di inclusione delle diversità ‘riservati a pubblici alti e situazioni di nicchia’, come evidenziato dalla consigliera di parità Carolina Pellegriniche ha accesso ad un osservatorio diffuso sulle piccole realtà aziendali, dove risulta contenuta la consapevolezza delle aziende sul tema, soprattutto per quanto riguarda l’argomento LGTB, che è una differenza invisibile e dunque sommersa. A questa triste situazione, confermata dai dati dell’ultimo Rapporto biennale di Regione Lombardia, sono emersi tuttavia degli elementi di soluzione.
Un’interessante alternativa ai progetti sequenziali e dedicati si è dimostrata infatti la proposta di un programma integrato di gestione delle differenze – che affronta tutti gli aspetti della diversità contemporaneamente e promuove così una sinergia tra i progetti – proposto da Before.
Per promuove specificatamente la sensibilizzazione alle strategie e pratiche rispettose delle diversità di orientamento sessuale e identità di genere, l’associazione senza scopo di lucro Parks Liberi e Uguali ha invece realizzato l’LGBT Index – uno strumento per misurare lo sviluppo di iniziative inclusive -.
Vi sono poi in effetti anche casi di PMI, come Vector, dove non vi sono assunzioni obbligatorie ma la presenza di persone con disabilità è la conseguenza delle capacità dimostrate; dove è stata anticipata la legge Cirinnà e i congedi matrimoniali, i permessi retribuiti ai coniugi e i congedi per figli sono assicurati anche ai conviventi di fatto e ai figli non biologici; dove sono organizzati sessioni di sensibilizzazione con associazioni come l’Agedo (Associazione di Genitore, parenti e amici di persone LGBT) e laboratori – come l’aperitivo in sedia a rotelle per far sperimentare ai normodotati le concrete difficoltà nella vita quotidiana -.

Alcune conclusioni

Questo convegno è stato dunque un utile momento di promozione della consapevolezza del tema della diversità e di capitalizzazione delle esperienze. I relatori hanno fatto ben emergere che occorrono delle politiche di intervento e che le politiche non sono neutre – ma dipendono dai target e dalla cultura organizzativa che le implementa – e che per funzionare devono essere precedute da una analisi dei fabbisogni, opportunamente comunicate e compatibili con la cultura dell’organizzazione consente di orientare gli interventi operativi in modo più efficace.
Progetti, come quelli organizzati da ESTE, di informazione sulle previsioni normative e di presentazione di dati che ne dimostrano l’efficacia a promuovere e realizzare l’inclusione, contribuiscono a generare un cambiamento culturale che assicuri un ruolo ed una pari dignità sociale indipendentemente da specifiche caratteristiche individuali. Soprattutto diffondere le buone pratiche aziendali e le percezioni degli attori concretamente coinvolti – imprese, sindacati e consulenti che hanno un punto di vista privilegiato sui comportamenti di manager e dipendenti – permette di confermare come un cambiamento culturale su temi che in Italia hanno ancora poca visibilità sia in effetti possibile.
Riferimenti
La pagina del convegno sul sito di ESTE