Tra le varie problematiche connesse con la transnazionalità dei lavoratori e con l’impiego dei medesimi all’estero (o dall’estero) vi è...
Tra le varie problematiche connesse con la transnazionalità dei lavoratori e con l’impiego dei medesimi all’estero (o dall’estero) vi è quella relativa al regime fiscale dei redditi da lavoro dipendente prodotti fuori dal nostro Paese.
Questo perché le Società sono sempre più spesso chiamate a garantire ai propri dipendenti l’assistenza necessaria per fronteggiare le difficili situazioni che si vengono a creare quando la residenza fiscale non coincide con il Paese in cui il reddito viene prodotto.
Poche e semplici regole potranno aiutare le Società a comprendere i profili di maggior rilievo relativi alla fiscalità dei redditi da lavoro dipendente.
E’ utile definire, innanzitutto, il concetto di “residenza fiscale”, ai sensi della normativa vigente. Nel nostro Paese, è considerata “residente” la persona che per la maggior parte del periodo di imposta (periodo superiore a 183 giorni nell’arco dei 12 mesi) è iscritta nell’anagrafe della popolazione residente o ha nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (art. 2, co. 2, TUIR).
Pertanto, ai fini della tassazione, a fronte di redditi da lavoro dipendente prodotti all’estero, occorrerà preliminarmente stabilire se il lavoratore risulti o meno residente fiscalmente in Italia.
Come regola generale, per i soggetti residenti nel territorio dello Stato l’imposta si applica sul reddito complessivo formato da tutti i redditi posseduti e ovunque prodotti al netto degli oneri deducibili, mentre per i non residenti l’imposta si applica solo sul reddito complessivo formato da redditi prodotti nel territorio nazionale.
Una volta stabilita la residenza fiscale, e appurato che l’intero o una parte del reddito è prodotto all’estero, sarà necessario capire se vi sono o meno convenzioni contro le c.d. “doppie imposizioni”.
Per i redditi da lavoro dipendente prodotti (i) in un Paese Extra-Ue con il quale non esiste alcun tipo di convenzione contro le doppie imposizioni, o (ii) in un Paese con il quale esiste una convenzione secondo cui tali redditi devono essere assoggettati a tassazione sia in Italia che all’estero, il contribuente avrà diritto ad un credito per le imposte pagate nel Paese estero a titolo definitivo.
Nel caso in cui, invece, esista una convenzione contro le doppie imposizioni in base alla quale tali redditi devono essere assoggettati a tassazione esclusivamente in Italia, il lavoratore dipendente avrà diritto ad ottenere il rimborso per le imposte eventualmente pagate nello Stato estero, inoltrando richiesta all’autorità estera competente.
I datori di lavoro, seppur non direttamente coinvolti, dovranno vigilare sul corretto adempimento fiscale dei propri dipendenti, così da prevenire l’insorgere di problematiche aventi possibili ripercussioni interne.
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