La nuova Legge di Bilancio non ha prorogato per il 2024 il contratto di espansione, introdotto nel 2019 dal Decreto Crescita in sostituzione del contratto di solidarietà.
Il contratto di espansione consentiva ai dipendenti non solo di andare in pensione in anticipo (cinque anni prima della data prevista), ma offriva anche un programma di formazione e riqualificazione per i lavoratori rimanenti, consentendo alle aziende di gestire in modo più efficiente la cosiddetta “sfida delle competenze”.
Secondo Giulietta Bergamaschi, sentita sul tema, «il meccanismo di esodo aziendale comportava, oltre alla risoluzione del rapporto di lavoro, il pagamento da parte del datore di lavoro di un’indennità mensile pari al trattamento pensionistico lordo, determinato dall’INPS, maturato dal lavoratore dal momento della cessazione del rapporto di lavoro e sino al raggiungimento del diritto alla pensione, al netto del valore teorico della NASpI, a carico dello Stato». In questo modo, parte dei costi sostenuti dal datore di lavoro venivano compensati dallo Stato attraverso l’utilizzo della NASpI, con conseguenti vantaggi economici per le imprese.
Questo strumento rappresentava quindi un’opportunità per le aziende non solo in termini di ricambio generazionale, pensionamento e formazione, ma anche dal punto di vista economico, grazie al contributo dell’INPS.
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